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  • Cinghiali, Recchia parla chiaro: «La causa dell’aumento dei danni alle colture agricole è la braccata»

    Cinghiali, Recchia parla chiaro: «La causa principale dell’aumento dei danni alle colture agricole è la braccata».

    Il funzionario del comparto Caccia della Regione Abruzzo entra pubblicamente nel dibattito che sta coinvoglendo il mondo venatorio abruzzese e italiano.

    «Concordo con Pessolano. La causa principale dell’aumento dei danni alle colture agricole è la braccata, che di tradizione in Abruzzo non ha niente».

    Un semplice commento ad un articolo dell’Eco su Facebook, precisamente sulla pagina “La caccia presa sul serio”, ma che acquista un peso specifico notevole perché arriva direttamente da un funzionario del comparto Caccia della Regione Abruzzo, il dottor Franco Recchia.

    E così uno dei bracci operativi dell’assessore regionale alla Caccia, Dino Pepe, afferma pubblicamente quello che tutti sanno, associazioni venatorie comprese, ma che nessuno dice per paura di scontentare i cacciatori di cinghiale e perdere tessere, e cioè, appunto, che la braccata, lungi dal poter essere un rimedio efficace, è invece una delle cause dell’elevata presenza di ungulati sul territorio. Sembra un paradosso: come è possibile che abbattere animali anche in grandi numeri produca come effetto ultimo l’aumento della popolazione di cinghiali e dei danni alle colture? Gli esperti del settore hanno spiegato che con la braccata, essendo un prelievo poco o affatto selettivo, si tendono ad effettuare abbattimenti concentrati sulle classi adulte. Il motivo è intuibile a tutti: se dal folto della macchia sbucano, inseguiti dai segugi, una scrofa da ottanta chili e sei o sette cinghialetti da venti chili, un qualsiasi cacciatore sparerà alla scrofa, perché il bersaglio è più grande e dunque più facile da colpire e perché la carne a disposizione sarà molta. Semplice e chiarissimo. Stesso discorso per i maschi adulti, magari i verri riproduttori. Questo prelievo concentrato sulle classi adulte provoca quella che i tecnici faunistici chiamano destrutturazione della popolazione di cinghiali: aumentano esponenzialmente le classi zero e uno, cioè i piccoli. E sono proprio i piccoli, classi zero e uno, a fare più danni all’agricoltura, perché si muovono di più e soprattutto mangiano di più. Questo dice la scienza in sostanza. Le associazioni venatorie, per motivi politici e soprattutto per non rischiare di perdere le tessere associative dei tantissimi “cinghialai”, ignorano o peggio fingono di ignorare questi concetti base di gestione faunistico venatoria. La braccata, che piaccia o no, rispetto all’emergenza cinghiali fa più danni che altro, anche perché disturba l’altra fauna ed è pericolosissima come dimostra la casistica di incidenti anche mortali. Che poi la si voglia mantere per puro diletto può anche andar bene, è un altro discorso, ma non è e non può essere un rimedio alla massiccia presenza di cinghiali sul territorio.

    Francesco Bottone

    effebottone@gmail.com

    tel: 3282757011

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