Rapino: «Più che la diminuzione dei cinghiali Sorrentino teme quella delle tessere».
Il fotografo naturalista, che con le sue dichiarazioni in merito alla scarsa efficacia della braccata in termini di contenimento della specie cinghiale ha innescato una ridda di commenti e polemiche sul web, ribatte alle dichiarazioni del leader nazionale dell’ArciCaccia, Sergio Sorrentino.
Di seguito, dunque, pubblichiamo la nota di Dario Rapino in replica all’ArciCaccia nazionale.
«A volte butti un sasso nello stagno per vedere l’effetto che fa, come diceva una canzone di Jannacci. Certo non immaginavo che il mio “sasso” gettato nell’acquitrino immobile e marcescente della caccia al cinghiale provocasse, anziché piccoli cerchi, un vero e proprio tsunami. Perché accade che il Presidente provinciale di Arci Caccia, Angelo Pessolano, sposa le mie tesi, quelle di un ambientalista appassionato di fotografia, ribadendo che una delle cause principali della proliferazione incontrollabile dei cinghiali risiede esattamente nella tecnica di caccia cosiddetta in braccata, la quale, provocando la destrutturazione branco, induce questi ungulati a riprodursi in modo esponenziale. Niente di rivoluzionario, per carità, Pessolano non fa che ribadire quanto ormai acquisito dalla scienza etologica da decenni. Insomma la scoperta dell’acqua calda, che però non può che far piacere, siccome proveniente dal mondo venatorio. Al rappresentante chietino di Arci Caccia ha però immediatamente somministrato una tirata d’orecchie nientepocodimenoche il leader nazionale della stessa Associazione, Sergio Sorrentino, il quale, lungi dal contestare la verità scientifica in discussione, si appella ad una non meglio precisata “tradizione” italica, che vedrebbe nella braccata l’unica, vera forma di caccia al cinghiale. Caro Sorrentino, le tradizioni in queste materie stanno come il due a briscola: anche i romani “per tradizione” davano i cristiani in pasto ai leoni o, per stare ad oggi, anche gli spagnoli “per tradizione” matano i tori tra fiotti di sangue. La civiltà e le conoscenze, grazie a Dio, fanno progressi ed è per questo che non si viaggia più in calesse. Il presidente nazionale dell’ArciCaccia ci conferma, semmai ve ne fosse ancora bisogno, che le associazioni venatorie sono caste chiuse ed autoreferenziali, prive di ogni interesse verso le politiche ambientali, destinate ad estinguersi come i dinosauri. Sorrentino è la prova provata che ai cacciatori poco o nulla importa della diffusione a macchia d’olio dei cinghiali, dei danni che arrecano alle colture ed alle persone: a loro importa esclusivamente dar fuoco alle doppiette e la caccia in braccata garantisce loro il giocattolo vita natural durante, e poco importa che tra le vittime della braccata ci siano, oltre ai cinghiali, anche decine di cacciatori ogni anno».