(ANSA) – TERMOLI (CAMPOBASSO), 10 DIC – Si è avvalso della facoltà di non rispondere il cinquantaduenne dipendente della Fiat di Termoli considerato la mente della mega truffa delle chiavette clonate in 4 stabilimenti Fiat del centro sud Italia, tra Termoli, Pratola Serra (Avellino), Foggia e la Sevel di Atessa (Chieti). Assistito dal suo legale di fiducia, Michele Liguori, ha preferito il silenzio nel corso dell’interrogatorio di garanzia condotto dal Gip del Tribunale di Larino, D’Alonzo.
Pagavano 5 euro ad una organizzazione che clonava le chiavette e consumavano 15 euro nei distributori automatici di bevande situati negli stabilimenti Fiat di Termoli, Pratola Serra (Avellino), Foggia e nella Sevel di Atessa (Chieti) per un giro d’affari arrivato in meno di un anno ad oltre 300 mila euro. Ai gestori delle macchinette, invece, non arrivava nemmeno un euro, ma a loro carico c’erano i costi della continua rifornitura di bevande e snack all’interno delle fabbriche.
“Il fenomeno era in espansione sia territoriale che quantitativa. Una volta inventato il sistema, l’interesse degli stessi indagati era quello che si espandesse il più possibile per aumentare i guadagni”. Lo ha dichiarato il procuratore della Repubblica di Larino, Ludovico Vaccaro, a Termoli nel corso della conferenza stampa convocata per fornire i dettagli dell’operazione ‘Chiavette Magiche’. “Uno dei motivi di preoccupazione era proprio questo: la sua espansione sul territorio e poi il fatto stesso di riuscire a clonare, a ricaricare abusivamente degli strumenti di pagamento ricaricabili – ha proseguito Vaccaro -. Potete immaginare come inquieta perché gli utilizzi potenziali di questo sistema sono tantissimi. Oggi ognuno di noi ha qualche carta di credito, qualche carta di pagamento nel portafoglio e quindi l’idea che si possano fare delle ricariche abusive degli strumenti di pagamento è un’idea da un punto di vista criminologico preoccupante”. Il procuratore ha poi evidenziato che “è stato fatto un lavoro di grande impegno da parte dell’Arma dei carabinieri, in particolare della stazione di Termoli. Gli utilizzatori finali – ha aggiunto – avevano la consapevolezza di fare qualcosa di illegale, ma non si rendevano conto, purtroppo, della gravità della cosa. Ed è quello che preoccupa in questo Paese, cioè, l’idea che è troppo bassa la soglia di percezione degli illeciti, troppa gente pensa di non fare qualcosa di male ma in realtà lo fa. E’ proprio grazie a questa ricca e sovrabbondante platea di utilizzatori finali che il fenomeno si è diffuso. Noi ne abbiamo individuati oltre 100, ma sono molti di più”. Il numero degli indagati dunque è destinato ad aumentare nelle prossime ore: si stanno esaminando tutte le intercettazioni. (ANSA).