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  • Sanità nel caos: i commissari Bonamico e Di Giacomo si contraddicono su Agnone. Cosa prevede il decreto Balduzzi

    Durante la trasmissione “Ingresso Libero” andata in onda su Telemolise, i commissari Marco Bonamico e Ulisse Di Giacomo hanno messo in scena un vero e proprio spettacolo di contraddizioni che ha lasciato attoniti telespettatori e addetti ai lavori. In particolare quelli dell’alto Molise. Il sub commissario Di Giacomo si è trovato in evidente difficoltà nel tentare di giustificare scelte che appaiono illogiche e dannose per il territorio. Da un lato ha sostenuto che il decreto Balduzzi, pur con tutti i suoi limiti, rappresenta una garanzia normativa per la tutela della salute pubblica. Dall’altro, con disinvoltura disarmante, ha ammesso l’intenzione di trasformare l’ospedale Caracciolo di Agnone in un semplice ospedale di comunità. La contraddizione è evidente e clamorosa. Lo stesso decreto Balduzzi che Di Giacomo invoca come salvaguardia prevede espressamente la possibilità per ogni regione di istituire un “ospedale di area particolarmente disagiata”, status attualmente in carica al San Francesco Caracciolo.

    Una struttura che deve garantire servizi essenziali di emergenza-urgenza, medicina interna, chirurgia generale, pronto soccorso e diagnostica di base – esattamente ciò di cui necessita un territorio come quello dell’Alto Molise. L’ospedale Caracciolo rappresenta il caso perfetto per l’applicazione di questa normativa: collocato in un’area geograficamente isolata, al confine tra Molise e Abruzzo, serve una popolazione che altrimenti si troverebbe a ore di distanza da qualsiasi altro presidio ospedaliero. Eppure, Bonamico e Di Giacomo sembrano determinati a ridurlo a una mera struttura a gestione infermieristica, privando di fatto migliaia di cittadini di servizi sanitari essenziali.

    La bozza del Piano Operativo Sanitario 2025-2027, già inoltrata ai ministeri competenti, certifica, infatti, nero su bianco questa scelta incomprensibile. Dopo 16 anni di commissariamento, la sanità molisana conferma di aver smarrito completamente la bussola, preferendo logiche ragionieristiche a una programmazione che tenga conto delle reali esigenze del territorio.

    Intanto, le popolazioni dell’Alto Molise e dell’Alto Vastese non restano alla finestra. La rabbia monta di ora in ora, alimentata dalla consapevolezza che questo ennesimo ridimensionamento rappresenterebbe una vera e propria ecatombe sociale ed economica per l’intera area. Non si tratta solo di una questione sanitaria, ma di sopravvivenza per territori già provati dallo spopolamento e dall’abbandono.

    La chiusura de facto dell’ospedale di Agnone significherebbe accelerare un processo di desertificazione che renderebbe queste zone completamente invivibili, costringendo gli ultimi residenti a trasferirsi altrove. La vicenda dell’ospedale Caracciolo è emblematica di come la burocrazia romana, supportata da commissari evidentemente poco attenti alle specificità territoriali, stia condannando le aree interne a un lento declino. Mentre si spendono fiumi di parole sulla necessità di contrastare lo spopolamento, nei fatti si adottano scelte che accelerano questo fenomeno. Le contraddizioni emerse durante la trasmissione televisiva non sono episodi isolati, ma il sintomo di una gestione confusionaria che da anni caratterizza la sanità molisana.

    “I cittadini dell’Alto Molise meritano chiarezza e, soprattutto, il rispetto di leggi che già esistono e che potrebbero garantire loro il diritto alla salute” scrivono i comitati sui social. La partita è ancora aperta, ma il tempo stringe. Le popolazioni locali hanno dimostrato di non essere disposte ad accettare passivamente questo ennesimo schiaffo. La loro mobilitazione potrebbe essere l’ultima chance per salvare non solo un ospedale, ma l’intero futuro di un territorio che rischia di scomparire dalla cartina geografica italiana.

    Cosa prevede il decreto Balduzzi – E’ stato approvato ed è entrato in vigore il 14 settembre 2012, per poi essere convertito in legge l’8 novembre 2012 con la legge n. 189. prende il nome dal Ministro della Sanità del governo Monti, Renato Balduzzi nato a Voghera nel 1955. Le disposizioni specifiche per gli ospedali di area particolarmente disagiata sono contenute principalmente nel DM 70/2015 (decreto ministeriale 2 aprile 2015, n. 70), che deriva dal decreto Balduzzi e definisce gli standard per la riorganizzazione della rete ospedaliera.​ Gli ospedali di area particolarmente disagiata sono presidi ospedalieri situati in zone montane o insulari che distano oltre 90 minuti dai centri Hub o Spoke di riferimento, o 60 minuti da ospedali con pronto soccorso, e che insistano su bacini di utenza inferiori agli 80.000 abitanti. I criteri includono:​ distanza media dei comuni dell’area dal centro Hub o Spoke di riferimento di 60 minuti; Comuni con altitudine media superiore a 700 metri o situati in piccole isole; presenza di condizioni di viabilità disagevole; avversità di condizioni meteorologiche; bassa densità abitativa con dispersione territoriale​. Per questi presidi ospedalieri, il decreto prevede dotazioni specifiche adatte alle condizioni di disagio territoriale: Pronto Soccorso che deve essere presidiato da un organico medico dedicato all’Emergenza-Urgenza, inquadrato nella disciplina specifica prevista dal D.M. 30 gennaio 1998 (Medicina e Chirurgia d’Accettazione e d’Urgenza), integrato alla struttura complessa del DEA di riferimento.​ Reparto di Medicina generale con 20 posti letto con un proprio organico di medici e infermieri.​ Una chirurgia elettiva ridotta che effettua interventi in Day Surgery o eventualmente in Week Surgery, con possibilità di appoggio nei letti di medicina (con obiettivo massimo del 70% di occupazione dei posti letto) per i casi che non possono essere dimessi in giornata.​ Inoltre devono essere garantiti laboratorio analisi di base, radiologia con lettura degli esami a distanza, emoteca, e la possibilità di eseguire indagini radiologiche con trasmissione di immagine collegata in rete al centro hub o spoke più vicino. Il decreto prevede che nelle aree disagiate possano essere mantenuti punti nascita con meno di 500 parti annui, purché vengano mantenuti standard di qualità e sicurezza, con personale ostetrico, medico ginecologico e pediatrico in rotazione collegato all’HUB/SPOKE di riferimento.

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