La Basilicata primeggia nelle spese di funzionamento, mentre la Liguria stacca tutti i concorrenti nelle spese per la sanità (anche a causa dell’età media più elevata). Le Regioni si presentano con questi numeri alla battaglia con il Governo Renzi accesa dalla prima bozza di legge di stabilità, che scarica sui Governatori una super-spending da quattro miliardi di euro.
La temperatura della polemica è subito schizzata fra i presidenti di Regione che considerano «insostenibili» le richieste e prevedono «aumenti di tasse» per parare il colpo, e il premier che ha ribattuto chiedendo di «non scherzare», chiedendosi se non ci siano «troppi primari e dirigenti» e se non sia possibile «risparmiare sugli acquisti o sui consigli regionali».
Queste ultime due voci citate dal premier sono solo degli esempi, e certo non basterebbero ad assorbire i tagli presentati dalla manovra, ma l’analisi dei dati mostra che senza dubbio qualcosa di può fare.
La Basilicata primeggia nelle spese di funzionamento, mentre la Liguria stacca tutti i concorrenti nelle spese per la sanità (anche a causa dell’età media più elevata). Le Regioni si presentano con questi numeri alla battaglia con il Governo Renzi accesa dalla prima bozza di legge di stabilità, che scarica sui Governatori una super-spending da quattro miliardi di euro. La temperatura della polemica è subito schizzata fra i presidenti di Regione che considerano «insostenibili» le richieste e prevedono «aumenti di tasse» per parare il colpo, e il premier che ha ribattuto chiedendo di «non scherzare», chiedendosi se non ci siano «troppi primari e dirigenti» e se non sia possibile «risparmiare sugli acquisti o sui consigli regionali».
Nei «consumi intermedi», la voce che anche le spending targate Bondi e Cottarelli hanno messo nel mirino e che comprendono gli acquisti di beni come la cancelleria e i computer, e di servizi come le varie utenze o le manutenzioni di immobili e autovetture, le Regioni hanno speso nel 2012 e 2013 una media di 6,1 miliardi all’anno (tutti i calcoli in questa pagina considerano la media degli ultimi due anni per sterilizzare eventuali picchi di uscite che si possono registrare in un periodo breve). Nelle tabelle qui a fianco, che alla voce «funzionamento» considerano le stesse voci elencate a suo tempo dall’allora commissario Enrico Bondi, si incontrano però differenze abissali. Il Lazio, che pure ha ora avviato una importante revisione della spesa, negli ultimi due anni ha accumulato in media 192 euro annui a cittadino sotto l’etichetta dei «consumi intermedi», contro i 74 della Lombardia, i 66 del Piemonte e i 28 dell’Emilia Romagna. Una voce importante nei consumi intermedi è data dai contratti di servizio per il trasporto, che a livello complessivo arrivano ad assorbire in media oltre tre miliardi di euro all’anno, con forti differenze tra Regione e Regione.
Un panorama simile si incontra nella colonna più complessiva, che abbraccia tutte le spese correnti, vale a dire le uscite per pagare personale, consumi ma anche i trasferimenti agli altri livelli di governo. Anche in questo caso a primeggiare sono Basilicata e Molise, mentre i numeri più leggeri si incontrano in Veneto ed Emilia Romagna. Più contenuta, ma ancora significativa, l’altra voce citata da Renzi, quella dei consigli regionali. Tra indennità, rimborsi e personale, gli «organi istituzionali» delle Regioni sono costati l’anno scorso 829,5 milioni di euro, con un aumento del 3,6% nonostante la maxi-cura imposta dal Governo Monti sull’onda delle tante “regionopoli” seguite al caso Fiorito. Qualche effetto in più sembra avvertirsi nei primi nove mesi del 2014, durante i quali le Regioni hanno dedicato alle loro «istituzioni» 512 milioni contro i 623 dello stesso periodo del 2013, ma le somme si tirano a fine anno, e le differenze su cui incidere non mancano. Fra 2012 e 2013, ogni molisano ha dedicato in media alla politica 45 euro all’anno, ai calabresi Giunta e consiglio sono costati 33 euro mentre in sei regioni non si è andati oltre i 10 euro a testa. Certo, nel calcolo pro capite Regioni come il Molise scontano il problema della dimensione, ma resta il fatto che amministrare poco più di 300mila persone come accade a Campobasso dovrebbe comportare un grado di responsabilità e impegno minore rispetto a quando i cittadini sono milioni, ma questa differenza non si riflette nei costi.
Quale che sia l’esito della trattativa fra Regioni e Governo, è a questi numeri che si dovrà guardare. Anche perché la libertà fiscale delle Regioni è praticamente confinata all’addizionale Irpef, che è già cresciuta in questi anni: gli altri “effetti collaterali” dei tagli rischiano invece di passare attraverso altri enti, come accade quando le Regioni tagliano i fondi al trasporto locale e in Comune si alza di conseguenza il prezzo di biglietti e abbonamenti.
di Gianni Trovati – Il Sole 24 Ore