Sono stati cinque i cani vittime delle esche contenenti il liquido antigelo ad Isernia; cinque cuccioli che per, qualche motivo, sono stati uccisi brutalmente con esche avvelenate. La legge è chiara: abbandonare un’esca avvelenata o somministrare scientemente ad un animale un alimento tossico costituisce reato, tuttavia, come dimostrano le cronache recenti, continua ad accadere. Effettivamente, si tratta di un vero e proprio delitto che, in molti casi, porta gli animali ad una morte lenta e dolorosa. Ma, come può accorgersi il cittadino che Fido è stato avvelenato?
A rispondere è Candido Paglione, dirigente veterinario dell’Asrem – Ambito territoriale di Agnone: «Non è così semplice: ogni tipo di avvelenamento ha la sua sintomatologia, tuttavia la casistica ci dice che le forme di avvelenamento più comuni sono quelle da composti organo fosforati, da organo clorurati (i pesticidi, ndr) oppure da rodenticidi anticoagulanti (esche per topi). Il padrone davanti a casi come questi potrebbe notare scialorrea, ossia salivazione abbondante, associata a coliche addominali con tremori muscolari oppure emorragie dai principali orifizi (orali, anali e vaginali, ndr)» spiega il veterinario. «Addirittura, fino a qualche tempo fa c’era ancora qualcuno che riusciva a procurarsi della Stricnina, un veleno potentissimo che provoca in breve tempo effetti devastanti su vari organi ed apparati portando l’animale alla morte per arresto cardiocircolatorio a seguito di paralisi. In questo caso, la sintomatologia evidenzia contrazioni muscolari violente anche con convulsioni che, appunto, precedono una paralisi progressiva».
Che fare in caso di avvelenamento?
«In base ai sintomi presenti e alla raccolta dei dati anamnestici ci si può orientare sul tipo di sostanza tossica che è stata ingerita dal cane e, conseguentemente, iniziare la terapia più appropriata. Di sicuro occorrerà evitare il fai da te, soprattutto se non si hanno conoscenze scientifiche e farmacologiche adeguate e, quindi, ascoltare tutti i consigli del proprio veterinario di fiducia»
Lei prima parlava di prevenzione e di precauzione: cosa intendeva?
«È evidente che ci sono dei contesti in cui l’avvelenamento ha maggiore probabilità. Ad esempio, nell’ambiente dei cacciatori e dei tartufai dove qualche volta assistiamo, purtroppo, a forme estreme di rivalità per il controllo dei territori con i cani che diventano le vittime inconsapevoli di queste vere e proprie faide» ammonisce Paglione. «Inoltre, laddove ci sono stati degli avvelenamenti, è plausibile pensare che siano nascoste altre esche. In questo caso, mi pare opportuno prestare la massima attenzione, magari portando il proprio cane a guinzaglio e con la museruola, magari verificando che sia stata fatta la bonifica dell’area dove sono avvenuti gli avvelenamenti, proprio come prevede l’Ordinanza del Ministro della Salute del 10 febbraio 2012 sulle esche avvelenate, tutt’ora vigente».
Giovanni Giaccio