Nonostante le più frequenti malattie infiammatorie dell’apparato respiratorio non richiedano alcuna terapia, ma solo un po’ di pazienza, si continua a fare un uso indiscriminato dell’aerosol. Un fenomeno, questo, del tutto italiano. Fatta eccezione per malattie molto rare, infatti, sono soltanto due i casi in cui è scientificamente corretto l’uso dell’aerosol: l’asma bronchiale e la laringite acuta (o croup).
Quanto farmaco arriva ai polmoni?
Bisogna sapere che, del farmaco che mettiamo nell’ampolla insieme alla soluzione salina, solo una parte (inferiore al 10-12%) raggiunge i polmoni; il resto si deposita nella gola, viene inghiottito, assorbito dal tubo digerente e inattivato durante il suo passaggio attraverso il fegato. La frazione che arriva ai polmoni è addirittura inferiore al 5% nei bambini sotto i 5 anni e arriva solo al 3% in quelli di 1-2 anni.
Non sempre innocuo
L’aerosol, oltre a essere usato a sproposito e funzionare poco, non è neanche innocuo come si crede. L’impiego indiscriminato dei cortisonici e dei broncodilatatori per inalazione, infatti, spesso causa candidosi (un fungo che si manifesta nella bocca con membrane biancastre), voce rauca, tremori e tachicardia, fino ad arrivare all’ostruzione dei bronchi, cioè la loro chiusura causata da una terapia che voleva ottenere il risultato opposto, ossia la loro dilatazione. Ne parleremo in modo approfondito insieme al pediatra Paolo Moretti sul prossimo numero di UPPA