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  • Zio Feliciotto, quando la Dc faceva mangiare tutti

    Inizia con Felice Mitri, per tutti zio Feliciotto, il viaggio nella Prima Repubblica con i politici locali (seguiranno le interviste a Mimmo Pellegrino, Maria Di Loreto Barrassi ed Enrico Cacciavillani). La rubrica è curata da Italo Marinelli nelle vesti di cronista.

    Felice Mitri, lei….

    Io non sono quello del lei dottò, io sono Feliciotto.

    Comincia così l’intervista a Felice Mitri, un tuffo nel passato, nel tempo in cui la Balena bianca, la Democrazia Cristiana, era il partito politico che riscuoteva vittorie su vittorie. In particolare in Agnone, che nei tempi d’oro riuscì ad esprimere ben due parlamentari, a dispetto di centri molisani molto più popolosi. Di quei tempi Felice è stato uno dei protagonisti, gregario di lusso dell’onorevole Bruno Vecchiarelli. A 85 anni di età, lucidissimo e gentile come sempre, ci offre la testimonianza diretta di un momento storico indimenticabile.

    Hai qualche ricordo della guerra?

    Ricordo i tedeschi, stavano in località ‘ Tirassegno’. Mio padre che era stato emigrato in Germania conosceva il tedesco e riuscì ad entrare in confidenza con loro. Quando andarono via fu una tragedia, fecero requisizioni di beni alimenti ed animali a tutti. Ma avevano un mulo che zoppicava, e lo regalarono a mio padre, perché pensavano che dovesse morire. Invece il mulo guarì ed in quei tempi difficili ci fu molto utile.

    Il primo lavoro da camionista a Napoli nell’impresa del costruttore agnonese Ercolino Cerimele.

    Si, allora la patente di guida era preziosa, i patentati in tutto il Molise erano pochissimi. Io me la cavavo con tutti i mezzi, anche con lo scavatore. Quando nel 1955 nevicò a Napoli gli altri si impantanavano ma io, abituato alla montagna, andavo dappertutto.

    Poi sei entrato alla Provincia, iniziando da avventizio per finire da capocantoniere.

    All’inizio ci ho rimesso economicamente, a Napoli si guadagnava di più, ma il posto in Provincia era sicuro. Dei cantonieri dicevano che lavoravamo poco, ma tenere le strade in ordine non era uno scherzo.

    Ma soprattutto hai sempre partecipato alla vita politica agnonese. Quante volte sei stato consigliere comunale?

    Sono stato in comune sei volte, in tutto fanno trenta anni. Una volta, per sole tre preferenze, non sono stato eletto. Sono stato più volte assessore alla Protezione civile ed all’Agricoltura. Con la preferenza multipla prendevo 500 voti, con quella secca sono arrivato a 115.

    Sei stato uno dei più fidati collaboratori dell’onorevole Bruno Vecchiarelli. Un fedelissimo. Come lo ricordi?

    MENTRE ISTRUISCE ITALO MARINELLI SU COME SI PRENDEVANO I VOTI

    Una persona molto umana, capace di mettersi dalla parte dei deboli. Lo stimavano in tutta la regione per le sue capacità amministrative. Non portava rancori ed ha aiutato anche tanti avversari politici, anche più dei fedelissimi. Quando, dopo essere stato deputato per sei volte decise di ritirarsi mi disse: Felice, o se sctracca l’asene o se sctracca ru patràune…. é óra de chjudere

     Le campagne elettorali di una volta erano molto intense. È vero che Vecchiarelli preferiva il terzo posto in lista?

    Allora non si sorteggiava l’ordine nelle schede e insegnavamo agli anziani o a chi aveva difficoltà nella scrittura a mettere le due dita a fianco della croce  (lo scudo crociato simbolo della DC) e segnare con la matita. Era molto più semplice.

    I pullman. Quando si votava chi organizzava il trasporto degli elettori delle contrade ai seggi?

    Noi, lo facevamo anche per il comizio finale che era il momento più sentito. Ricordo che dopo avere votato davamo agli elettori il tempo di fare qualche commissione in paese, ma i pullman dovevano ripartire puntualmente alle ore 12. Molti ritardavano e io li riportavo a casa in macchina. Qualche volta anche sei o sette per volta.

    Avevi un’auto spaziosa…

    No, prima una 500, poi una 600, poi una 128 e alla fine un’Alfa Romeo. Ma quando me lo hanno chiesto, anche fuori dalle elezioni, non ho mai negato un passaggio o un favore a nessuno.

    Nella tua corrente chi erano i più influenti, i più fedeli collaboratori di Vecchiarelli?

    Il preside Mario Carrese, Armando Amicone, il professore Piccirilli, Gino Cerimele il ramaio.

    La campagna elettorale più intensa?

    L’ultima, quando Vecchiarelli sconfisse Rizzo, che era sindaco di Campobasso. Una grossa impresa.

    Una storia, un aneddoto che ti piace raccontare?

    Il professor Giuseppe Vitagliano era in difficoltà nel suo paese, Pietrabbondante, ma era Doroteo e lo presentammo per la Provincia in Agnone. In campagna elettorale, in contrada ‘Montagna’, andammo in una casa dove tutta la famiglia stava mangiando pasta e fagioli direttamente da ru cuttrìelle. Erano ospitali e ce la servirono nei piatti, che allora si usavano poco, ma la finimmo subito e allora cominciammo a mangiare anche noi da ru cuttrìelle, anche l’onorevole. Poi Vitagliano fu eletto, naturalmente, e diventò presidente della provincia.

    VECCHIARELLIANNI DOC

    Hai sempre militato nella Democrazia Cristiana, un partito che raggiungeva in Agnone consensi altissimi. Quali meriti attribuisce al suo partito?

    Non abbiamo mai preso meno di 2500 voti. Gli altri, socialisti, comunisti, missini messi insieme al massimo arrivavano a 1500. Per forza: la Democrazia Cristiana ha fatta cambà tutte quènde.

    Quali errori?

    Troppa briglia sciolta.

    Un obiettivo in particolare raggiunto grazie al tuo impegno?

    Sono stato il primo a fare in Comune il piano neve, quasi da solo. Mi ricordo che una mano me la diede il dott. Franco Carlomagno, il dentista, che faceva in Comune il servizio civile. Ho sempre curato la manutenzione le strade interpoderali, che sono tantissime e che conoscevo ad una ad una in tutte le contrade. In quel campo solo tuo padre (Ercolino Marinelli, ndr) che faceva il medico in campagna e Renzo Cerimele, il capo ufficio tecnico del Comune potevano competere con me. Ma io le conoscevo meglio di loro.

    Ricordo che all’interno della DC c’era una battaglia feroce e senza esclusione di colpi tra “vecchiarelliani” e “sammartiniani”,  “capabballe e capammónde”

    Era una rivalità costruttiva. Tutti e due si interessavano al bene del paese. Quando ottenevano a Roma da un ministro o un sottosegretario amico un finanziamento per opere pubbliche mandavano un telegramma che veniva esposto nella vetrina della tipografia di Peppuccio lo stampatore. Era una gara per fare meglio. Poi alle comunali del 1990 ci fu la rottura. Noi nella lista della DC, il senatore Remo Sammartino con la lista civica del Campanile. La DC prese più voti ma ci fu un consigliere che ci abbandonò e permise al senatore Sammartino di fare il sindaco alleandosi con la sinistra. Vicesindaco era Michelino Carosella.
    Il primo ribaltone, insomma. Anche il tesseramento era un momento importante nella battaglia interna tra le correnti. Avere tanti tesserati significava controllare il partito…

    Le tessere le facevamo noi, iscrivendo familiari, amici, persone fidate. Poi al momento del congresso ci delegavano. Le tessere servivano per le candidature. Anche se a volte non bastava. L’onorevole Vecchiarelli era doroteo, ma non lo volevano ricandidare proprio i suoi compagni di corrente perché lo temevano elettoralmente. Allora lo chiamò Taviani, ministro dell’interno e gli disse tu che vieni dalla montagna hai il cervello fino. Vecchiarelli passò con i Paolo Taviani, fu candidato e fu rieletto.

    Sammartino era forte in ospedale, di cui era stato amministratore e fondatore. Tu invece facevi il capo cantoniere. Eravate tutti democristiani?

    Sammartino amministrava l’ospedale e naturalmente…noi eravamo forti in Provincia. Tutti allineati e coperti. Solo qualcuno non votava DC, ma noi lo sapevamo. Quelli proprio non ne volevano sapere, erano così, ci nascevano.

    Comunque quando si trattava di attaccare gli avversari il senatore Sammartino non si tirava indietro. Sono rimasti alla storia definizioni lapidarie e al di sopra delle righe: “barattolo ripieno di acido corrosivo”,  “giudice dei miei stivali”, “valdoni e frugoni dell’ospedale civile”,  “consigliere uscito da una bettola”. A te si rivolse in consiglio comunale  definendoti un “disoccupato retribuito dallo Stato” . Ci furono strascichi giudiziari?

    feliciotto

    Il segretario comunale, senza che io denunciassi niente, inviò i verbali all’autorità giudiziaria e fu avviato d’ufficio un procedimento per diffamazione. Quando il giudice mi interrogò dissi di non essermi sentito offeso e che noi cantonieri venivamo presi di mira un pò da tutti……insomma ci passai sopra. Non me ne pento. Io non sono una persona che porta rancore. Tutti me lo hanno sempre riconosciuto.
    Ai tempi del Pci ricordo che nei confronti degli avversari politici sei sempre stato rispettoso e leale. Un vero signore. Salutavi e sorridevi a tutti. Però sorridendo ci facevi capire: fate come volete, dite quello che volete, tanto alla fine i voti li prendiamo noi. Lo stesso in consiglio comunale. Parlate, parlate, alla fine decidiamo noi.

    C’era rispetto con le opposizioni. Anzi la concorrenza più forte era all’interno del partito, perché dovevamo conquistare le preferenze. Non era semplice. Dalla stessa famiglia si passava tre-quattro volte e considerando che ogni candidato passava e ripassava la gente alla fine si scocciava pure. Ma quando si trattava di cercare i voti non facevamo sconti a nessuno. Andavamo casa per casa. Portavo sempre la carta (i fac-simili) alla vòrza.

    Chi ricordi tra gli oppositori con maggiore stima?

    Raffaele Leonelli innanzitutto, poi l’avvocato Ugo D’Onofrio, Enrico Cacciavillani. Però gli piaceva tanto parlare, facevano a gara a chi parlava meglio, parlavano, parlavano e si faceva tardi. I  consigli comunali finivano a mezzanotte, l’una e io gli dicevo: a vvu ve piéce a parlà ma c’éma i ddurmì ch’addemane se fatójja.

    Quando la DC è scomparsa cosa hai pensato?

    La DC è finita per tangentopoli. Noi sapevamo benissimo che, per combattere il comunismo, il partito riceveva finanziamenti da imprenditori amici. Ma erano usati a fin di bene, davamo molto anche alle parrocchie e nessuno ha portato i soldi all’ estero o si è arricchito personalmente.

    Come vedi il futuro di Agnone? Moltissimi giovani e meno giovani vanno via, cosa ne pensi?

    Non vedo tanto bene le cose. Il lavoro non c’è e non si notano miglioramenti. Purtroppo anche in Italia è così. Non è più come una volta.

    di Italo Marinelli 

    (nelle foto Felice Mitri con l’onorevole Bruno Vecchiarelli e con gli amici di partito) 

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