• Editoriale
  • Costituzione Italiana: si o no alla riforma

    Quando nella auletta di Montecitorio, per la prima volta dopo la parentesi triste del fascismo, si riunirono i deputati costituenti e cominciarono a pensare – sotto la guida di Umberto Terracini  (di quella commissione faceva parte anche un molisano, Francesco Colitto) come potevano affrontare i problemi di un primo assetto costituzionale  che appariva rivoluzionario rispetto ai vecchi e logori assetti del fascismo, che aveva prodotto lutti e sciagure di ogni genere, la prima cosa che si chiesero, sotto l’influenza di illustri giuristi, tra cui Arturo Carlo Iemolo, leggendario titolare della cattedra di Diritto Ecclesiastico a La Sapienza di Roma, Piero Calamandrei, avvocato, storico fondatore del Partito d’Azione, Palmiro Togliatti, Giulio Andreotti e tanti altri, che per ragioni di spazio non cito –     come dovesse essere la Costituzione : innanzi tutto si pensò ad una Costituzione rigida ed assai difficilmente riformabile nel  tempo sia pure con le dovute cautele ovvero attraverso filtri rigorosissimi di controllo e soprattutto di esame da parte dei partiti politici sovrani, e tutti, indiscutibilmente, concordarono  che la Costituzione potesse, nel futuro, essere riformata. E, dopo la sua promulgazione, già si presentarono i primi nodi, piuttosto impervi, da risolvere e da revisionare.

    L’Italia ha un Parlamento, formato  da due Camere: il Senato della Repubblica (315 senatori)  e la Camera dei deputati (635 deputati): un Parlamento, quindi, di mille persone circa, cui debbono aggiungersi i deputati  delle 20 regioni italiane, tra le quali cinque a statuto speciale (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna), contro una popolazione di 60 milioni di abitanti circa. Abbiamo poi il Presidente della Repubblica con poteri abbastanza limitati e controllati e tutta una serie di Istituzioni a latere, di controllo, come ad es., la Corte Costituzionale.

    La Germania con 82 milioni circa di abitanti, possiede circa 630 deputati. Il sistema legislativo tedesco prevede la presenza, oltre al Bundestag, anche del  Bundesrat, il Consiglio federale: si tratta di  un sistema che per quanto riguarda le leggi federali  è simile  a quello bicamerale in uso in Italia, tranne per la funzione della seconda camera che, a differenza di quella italiana, non è in nessun modo rappresentativa delle autonomie locali, ma svolge solo la funzione di Camera di “riflessione”.

    La Francia con 66 milioni di abitanti circa ha un ordinamento politico con una Camera dei Deputati (Assemblee nationale) di 577 membri, e un Senato (Senat) composto di 331 Senatori. Il potere legislativo del Senato è limitato ; l’Assemblee Nationale  ha l’ultima parola in caso di disaccordo tra le Camere. Il Governo è, comunque, di natura presidenziale.

    L’Inghilterra con 64 milioni circa di abitanti è a regime monarchico e si compone anch’essa di due camere:la camera dei comuni  con 654 membri e con 645 collegi e la Camera dei Lord con funzione di esame  e approvazione delle leggi, dividendosi, questa, in lord spirituali  (ecclesiastici) e  lord temporali (conti, baroni ecc.). Il tutto ruota naturalmente attorno alla figura della regina  che è la suprema guardiana della Costituzione.

    Gli Stati Uniti d’America  che comprendono 52 stati, gli ultimi aggregati l’Alaska e le Hawaii e 325 milioni di abitanti circa, sono una Repubblica federale nella quale  il potere politico è condiviso tra  il Presidente  degli Stati Uniti, il Congresso  e le corti giudiziarie federali. Allo stesso tempo il Governo federale condivide la sovranità politica  con i Governi  dei singoli stati che compongono gli Stati Uniti d’America. E’ la costituzione a declinare la struttura del Governo federale. L’antico assetto costituzionale  risale ad oltre due secoli fa ed è rimasto  rigidamente immutato. Gli Stati Uniti hanno un Senato di appena 100 senatori, così rimasto il numero (due per ogni Stato), nonostante  l’aumento  a 52 del numero degli States.

    La Russia, invece,  con oltre  144 milioni di abitanti circa, senza contare gli stati federati, alcuni dei quali usciti dalla  unione russa, come la Georgia, gli stati Baltici aggregati all’Europa, l’Ucraina, l’Azerbaijan ed altri. Con la sua Duma  nazionale ha 350 deputati.  Il consiglio  della federazione russa, invece,  ha 170 membri.

    Tralasciamo naturalmente gli assetti di governo degli altri stati del mondo tra i quali l’India, la Cina, la Corea, le Filippine, gli stati africani, l’Australia, il sud America, perchè disomogenee sono le strutture che li governano e rimanendo nell’ambito dell’Europa  e tralasciando gli Stati inferiori, essendo variabili il numero  delle rappresentanze parlamentari, l’Italia rimane  uno stato anomalo per il numero e la complessità delle rappresentanze  parlamentari  e naturalmente il costo relativo  al mantenimento di esse e per la complessità nel processo  di formazione delle leggi.

    L’Italia, allo stato, come già detto, ha due Camere di pari importanza, con 20 consigli regionali , di cui cinque a statuto speciale e con 60 milioni circa di abitanti .

    Le disparità sono evidenti  ed obiettivamente inaccettabili in uno Stato che deve continuamente a fare i conti  con le proprie finanze in entrata e in uscita.

    La situazione è abbastanza chiara, essa si regge su una impalcatura che ha 70 anni,  che risente inevitabilmente della usura, della sua rigidità in molte parti deformata, su cui il Governo  non è riuscito mai a mettere seriamente le mani, nonostante i molteplici tentativi di riformarla attraverso la istituzione di commissioni e sottocommissioni destinate a tracciare un quadro sostenibile di riforma.

    La più importante delle assemblee deputate alla grande  riforma, fu quella che vide come Presidente Massimo D’Alema e che successivamente dovette arrendersi ai veti incrociati che venivano dall’opposizione e dalla maggioranza.

    Fu, quella, un’epoca particolarmente tumultuosa che portò alla rapida caduta di D’Alema e a segnare un nulla di fatto nel processo di riforma.

    Ci furono battibecchi tra D’Alema, Berlusconi ed altri elementi politici della nostra Italia ma il tutto rimase un chiuso, ottuso e spesso insultante dibattito.

    Intanto, nascevano, da allora ad oggi, soggetti politici nuovi, inquieti, spesso anche incapaci di avere una visione magistrale delle linee di riforma, in particolare in materia di autonomie locali, di trasferimenti soprattutto nella materia prevista dall’art.117 della Costituzione, sì da rendere spesso la situazione magmatica e confusionaria.

    Inoltre, si sta verificando, sotto le tensioni che ha creato il tentativo di riforma messo in opera da Renzi ed ideato dalla Ministra Boschi, una maledetta confusione ed una instabilità che è praticamente sotto gli occhi di tutti: forze politiche che si sgretolano, come Forza Italia, oscure manovre di palazzo, come ad es, la ignota o non identificabile natura della recente visita di Berlusconi al Quirinale : insomma il dramma di una oscillazione tra destra e sinistra, turbamenti profondi delle coscienze, di un maledetto pendolo di Foucault, che non trova i modi e i tempi per stabilizzarsi su un ago o un altro, dell’intrecciato diagramma politico italiano.

    Intanto, Matteo Renzi esulta a New York, a Bruxelles, in Germania, in Francia, per quella che considera come la più grande riforma della Costituzione dal primo dopo guerra ad oggi, e la sua più grande vittoria, sbeffeggiando i nemici – ex amici – pavoneggiandosi dei risultati, in effetti eclatanti, ottenuti con la sua visita nella sala ovale della White House di Washington, sedendo a fianco di Obama nella scrivania che fu di J. F. K , di Nixon, di Carter, di Reagan, di Bush (padre e figlio), di Bill Clinton ed oggi di Obama.

    Si è, così, ingenerato, proprio in questi giorni, un traffico, incredibile di idee, con passi avanti e indietro e persino di lato, che sottraggono al cittadino italiano la possibilità di vederci chiaro.

    Attendiamo il 5 dicembre con una trepidazione che, come ha acutamente notato qualcuno, tra i grandi contraddittori di Renzi, ha qualcosa di assimilabile alla grande campagna del 1946 .

    di Franco Cianci

     

     

     

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