Il Molise muore lentamente, tra l’indifferenza di una classe dirigente che promette miracoli in campagna elettorale e poi dimentica sistematicamente le aree interne. Eppure, a 900 chilometri di distanza, un piccolo comune di 4.434 abitanti in Val Camonica dimostra che un’altra strada è possibile. Lo racconta oggi Anna Giorgi, professoressa di Botanica dell’Università Statale di Milano, sulle pagine del Corriere della Sera in un articolo firmato da Valentina Santarpia.

Mentre ad Agnone e nei comuni limitrofi si assiste allo smantellamento progressivo dei servizi essenziali – dall’ospedale ai trasporti pubblici, dalle scuole agli uffici postali – la risposta delle istituzioni è sempre la stessa: tagli, razionalizzazioni, accorpamenti. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: giovani che fuggono, anziani abbandonati, imprese che chiudono, borghi che si spopolano.
La narrazione dominante vuole che la montagna molisana sia “improduttiva”, un peso per le casse regionali. Una visione miope che ignora il potenziale di territori ricchi di storia, tradizioni, paesaggi e risorse naturali. Mentre si aumentano tasse e accise, si lasciano deteriorare strade e infrastrutture, si alimenta quel circolo vizioso che trasforma aree un tempo vitali in deserti demografici ed economici.
A Edolo, in provincia di Brescia, hanno scelto una strada diversa. Come spiega Anna Giorgi, 58 anni, infaticabile professoressa di Botanica e responsabile del polo UNIMONT della Statale di Milano, il progetto dell’Università della Montagna rappresenta ben altro rispetto all’immagine romantica che si potrebbe immaginare: “È un investimento su un’economia e su modelli di sviluppo diversi: il territorio diventa strumento di didattica ed esperienziale, e nello stesso tempo il luogo ideale dove mettere a frutto le competenze acquisite”.
Il polo universitario di Edolo si distingue nettamente da altre esperienze montane. “Quelle – sottolinea Giorgi nell’intervista a Valentina Santarpia – sono cittadine, hanno tutti i servizi, sono densamente abitate. Il 90% dei Comuni di montagna del nostro Paese invece ha meno di 5 mila residenti, soffre dello spopolamento, della perdita di competitività, dell’invecchiamento della popolazione”.
La diagnosi della docente è impietosa ma realistica: “In questi piccoli centri, come Edolo, c’è un declino costante, e gli approcci usati sono stati inefficaci: si cerca di compensare lo svantaggio col denaro, ma non funziona, perché ci vogliono idee ed energie per metterle a terra. E quindi noi investiamo in chi ama la montagna”.
I risultati del progetto, nato quasi 30 anni fa dalla collaborazione tra l’Università Statale di Milano e gli enti territoriali, parlano chiaro. Oggi l’ateneo conta 250 studenti, arricchito da tre anni anche di una laurea magistrale in inglese che attira studenti da tutto il mondo. I laureati non scappano: diventano imprenditori di aziende agrituristiche innovative, esperti in gestione del territorio, specialisti in dissesti e valanghe, operatori del turismo sostenibile.

Come racconta la professoressa Giorgi: “I nostri studenti sono accomunati dalla grande soddisfazione di svolgere un lavoro in un posto che hanno scelto, partendo spesso dalle grandi città: solo il 7-8% viene dalla Val Camonica, il 90% da Lombardia, Trentino, Valle d’Aosta, ma anche dal Sud Italia. C’è un calabrese che ha realizzato un bed&bike sulla Sila!”.
Il progetto ha anche una dimensione europea di rilievo: l’Università della Montagna partecipa al progetto “Mountain Resilience”, che coinvolge 13 Paesi europei con 15 milioni di budget e 43 partner, per capitalizzare le buone pratiche nella gestione delle aree montane. Due anni fa, il Dipartimento Affari Regionali della Presidenza del Consiglio ha commissionato all’ateneo di Edolo un libro bianco sulla montagna italiana, documento mai redatto prima con quel livello di dettaglio.
L’Università della Montagna di Edolo ha caratteristiche uniche nel panorama accademico italiano. Esiste un’aula nel bosco, dove gli studenti imparano a indagare gli ecosistemi forestali. “Abbiamo fatto una mappatura coi colleghi di Scienze forestali, messo il tutto in un applicativo digitale, e gli studenti riportano quello che vedono e hanno un feedback diretto sulle loro analisi”, spiega Anna Giorgi.
Gli insegnamenti sono a diretto contatto con la realtà: si visitano aziende del settore forestale e caseario, si interagisce con gli operatori, si affrontano problemi concreti. Se non nevica più, si dialoga con chi gestisce gli impianti sciistici per individuare strategie di transizione economica. Si studiano temi di stretta attualità come l’overtourism e la gestione sostenibile dei flussi turistici.
Il tutto a costi accessibili: la convenzione con gli alpini permette agli studenti di alloggiare in stanze ristrutturate nella caserma a 150 euro in tre al mese. Il Comune di Edolo ha vinto un progetto per realizzare uno studentato, creando un campus vero e proprio.
Perché non replicare questo modello ad Agnone? Il capoluogo dell’Alto Molise ha tutte le caratteristiche per ospitare un polo universitario innovativo: posizione strategica tra Abruzzo e Puglia, patrimonio storico millenario, tradizioni artigianali consolidate (dalle campane alla ceramica), vocazione agro-zootecnica, paesaggi incontaminati.
Un’Università della Montagna molisana potrebbe specializzarsi in settori strategici per l’area: agricoltura biologica e di montagna, gestione forestale sostenibile, turismo rurale e religioso, valorizzazione delle produzioni tipiche, prevenzione del rischio sismico e idrogeologico, energie rinnovabili. Discipline che non solo formerebbero professionisti qualificati, ma creerebbero un indotto di ricerca, innovazione e sviluppo locale.
Sul modello di Edolo, l’Università della Montagna di Agnone potrebbe offrire una laurea triennale in “Valorizzazione e Tutela dell’Ambiente e del Territorio dell’Appennino Centrale” e una magistrale internazionale in “Sustainable Development of Mediterranean Mountain Areas”. I corsi potrebbero essere strutturati in collaborazione con enti e istituzioni del territorio: Comuni dell’Alto Molise, Comunità Montana, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, GAL (Gruppi di Azione Locale), Consorzi di tutela dei prodotti tipici.
Le partnership potrebbero estendersi a livello nazionale e internazionale: accordi con università dei Balcani per attrarre studenti internazionali, collaborazioni con centri di ricerca specializzati in aree montane del Mediterraneo, progetti europei di sviluppo rurale. L’esempio di Anna Giorgi dimostra che “governando tantissimi progetti” è possibile vivere “l’80 per cento del tempo” in montagna senza che “manchi niente”.
L’appello è rivolto innanzitutto all’Università del Molise e al suo rettore: invece di concentrare tutto a Campobasso, abbiate il coraggio di scommettere sulle aree interne. Un polo decentrato ad Agnone non sottrarrebbe risorse al campus principale, ma amplierebbe l’offerta formativa dell’ateneo, attirando studenti da tutto il Centro-Sud e dai Balcani.
Alla Regione Molise chiediamo di cambiare paradigma: basta con la logica dei tagli e delle compensazioni economiche. Come dimostra l’esperienza di Edolo, servono “idee ed energie” per invertire il declino. Investite in formazione e innovazione, create le condizioni perché i giovani possano scegliere di rimanere o tornare.
Al governo nazionale ricordiamo che l’Italia è paese di montagne: il 54% del territorio è montano o collinare. L’esperienza del progetto “Mountain Resilience” con i suoi 15 milioni di euro di budget dimostra che l’Europa investe sulle aree montane. La Strategia Nazionale per le Aree Interne deve tradursi in progetti concreti, non in vuoti proclami.
Le parole di Anna Giorgi suonano come una sfida per il Molise: “Governo tantissimi progetti, vivo l’80 per cento del tempo qui e non mi manca niente. Anzi si sono formate anche delle coppie: stiamo iniziando a ripopolarla, la montagna!”.
L’Università della Montagna di Edolo ha già formato decine di laureati che hanno scelto di investire il proprio futuro in aree montane. Tra loro, quel calabrese che ha realizzato un bed & bike sulla Sila. Perché non immaginare giovani molisani, abruzzesi, campani o pugliesi che scelgono Agnone per laurearsi e poi rimanere per avviare attività innovative nel settore agricolo, turistico, artigianale?
La testimonianza pubblicata oggi da Valentina Santarpia sul Corriere della Sera dimostra che la montagna non è una zavorra da abbandonare, ma una risorsa da valorizzare. Come spiega la professoressa Giorgi, il territorio diventa “strumento di didattica esperienziale” e “luogo ideale dove mettere a frutto le competenze acquisite”.
Il tempo delle scuse è finito. Il Molise può ancora scegliere tra la lenta agonia e la rinascita. L’Università della Montagna ad Agnone, seguendo l’esempio virtuoso tracciato dalla Statale di Milano a Edolo, potrebbe essere il primo, decisivo passo verso il futuro.