È stato costituito in Molise il comitato spontaneo denominato “Autonomia differenziata, l’Italia che non vogliamo” con lo scopo d’impedire che il DDL 615, proposto dalla Lega e appoggiato da tutta la maggioranza del Governo Meloni, diventi definitivamente legge dello Stato italiano.
In una nota stampa del comitato, si legge: «Dopo l’idea di una secessione progettata da Bossi e Miglio ora una borghesia miope ed egocentrica propone che le Regioni possano richiedere in maniera differenziata potestà legislativa e gestionale attraverso una contrattazione con lo Stato su possibili ventitré materie alcune delle quali riguardano servizi concernenti diritti fondamentali dei cittadini come l’istruzione e la tutela della salute.
Già la differenziazione della gestione di tali prestazioni a livello di singole Regioni lede il diritto all’eguaglianza dei cittadini previsto nella Costituzione Italiana e lascia chiaramente intravvedere i termini per un’impugnazione del Disegno di Legge presso la Corte Costituzionale.
Hanno scritto che bisogna definire i Livelli Essenziali delle Prestazioni previsti per 14 delle 23 materie di gestione autonoma regionale e garantirli equamente sul territorio nazionale, ma abbiamo tutti un po’ di memoria e di saggezza per attenzionare l’opinione pubblica sull’aggettivo dai possibili equivoci “essenziali” al posto di “uniformi” e su eventuali scelte che i servizi vengano definiti a un livello talmente minino da non assicurare più diritti essenziali in maniera omogenea e qualitativamente efficiente a tutti i cittadini e sull’intero territorio nazionale.
Abbiamo vissuto l’esperienza dei Livelli Essenziali di Assistenza nella sanità per avanzare tali timori perché rammentiamo bene cosa sono stati durante la pandemia e sono tuttora i servizi per la tutela della salute nella maggior parte delle Regioni.
Oltretutto anche una garanzia solo indispensabile delle prestazioni richiederebbe secondo uno studio dello Svimez tra 80 e 100 miliardi di euro che uno Stato indebitato come l’Italia non si capisce dove dovrebbe trovare.
Per le Regioni che non chiederanno l’autonomia differenziata è previsto un fondo perequativo di cui ancora una volta non si determina alcuna consistenza economica.
La frammentazione delle competenze a livello locale creerebbe sicuramente problemi economici e regolativi per aziende con sedi in più regioni, ma anche pericolose disuguaglianze salariali come nella erogazione dei servizi e quindi nell’accesso ai diritti fondamentali
La stessa possibilità di trattenere parte del gettito fiscale sul territorio, senza ancora sapere in quale misura, impedirebbe così una sua equa redistribuzione su tutti i territori creando difficoltà e discriminazioni.
Tutto ciò semplicemente non assicurerebbe più il principio di uguaglianza né l’unità giuridica ed economica del nostro Paese aumentando oltretutto l’apparato burocratico e la disuguaglianza tra i territori con la penalizzazione soprattutto di quelli più poveri.
Tra queste disparità deleteria risulterebbe la differenziazione a livello di istruzione e gravissima la polverizzazione delle politiche di tutela ambientale come dell’immenso nostro patrimonio storico-artistico.
Il Comitato Spontaneo si oppone a tale progetto sciagurato di una borghesia figlia di un capitalismo decadente che ormai vive più di rendite finanziarie attraverso i paradisi fiscali che di lavoro produttivo e mira ora non a un regionalismo solidale ma competitivo per l’appropriazione di potestà legislativa e gestionale in servizi che possano garantire ancora privatizzazioni e profitto.
Le strategie di opposizione a un provvedimento iniquo che è parte di un progetto di costruzione di una società priva dei principi di democrazia, eguaglianza e condivisione riguarderanno in primo luogo il coinvolgimento della popolazione in una riflessione e confronto sul tema in tutte le comunità molisane che lo chiederanno, a partire dai Comuni che saranno vittime anch’essi del regionalismo differenziato; in secondo luogo la richiesta formale al presidente Sergio Mattarella di non firmare il DDL 615 dichiarandone l’incostituzionalità e rinviandolo al Parlamento; infine l’impugnazione dello stesso per profili di incostituzionalità e in ultima istanza la preparazione di una richiesta perché venga almeno sottoposto a referendum».