I servizi ecosistemici, quindi acqua, boschi e aria, la qualità della vita che è evidentemente maggiore rispetto a quella possibile nelle città e il patrimonio edilizio attualmente in disuso a causa dello spopolamento. Sono questi i tre punti cardine, le tre “ricchezze” strategiche a disposizione dei piccoli Comuni delle aree interne dell’Appennino dai quali ripartire per una visione e una successiva strategia di rigenerazione «che è ancora possibile».
E’ quanto emerso nel corso della prima lezione del secondo ciclo annuale di incontri della Scuola dei piccoli Comuni, diretta dal professore Rossano Pazzagli dell’Unimol, che ha avuto luogo qualche giorno fa nella sede di Castiglione Messer Marino. “Abitare i paesi. Qualità della vita e nuovi abitanti”, questo il tema affrontato dal sociologo Marco Giovagnoli, docente all’Università di Camerino e alla stessa Unimol, insieme al sindaco di Ripe di San Ginesio (MC), Paolo Teodori e al vicesindaco di Castiglione, Felice Marco Nozzi.
«Lo spopolamento non è un processo ineluttabile, è possibile mettere in campo alcune strategie per rallentarlo. E per farlo basta partire da ciò che si ha, da quello che c’è già, per arrivare poi ad ottenere quello che non c’è più o non c’è mai stato» ha esordito il direttore della scuola, Rossano Pazzagli, che da tempo segue le sorti della “terra di mezzo” a cavallo tra Abruzzo e Molise, l’Alto Vastese e l’Alto Molise accomunati dallo stesso fenomeno di marginalizzazione e contrazione dei servizi essenziali. Ripartire, dunque, con una visione di lungo periodo, da quello che c’è, dalle potenzialità del territorio: la natura con i suoi servizi ecosistemici, la produzione di acqua in primis; il patrimonio edilizio e gli spazi vuoti «che possono essere facilmente riempiti» e l’indubbia qualità della vita che è migliore rispetto a quella cittadina o metropolitana.
E il sociologo Giovagnoli, scendendo nel dettaglio dei possibili processi di rigenerazione, ha sottolineato l’importanza delle micro-storie, quelle che sul territorio fanno la differenza. Micro-storie che possono partire dall’imprenditoria privata, come dall’impegno degli enti locali. Calzante, ad esempio, il caso di Castel del Giudice, in Alto Molise, dove la compartecipazione pubblico privata sta portando buoni frutti in termini di rigenerazione e di contrasto allo spopolamento. Caustico, il sociologo Giovagnoli, nell’analisi della cosiddetta questione demografica. A suo dire, infatti, lo spopolamento delle aree interne è «una conseguenza di precise scelte politiche» operate dalle istituzioni a più livelli.
«C’è stata una deliberata scelta di marginalizzare alcune aree, quelle interne, a vantaggio di altre, quelle costiere e urbane. – ha sottolineato Giovagnoli – Scelte scellerate che hanno subito la fascinazione delle teorie neo-liberiste, quelle che rispondono esclusivamente alla logica dei costi-benefici». «Il decisore pubblico ha tolto servizi essenziali, costituzionalmente garantiti, nelle aree interne, applicando metodiche neo liberiste da attore privato. Nessun imprenditore privato investe nelle cosiddette zone a fallimento di mercato. Il pubblico ha fatto lo stesso nelle aree interne, ma con i servizi essenziali. Bisogna uscire dalla logica dei numeri, dall’ossessione demografica secondo la quale per avere dei servizi e dei diritti bisogna essere in tanti. L’ossessione di ripopolare le aree intere va messa da parte, perché quei servizi devono essere assicurati a prescindere dal numero di residenti in un’area interna. Le logiche neoliberiste del mercato non sono applicabili ai diritti e ai servizi essenziali, per definizione».
E oltre ai basilari diritti di cittadinanza, Giovagnoli ne teorizza altri: quello alla mobilità, ritenuto «strategico», l’accesso alla rete web veloce, fino ad ipotizzare una sorta di «reddito minimo di sopravvivenza per chi apre una attività, un emporio, un piccolo negozio nelle aree interne, perché anche poter comprare il pane è un diritto basilare». In attesa che il decisore pubblico si accorga di aver commesso e perpetuato una ingiustizia nei confronti di chi vive nelle terre alte dell’entroterra, al diradamento dei servizi si può cominciare a rispondere con quello che il sociologo ha definito un «welfare territoriale di prossimità» mediante «forme comunitarie di produzioni di beni e servizi localmente». Sta parlando, Giovagnoli, delle cooperative di comunità, che riescono in concreto a produrre servizi e anche occupazione sul posto «uscendo dalla logica dei numeri».
E anche in questo settore è lampante il caso virtuoso di Castel del Giudice, dove la cooperativa di comunità che si occupa dell’assistenza agli anziani funziona ormai da decenni, creando non solo un servizio di prossimità, ma anche un interessante livello occupazionale. Qualcosa di molto simile a quello che ha già fatto e sta facendo il sindaco di Ripe di San Ginesio, in provincia di Macerata, Paolo Teodori. Anche quel Comune, come Castel del Giudice, ha vinto il “Bando Borghi” del Ministero, e sta rigenerando la comunità locale grazie al recupero del patrimonio immobiliare dismesso.
In quelle case chiuse da decenni e recuperate, anche grazie ai fondi per la ricostruzione post sisma, sono nate e continuano a nascere tante attività che rivitalizzano il paese e portano nuovi residenti: un micro birrificio, un ceramista, un albergo, diversi b&b, un ristorante, un centro culturale, una nuova scuola per l’infanzia. E una vecchia cava di materiali inerti è stata convertita in spazio culturale per ospitare il festival sulla sostenibilità denominato “Borgo Futuro“, in grado di ospitare grandi eventi.
Quindi il recupero degli spazi vuoti è alla base della visione di rigenerazione posta in essere dal sindaco di Ripe di San Ginesio, insieme ad un approccio sovra-comunale, perché il festival “Borgo Futuro” si sta allargando anche agli centri di zona, insieme ad un progetto di turismo lento che coinvolge tutte le municipalità che orbitano intorno all’anello del fiume Fiastra. Idee, visioni, strategie e buone pratiche che funzionano altrove e che possono divenire spunti per innescare la rigenerazione anche in Alto Molise o Alto Vastese.
Francesco Bottone