Una lettera aperta per ringraziare i suoi ragazzi che gli hanno dato e insegnato tanto. E’ quella che Francesco Mazziotta, docente di filosofia del liceo Scientifico Giovanni Paolo I, in pensione da quest’anno, ha inteso inviare a l’Eco online per esprimere i suoi pensieri, le emozioni, la gratitudine verso i tanti alunni incontrati durante il cammino professionale. Si tratta in una cavalcata appassionante che ripercorre l’ insegnamento, i viaggi, le attività svolte, l’intenso rapporto vissuto con gli studenti. Solitamente sono i ragazzi che ossequiano i docenti, nel caso di Mazziotta avviene il contrario a dimostrazione, se ce ne fosse bisogno, della grandezza di un uomo al quale si può dire solo che GRAZIE per quanto fatto.
LA LETTERA
Carissimi alunni ed ex alunni del Liceo Scientifico “Giovanni Paolo I” di Agnone, giunto al capolinea del mio percorso di docente di Storia e Filosofia, non riesco a fare a meno di rivolgervi un saluto, comunicandovi le seguenti riflessioni.
Innanzitutto vi ringrazio per quanto mi avete dato. L’insegnamento vero infatti non è mai a senso unico dall’alto in basso, dal docente all’allievo, ma ha una struttura orizzontale e circolare. Già Paulo Freire, noto pedagogista brasiliano, sosteneva che “nessuno educa nessuno: ci si educa insieme attraverso la mediazione del mondo”.
Il docente che si pone in rapporto agli allievi su un piano comunitario e dialogico, nel fornire loro gli strumenti della crescita umana, intellettuale e cognitiva, mentre educa, viene a sua volta educato da loro.
È proprio questa prospettiva democratica che mi ha permesso di considerare l’aula scolastica sede privilegiata per una pratica attiva di libertà.
La libertà vera del resto consiste nel trasferire le coscienze dalla condizione umiliante di oggetto a quella di soggetto.
L’oggetto subisce le azioni altrui, viene plasmato dalla società, con i suoi mezzi di comunicazione, i martellanti messaggi pubblicitari, con i suoi modelli di vita, i suoi paradigmi, i suoi schemi conformistici, con la sua studiata tendenza ad addomesticare le coscienze rendendole passive e ciecamente obbedienti. Il soggetto è attivo, non subisce passivamente le decisioni altrui, partecipa alla vita comunitaria, è intellettualmente autonomo e capace, se necessario, di esprimere il proprio dissenso.
In tanti anni di insegnamento non sono mai riuscito a prescindere da questa prospettiva dialogica, che mi ha portato a considerare il lavoro di docente tra i più belli del mondo e a vivere con entusiasmo il mio rapporto con voi studenti, a mettervi sempre al centro, perché veri soggetti nei processi educativi e didattici. Siete voi l’anima e il motore della scuola. Senza di voi la scuola non ci sarebbe.
Ed è in questa prospettiva che ho operato per fare di voi tante “teste pensanti”, educandovi a non essere mai pavidamente e ipocritamente neutrali dietro lo scudo del più forte, ma sempre schierati dalla parte del debole, di chi non conta, di chi non ha voce ed è calpestato nella sua dignità e nei suoi diritti.
Con questo spirito sono stati organizzati i viaggi a Nomadelfia, comunità presso Grosseto, fondata da don Zeno Saltini, dove il denaro non è al primo posto, non c’è proprietà privata e non ci sono né servi né padroni, ma fratelli che cercano di vivere in concreto stili di vita e valori ispirati alle comunità cristiane primitive.
La scuola italiana di oggi ha tanto bisogno di spirito comunitario: essa si è troppo inaridita nella burocratizzazione e spesso rassomiglia a un tribunale che giudica in base a un sistema valutativo complesso e fiscale, in cui, per giunta, l’utilizzo di parole tecniche quali ‘crediti’ e ‘debiti’, ricalca il linguaggio delle banche e la logica del mercato, onnipresente nel nostro mondo, sottomesso al potere finanziario.
È questo ciò che vogliono: fare della scuola un’azienda, in cui ciò che conta è l’efficienza, non la persona, la paura non la fiducia, la quantità non la qualità, la produttività non la profondità, la fretta di chi esegue senza pensare, non la lentezza della coscienza in formazione, da cui fiorisce il pensiero critico e l’agire consapevole.
Ai docenti non tanto si chiede di insegnare, di amare i propri alunni, di creare un clima sereno sul piano relazionale – presupposti indispensabili per una “buona scuola” – quanto di giudicarli, mediante il ricorso continuo a meccanismi burocratici, griglie di valutazione, certificazione di competenze, o mediante la somministrazione di test, quali le prove INVALSI, che hanno la pretesa di essere oggettive, ma che finiscono con il finalizzare il sapere a obiettivi di tipo aziendalistico riducendolo a merce e togliendo ad alunni e docenti quanto la scuola ha di più bello, cioè il tempo e il gusto dell’approfondimento e del dialogo.
Iniziative e progetti che ho proposto nel corso degli anni – e che ho potuto realizzare anche per la disponibilità dei dirigenti scolastici, dei colleghi e del personale non docente, che tutti ringrazio di cuore – miravano a mettere voi studenti di fronte a tematiche decisive del mondo contemporaneo o ad approfondire personalità significative e divergenti, capaci di vivere con coerenza radicale la fede negli ideali, pagando di persona fino a dare la vita.
In quest’ottica, fin dagli anni iniziali del mio insegnamento, veniva preparato e realizzato un lavoro teatrale su Socrate con il contributo di alunni di diverse classi; inoltre, prima della caduta del muro di Berlino, mentre incombeva la minaccia atomica sull’umanità, per il dispiegamento di missili a testata nucleare da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica, veniva allestita una “Mostra della pace”. In altri periodi, veniva preparata una seconda rappresentazione teatrale su Socrate, quindi una su don Lorenzo Milani; i copioni venivano scritti in parte con il metodo della scrittura collettiva. I temi della nonviolenza e della pace venivano trattati in un musical (realizzato in occasione della prima guerra del Golfo, 1991) e in alcuni volumetti, quali Gandhi: una vita per la pace (1996); La pace che vorrei (2004), pubblicati grazie all’impegno collettivo degli studenti di alcune classi. Non mancavano poi la partecipazione ricorrente alla marcia della pace Perugia-Assisi, l’elaborazione di un video sulla pace e iniziative di volontariato, mediante l’allestimento di banchetti del Commercio Equo e Solidale. Veniva pubblicato un libro a carattere storico: Razzismo e antisemitismo in Italia sotto il fascismo (2002), un altro concernente gli stili di vita: Giovani per la sobrietà (Edizioni Qualevita, 2010). Lo scorso anno alcune classi partecipavano con risultati ottimali a un concorso sulla storia del Molise, presentando due video su Celestino V e sul brigantaggio nel Molise. Tra le attività svolte negli ultimi anni, conviene menzionare il progetto “Educazione alla legalità: la mia scuola per l’ambiente”, finalizzato al risparmio energetico e alla raccolta differenziata dei rifiuti negli edifici scolastici.
Con lo stesso spirito dialogico, di tanto in tanto ho avuto modo di invitare a scuola personalità significative del panorama socio-culturale e religioso contemporaneo, per permettere a voi studenti una formazione centrata sulla concretezza delle scelte di vita, sul confronto costruttivo, sull’approccio critico alla realtà, che solo l’esperienza vissuta e la testimonianza coerente possono dare.
Su questa base l’educazione alla cittadinanza attiva e i riferimenti alla Costituzione italiana – la cui difesa oggi è vitale per la democrazia – sono diventati parte integrante del programma di storia. Spero che tutto ciò sia servito a comprendere quella che per don Milani e i suoi ragazzi, nella scuola di Barbiana, era la motivazione di fondo per studiare, come recita Lettera a una professoressa: ‹‹Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la politica, sortirne da soli è l’avarizia››. Dunque, cari giovani, la politica, nel suo significato più nobile, non è intesa come strumento di potere, ma come il contrario dell’avarizia, dell’egoismo, cioè come partecipazione, insieme con gli altri, alla soluzione dei problemi della polis, della città, per far sì che la comunità possa migliorare con il contributo di tutti e diventare più giusta, più solidale, meno corrotta.
Questi valori hanno ispirato costantemente il mio insegnamento, nella consapevolezza che una scuola che guarda solo al passato e non forma cittadini sovrani, capaci di partecipare alla costruzione di un mondo migliore per il futuro, rinuncia al suo compito fondamentale. All’insegna di questi valori voglio salutarvi, ricordando che per me davvero siete stati e siete importanti: costituite il prolungamento della mia famiglia. Perdonatemi se non sempre sono riuscito a farvelo percepire.
Anche se vi lascio, continuerete a far parte del mio vissuto, della mia storia; e questa non si può cancellare. Quindi continuerete a far parte della mia vita.
Vi voglio bene e vi porterò sempre nel cuore.
Francesco Mazziotta
(nelle due foto il professor Francesco Mazziotta con gli studenti della V e IV sezione A del liceo scientifico G.Paolo I)