La disperazione non ha bisogno di grandi discorsi, basta guardare i volti scavati dei cittadini dell’Alto Molise. Ad Agnone il malumore monta, la paura è palpabile: l’ospedale “Caracciolo” rischia di essere declassato a semplice presidio di comunità. Una scelta tecnica, dicono i commissari della Sanità regionale, ma che per chi vive qui significa una sola cosa: essere abbandonati dallo Stato proprio sul diritto più sacro, quello alla salute.



“Da Isernia siamo lontani, da Campobasso siamo lontani, da Termoli lo stesso”, racconta una giovane donna. “Per un’emergenza ci troviamo davvero scoperti. E se pensiamo all’inverno, che qui è lungo e duro, vi lascio immaginare cosa potrebbe accadere senza un vero ospedale di riferimento”.

Il coro delle voci è unanime, e ancora più drammatico quando a parlare sono gli anziani. “Sono dispiaciuta, perché per persone come me è un problema enorme. Viviamo in montagna e abbiamo sempre bisogno. Ci dobbiamo spostare tra Pozzilli, Isernia, Campobasso… chi ha figli o parenti ce la fa, anche con sacrifici. Ma chi non ha nessuno?” Una domanda semplice, terribile, che resta sospesa nell’aria senza risposta. C’è chi ricorre all’amara ironia citando Dante: “Lasciate ogni speranza voi che entrate”. Clemente, ex dipendente Telecom con la moglie invalida, scuote la testa: “Sono malato anch’io. Non ci sono parole”. E ancora Enzo, artigiano in pensione: “Non abbiamo una reazione, un sussulto. Ci chiudono come topi nella buca e nessuno reagisce”, dice ai microfoni della Tgr Molise.

Le storie si intrecciano e raccontano tutte la stessa realtà: chi ha potuto si è curato altrove, chi no è rimasto con la paura. “Mi sono operato in Romagna, dove vive mio figlio – aggiunge Clemente – ma ora devo tornare a fine mese per un controllo. Qui non ho alternative”. E infine la rabbia amara di un anziano: “Abbiamo pensioni basse, i nostri figli lavorano, i mezzi di trasporto sono pochi e scadenti. Diteci voi come si fa. Ma stiamo scherzando o cosa?”.
La chiusura dell’ospedale Caracciolo non è una questione di numeri o di bilanci. È un colpo al cuore delle comunità di montagna, che vedono frantumarsi un presidio vitale. Non si tratta solo di sanità, ma di dignità, di uguaglianza, di futuro.