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  • Capitale italiana della Cultura 2026, ‘la Repubblica’ svela i segreti dell’enogastronomia di Agnone e del suo territorio

    Capitale italiana della Cultura 2026, la sezione ‘Gusto’ de la Repubblica online dedica un ampio servizio ad Agnone. L’articolo a firma del giornalista Marco Ciaffone – che rilanciamo integralmente su l’Eco – è un viaggio nell’enogastronomia del territorio, distretto di caseifici, leader nella produzione di dolci, salumi e vini trainatida giovani chef, molti dei quali “sfornati” dall’istituto Alberghiero ‘San Francesco Caracciolo’. Non c’è che dire: un bellissimo biglietto da visita in attesa che Roma decida – nel mese di dicembre – le dieci finaliste che a fine marzo 2024 si contenderanno il titolo finale.

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    Di seguito il pezzo di Ciaffone.

    Dieci secoli fa ad Agnone la Fonderia Marinelli iniziò a realizzare le proprie campane. Lo fa ancora oggi, e con il titolo di “Pontificia”. Dirigendosi verso i locali in cui sono all’opera gli artigiani è molto probabile imbattersi in uno dei molti caseifici che impreziosiscono questo angolo di Molise. Se invece capita di passare di qui a dicembre si può respirare l’attesa che precede la festa delle ‘Ndocce, enormi fiaccole che saranno accese alla vigilia di Natale per una spettacolare e suggestiva processione di fiamme e scintille. Sono solo alcuni dei punti di forza sui quali Angone punta per ottenere il prestigioso titolo di Capitale Italiana della Cultura 2026. Il dossier di candidatura è appena stato presentato e sarà ora in gara con altre 15 città del Paese.

    “Agnone è un incantesimo dentro alla realtà già di per sé incantata della dorsale appenninica, un meridione che somiglia solo a se stesso”, afferma nel documento la scrittrice Chiara Gamberale, non l’unica a sposare questa candidatura; si leggono infatti anche le parole di Dacia Maraini, che ricordando la sua visita al Museo delle campane scrive che “c’è qualcosa di talmente umano, nel senso dell’ingegno creativo, della sapienza meccanica e chimica, in questo processo da apparire disumano: quasi fosse un lavoro degli angeli per festeggiare i cieli”. Ancora, Emanuele Trevi: “Mi auguro che la candidatura di Agnone a capitale italiana della cultura vada a buon fine, perché la ricchezza dei beni culturali del paese e dei dintorni merita di essere valorizzata più di quanto è stato possibile fare fino ad ora, e a questa si uniscono una vivacità culturale e un’ospitalità degne del riconoscimento tanto auspicato”.

    E se la cultura passa, inevitabilmente, anche dalle tipicità dell’enogastronomia, Agnone ha sicuramente delle valide carte da giocare. In questo territorio le tradizioni legate alla transumanza dialogano in armonia con la modernità introdotta da giovani ristoratori, allevatori, casari. A partire da Stefania Di Pasquo e Tomas Torsiello, coppia al timone della Locanda Mammì; lei chef allieva di Niko Romito, lui sommelier con una grande passione per il vitigno autoctono Tintilia. Dalla cucina arrivano portate come la versione attualizzata della tipica zuppa alla Santè, a base di brodo, pane raffermo, polpettine di carne e formaggio filante. Perdendosi tra le vie del borgo, provincia di Isernia ma a due passi dal confine con l’Abruzzo, non passano inosservate le insegne di locali come la Panonda e Terra Mia, dove prendono forma portate legate a quei formaggi realizzati a breve distanza.

    Eccoli dunque, i caseifici da non perdere, iniziando dal Caseificio Di Nucci, “latteria dal 1662”, una storia di famiglia che vede oggi al timone Franco e Rosetta, con i figli Antonia, Francesco e Serena. Nei laboratori aziendali, affiancati dall’affascinante Museo di Arte casearia e della Transumanza, prendono forma tutte le tipicità del borgo, come la stracciata, formaggio fresco a pasta filata realizzato con latte crudo, i formaggi con il tartufo nero e quelli con il peperone dolce di Altino. E poi il caciocavallo in tutte le sfumature di stagionatura, compresa quella in cantina di Pietra Rapillo per oltre un anno. E ancora, il burrino, chiamato anche “manteca” per la sua attitudine a essere usato per mantecare paste e risotti, per finire con il caciosalame, uno squisito connubio tra la pasta del caciocavallo e la tipica soppressata locale, con la prima che avvolge completamente la seconda. Un prodotto la cui storia si lega a quella dei migranti molisani che si apprestavano a vivere una nuova avventura in America e che alla dogana, per passare i controlli del cibo che portavano con loro, dovevano gettare il salame, che non poteva essere introdotto negli Stati Uniti. Fu così che, secondo quanto riporta una storia tra realtà e leggenda, i molisani ebbero la trovata geniale di nascondere il salume dentro il formaggio, creando un matrimonio di sapori destinato a durare.

    La scoperta del borgo che spicca sulla valle del Verrino, tra botteghe orafe dove si mettono a punto le tradizionali presentose e artigiani del ferro e del rame, prosegue con gli altri indirizzi da appuntare tra i caseifici: Di Menna, Antenucci Mario, Di Menna Alberto, Gianluca di Pietro, Di Pasquo, La Montagna e Toro Sacro. La dolce nota finale è firmata dalle loffe, o “castagnole di Agnone”, dolci tipici del periodo di carnevale. Il loro nome deriva dalla trasformazione dialettale del termine “offa”, che per gli antichi Romani indicava il boccone di cibo. Un dessert comune a molte città italiane, ma la ricetta molisana si distingue principalmente per due caratteristiche: la copertura di cioccolato e la cottura il forno. In passato in tempi di povertà questi dolcetti semplici ma gustosissimi, venivano considerati “preziosi” (soprattutto per via del cioccolato) e quindi preparati solamente per celebrare occasioni particolari, come i matrimoni. Oggi campeggiano insieme ad altre leccornie di territorio tra le vetrine delle pasticcerie del paese, dalla Dolciaria Carosella a Briciole di Bontà, da Gerri ad Alto Molise, fino a Labbate Mazziotta e Spiga d’oro.

    “Fuoco dentro, margine al centro: è questo il motto con il quale abbiamo presentato il nostro dossier”, afferma Daniele Saia, sindaco di Agnone: “Il fuoco vuole identificare la tradizione legata alle Ndocce che a dicembre illuminano le nostre vie e che rappresentano le nostre tradizioni; il ‘margine’ è invece riferito alle aree interne. È su di esse che crediamo sia giusto riportare l’attenzione”.

    E a proposito del Natale, ad Agnone se ne festeggia anche un altro, il “Piccolo Natale”, il 21 novembre. L’appuntamento che un tempo salutava gli artigiani in partenza per le fiere e i mercati delle regioni limitrofe. Dopo la messa all’alba nella chiesa di San Pietro (dagli anni ’80 intitolata a San Marco), riscaldata dalle note della ottocentesca Pastorale e con la benedizione della Madonna delle Grazie, gli artigiani della città erano pronti a partire, non prima di aver gustato la famosa cioccolata calda con i tipici raffaiuoli. Tradizioni artigiane e tipicità della tavola insieme. O per meglio dire: cultura di territorio.

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