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  • Stupri e femminicidi, l’appello dell’Ordine ai giornalisti: «Non alimentare la spettacolarizzazione della violenza»

    Ogni giorno i giornalisti scrivono e raccontano violenze, stupri, femminicidi (più di 100 solo in questa parte del 2023 che non è ancora finito). Nell’ultimo anno, in Italia, è stata vittima di femminicidio una donna ogni tre giorni; nella classifica per parità di genere il nostro Paese, nell’ultimo anno, è sceso dal 74esimo posto nel mondo al 79esimo.

    Una piaga sociale terribile, che da emergenza si è trasformata in un problema strutturale nei confronti del quale ognuno deve prendere coscienza e assumersi le proprie responsabilità.

    Come viene affrontata, dalle testate giornalistiche, la notizia di un femminicidio o di uno stupro? Anche nelle recenti sconvolgenti vicende abbiamo letto o ascoltato ancora le parole “amore” e “gelosia” “era un bravo ragazzo” associate ad un femminicidio.

    Il Coordinamento per le pari opportunità dell’Ordine nazionale dei giornalisti, nella convinzione che l’informazione può e deve avere un ruolo importante nel contrastare la violenza di genere, invita tutti i colleghi e le colleghe ad usare una corretta narrazione nel rispetto dell’articolo 5 bis del nostro Testo Unico  deontologico. L’appello nasce dalla profonda convinzione che l’informazione deve essere strumento di cultura che sviluppa la democrazia e il senso critico della società.

    «Le parole sono i nostri strumenti, usiamole nel modo corretto, evitando stereotipi di genereespressioni e immagini lesive della dignità della persona. – spiegano dall’Ordine dei Giornalisti – Usiamo un linguaggio rispettosocorretto e consapevole. Atteniamoci all’essenzialità della notizia e alla continenza. Prestiamo attenzione a non alimentare la spettacolarizzazione della violenza. Non usiamo espressioni, termini e immagini che sminuiscano la gravità del fatto commesso e assicuriamo una narrazione rispettosa anche dei familiari delle persone coinvolte. Poche semplici indicazioni contenute nell’articolo 5 bis del Testo Unico, nella convinzione che la violenza nei confronti delle donne è un fatto culturale che si può cambiare anche usando le parole giuste».

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