Proponiamo, per i nostri lettori, l’intervista pubblicata sul numero di febbraio del mensile L’Eco dell’Alto Molise-Vastese. Un omaggio ad un’altra donna, P.S., dopo quello dedicato sul numero precedente a Paola Falasca.
SCHIAVI DI ABRUZZO – «Qui in Italia non vedo futuro per noi giovani. I politici continuano a giocare con le nostre vite, con le nostre aspettative, distruggendo i nostri sogni. Se non sei figlio di un potente non vali nulla a prescindere».
Sono queste le amare considerazioni che le hanno fatto prendere la decisione di abbandonare il suo paese, per crearsi una vita e un futuro altrove. P.S., classe 1984, di Schiavi di Abruzzo, in tasca una laurea in farmacia e un contratto a tempo indeterminato in una farmacia di Firenze ha rinunciato a quel minimo di stabilità raggiunta per ricominciare praticamente da zero, in Australia.
E’ partita nei giorni scorsi, a fine febbraio. Perché dall’Italia e dall’Alto Vastese in particolare si continua ancora ad emigrare, nel 2014 come agli inizi del secolo scorso. Poche ore prima della partenza abbiamo incontrato Pamela per una breve intervista.
Un contratto a tempo indeterminato, uno stipendio accettabile, una stabilità economico-lavorativa che molti possono solo sognare al giorno d’oggi. Hai rinunciato a tutto questo per azzardare una nuova vita in Australia. Sei pazza o cosa?
«Forse un po’. Il problema è che in Italia non vedo un futuro per noi giovani. E’ vero, avevo un lavoro sicuro, ma a Firenze, un posto molto caro. Più di metà del mio stipendio mi serviva per pagarmi una casa, le spese e le tasse sempre più alte. Lavorando praticamente tutto il giorno».
E quando ti sei licenziata, nei mesi scorsi, tua madre cosa ti ha detto?
«Ha reagito bene. Mi ha detto: ormai sei una donna, fai quello che credi sia giusto. Se vuoi costruire il tuo futuro in Australia sei liberissima di farlo, devi farlo».
Ma cosa pensi di fare lì? Magari di arricchirti come è successo a molti italiani che negli decenni scorsi sono emigrati?
«Non sarà facile fare fortuna come lo è stato per chi è emigrato ad esempio agli inizi del secolo scorso. Ma non mi interessa, voglio solo avere un’opportunità, mettermi in gioco, avere la possibilità di costruirmi un futuro anche se non sono figlia di un politico. Cose normali che in Italia non lo sono più e forse non lo sono mai state».
Sei farmacista, lavorerai in quel settore anche in Australia?
«La mia laurea in farmacia lì non è riconosciuta, perché i titoli di studio italiani hanno valore legale solo in Europa».
Bella storia. E quindi? Cosa pensi di fare?
«Farò qualsiasi tipo di lavoro, per mantenermi. Ricomincio da zero, ma sono felice di farlo. Poi cercherò di riscattare il mio titolo di studio, per non vanificare i sacrifici fatti. Dovrò fare dei nuovi esami credo e magari un giorno lavorerò proprio nel settore farmaceutico. Chi può dirlo».
Ma come entri in Australia, con un visto turistico?
«Si tratta di una vacanza-studio. E’ una possibilità che l’Australia offre a chi ha meno di trenta anni. Il visto dura un anno, durante il quale devi lavorare almeno 88 giorni presso una farm, in strutture che ti vengono indicate. E’ un modo intelligente di attrarre giovani. Appena arrivi devi dotarti di un conto corrente per l’accredito dei compensi. Non è come in Italia che si entra senza avere nulla, senza un lavoro, senza alcun sostentamento economico. Allo scadere dei dodici mesi è previsto un esame di lingua inglese e c’è la possibilità di restare per un altro anno alle stesse condizioni».
Andiamo sul pratico. Appena atterrata dove andrai? Hai un contatto lì?
«Certo, mi appoggerò da un amico che è partito nei mesi scorsi».
Scusa, lasci Firenze perché è troppo cara, ma non mi pare che l’Australia sia così a buon mercato.
«Sicuramente, ma in Australia si guadagna di più lavorando meno e soprattutto la qualità della vita è migliore. Non voglio solo lavorare, né lavorare per pagare le tasse come si fa in Italia. Voglio del tempo libero per me, voglio conoscere il mondo, incontrare nuove persone, fare esperienze nuove, sorridere alla vita. Non mi piace la routine e in Italia non c’è modo di uscirne».
Quanto tempo hai meditato su questa scelta di vita?
«Da due anni a questa parte penso e ripenso all’Australia. L’unica fonte di dubbi è stata la mia famiglia, cioè il pensiero di dover lasciare i miei cari per andare poi così lontano. Però ripeto, la situazione sociale e lavorativa in Italia mi ha spinto ancor di più a lasciare il paese. E quello che sta accandendo politicamente in questi giorni è un motivo in più per andare via e non tornare mai più».
Esagerata. Non tornerai in Italia?
«Difficilmente. Poi vediamo come vanno le cose lì in Australia. Qui in Italia non c’è futuro. Paradossalmente stanno meglio gli immigrati, chi magari non fa nulla. Noi italiani siamo stritolati dalle tasse. Lavoriamo per pagare le tasse. Lo Stato ci chiede indietro il 40 per cento dello stipendio, senza darci in cambio dei servizi tra l’altro. E’ frustrante questa situazione. Non mi piace, non voglio sottomettermi a questo e quindi vado via».
Quindi la situazione del mercato del lavoro in Italia è stata determinante nel maturare la tua scelta di partire.
«Certo. In Australia il mercato del lavoro è molto flessibile. Ci sono opportunità per tutti, non solo per i figli di papà, per gli amici dei politici. Forse la mia è una scelta da codardi, perché vado via invece di restare a combattere per cambiare le cose qui in Italia. Ma non voglio stare in un posto dove non ci sono opportunità per chi merita e vale, per noi giovani, dove non c’è meritocrazia, dove vanno avanti solo i raccomandati e i figli dei potenti».
Se le cose non dovessero andare per il verso giusto, lì in Australia, hai un piano B?
«No, non ho un piano B, perché non faccio progetti a lungo termine. Cerco di vivere alla giornata, imparando ogni giorno qualcosa di nuovo, regalando almeno un sorriso a qualcuno. Cerco solo la serenità».
Francesco Bottone
effebottone@gmail.com
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