“Continua a crescere il divario economico e sociale tra Sud e Nord Italia. Una forbice che invece di stringersi continua ad allargarsi, al netto dei vari annunci dei politici fatti ad ogni tornata elettorale”. Questa una delle affermazioni più imbarazzanti che si possono leggere nel rapporto annuale della SVIMEZ, l’Associazione per lo Sviluppo dell’Industria nel Mezzogiorno, che ogni anno presenta il quadro della situazione nelle regioni meridionali in confronto con le regioni del centro-nord.
“Un Paese diviso e diseguale – aggiunge la Svimez – dove il Sud è alla deriva e scivola sempre più nell’arretramento: nel 2014 per il settimo anno consecutivo il Pil del Mezzogiorno è risultato ancora negativo (-1,3%) e nello stesso tempo addirittura il 62% dei meridionali guadagna meno di 12mila euro annui contro soltanto il 28,5% del Centro-Nord”.
“Nel 2014 – sottolinea la Svimez – i posti di lavoro in Italia sono cresciuti di 88.400 unità, tutti concentrati nel Centro-Nord (133mila). Il Sud, invece, ne ha persi altri 45mila. Ancora peggio se si osserva l’occupazione delle giovani donne under 34: a fronte di una media per il centro-Nord che arriva al 42,3% e di una europea del 51%, il Sud si ferma al 20,8%”.
Analizzando i dati per regione notiamo le gravi difficoltà in cui si trovano Calabria, Puglia e Campania, che hanno la maggior parte degli indicatori addirittura inferiori alla media delle regioni meridionali, mentre Basilicata, Abruzzo e Molise, li hanno quasi tutti superiori alla media del meridione. Ad esempio il PIL per abitante del Molise è di 18.222 euro, mentre quello medio arriva solo a 16.976; quello più elevato è dell’Abruzzo (22.927, ben 5mila euro più della media) e quello più basso è della Calabria (15.807).
Il titolo di peggiore esportatore tocca proprio al Molise che negli ultimi anni ha avuto una forte riduzione dei già miseri valori: -6,1% nel 2012, -10,2% nel 2013, -9,7% nel 2014.
L’aspetto più negativo creato dalla crisi economica si è manifestato nel lavoro: mentre il centro-nord ha avuto nel 2014 un tasso di occupazione pari a 63,3, il meridione ha raggiunto un valore di appena 41,8, suddiviso in 53,4 per l’occupazione maschile e 30,3 per quella femminile. Il Molise ha avuto un tasso di 48,5 (57,9 per i maschi e 38,9 per le femmine) a seguito di un leggerissimo aumento degli occupati di appena 1500 unità. La regione con il più elevato tasso di occupazione è stata l’Abruzzo, con un valore di 53,9; di contro, Sicilia, Campania e Calabria hanno avuto i valori più bassi (rispettivamente 39,0 – 39,2 – 39,3).
All’opposto, la disoccupazione è risultata molto più elevata al Sud: a fronte di un tasso di disoccupazione di 9,4 per il centro-nord, il meridione ha avuto un valore più che doppio di 20,7 (19,1 maschi e 23,3 femmine). Il Molise si è attestato a 15,2 (15,1 maschi e 15,3 femmine) superiore al tasso dell’Abruzzo (12,6), ma inferiore a quello più alto raggiunto dalla Calabria (23,4).
Per quanto riguarda la disoccupazione giovanile d’età inferiore a 24 anni il tasso del centro-nord è stato di 35,5, mentre quello del meridione è stato di 55,9, ben 20 punti più elevato. Il Molise si è fermato a 49,3 mentre l’Abruzzo soltanto a 47,4 ed il peggiore è stato ancora quello della Calabria: 59,7. L’aspetto più preoccupante in questo campo dei dati della Svimez è che negli ultimi anni la disoccupazione giovanile è progressivamente aumentata su tutto il territorio nazionale, quindi sia al centro nord che nelle regioni meridionali. In Molise, ad esempio si è avuto un tasso di 41,9 nel 2012, di 48,9 nel 2013 e di 49.3 nel 2014. Cosa sarà dei nostri giovani in futuro? Teniamo presente che nelle regioni meridionali circa il 37 per cento dei giovani tra 15 e 34 anni non studia e non lavora. Questa percentuale in Molise scende al 30% mentre in Abruzzo è inferiore al 25%. Nello stesso tempo, però, è molto elevata la quota di emigranti in possesso di laurea: 33,4% di molisani e 33,9% di abruzzesi il che significa che le famiglie investono cifre consistenti i cui benefici andranno a favore di altri.
Infine il Rapporto SVIMEZ ha studiato la povertà relativa ed ha notato che la percentuale di famiglie povere si ferma appena al 5,3% nel centro-nord mentre arriva al 21,1% nel meridione; in Molise si arriva al 19,3% ed il valore più basso è dell’Abruzzo (12,7%) e quello più elevato è della Calabria (26,9%). In questo quadro generale continua a diminuire il numero delle nascite, che vede il Molise con un tasso di 7,0 seguire la Sardegna (6,9) e precedere la Basilicata (7,1), mentre la popolazione invecchia e provoca l’aumento del tasso di mortalità che vede il Molise attestato all’11,3 seguito dall’Abruzzo con un indice del 10,8. Sul fronte delle nascite, la Svimez prevede che il Sud sia destinato a perdere 4,2 milioni di abitanti nei prossimi 50 anni anche per effetto della forte emigrazione tanto che, dal 2001 al 2014, sono migrate dal Mezzogiorno verso il Centro-Nord 744 mila persone, di cui 526 mila under 34 e 205 mila laureati.
Questo quadro è fortemente preoccupante: le regioni meridionali continuano ad essere preda di una crisi profondissima di cui non si vede la fine, ma la politica appare impegnata in altre “faccende” quindi non se ne accorge. Nel complesso il Molise, pur mostrando segni di peggioramento generale, per il momento regredisce ad un ritmo inferiore a quello delle altre regioni.
In questo quadro generale i 12 paesi che componevano la Comunità Montana Alto Molise si caratterizzano con un ulteriore calo della popolazione residente che nei tre anni trascorsi dal censimento del 2011 è diminuita di 382 unità, cioè del 3,1%. Ulteriore preoccupazione generano i dati relativi al movimento naturale della popolazione, infatti il tasso medio di natalità di questi paesi è di 5,8, contro il valore regionale di 7,0, ed il tasso medio di mortalità arriva a 17,9, contro l’11,3 regionale. Insomma viene confermato l’inarrestabile spopolamento dell’Alto Molise, che denunciamo da molti anni, con la fuga dei giovani, e questo provoca l’invecchiamento della popolazione con ripercussioni inevitabili sulle nascite, in diminuzione, e sulle morti, in aumento.
Ci sarebbe molto da lavorare, ma chi se ne preoccupa?
Luciano Scarpitti – Presidente Associazione “Il Glicine”