«Il cacciatore ha un interesse contrapposto all’eliminazione definitiva del problema cinghiale, all’eradicazione di questa presenza invasiva; al cacciatore interessa mantenere invece quel giusto livello di consistenza della specie, al fine di perpetuare il suo privato divertimento».
Sauro Presenzini, presidente del WWF Perugia, entra a gamba tesa nel dibattito che sta infiammando il mondo venatorio e quello agricolo praticamente ovunque dalle Alpi alla Sicilia. L’emergenza cinghiali è generalizzata, in tutta Italia, e le Regioni stanno tentando di contrastarla con quella che appare lo strumento più economico: utilizzando i cacciatori. Ma è qui che casca l’asino, o meglio il cinghiale, perché secondo il Wwf la caccia, o almeno la braccata, non può essere la soluzione, ma è addirittura la causa stessa del problema.
«Intensificare la caccia al cinghiale, – spiega Presenzini – non è una soluzione, non solo perché non fa altro che premiare chi sta alla radice del problema, ma anche e soprattutto perché crea un vero e proprio circolo vizioso. È stato dimostrato, infatti, con l’esperienza ma anche con studi scientifici, che quanto più è alta la pressione venatoria, tanto più aumenta la fertilità degli animali. La caccia colpisce la popolazione in modo diverso dalla morte naturale, destrutturandola e innescando risposte compensative, tra cui appunto un maggior tasso riproduttivo. Il numero di cinghiali in Italia è in costante aumento e le cause sono legate all’essere umano. Il prelievo concentrato sulle classi adulte, provoca quella che i tecnici faunistici chiamano destrutturazione della popolazione di cinghiali, aumentano esponenzialmente le classi 0 e 1, cioè i piccoli; sono proprio loro a fare più danni all’agricoltura, perché si muovono di più e soprattutto mangiano di più. La tecnica di prelievo denominata “braccata” fa più danni che altro, anche perché disturba l’altra fauna ed è pericolosissima come dimostra la casistica di incidenti, anche mortali. La braccata, essendo un prelievo affatto selettivo, ha come risultato l’abbattimento concentrato sulle classi adulte. Il motivo è intuibile a tutti. Se dal folto della macchia, sbucano inseguiti dai segugi, una scrofa da 100 kg e 6 o 7 cinghialetti da 10-15 kg, un qualsiasi cacciatore sparerà alla scrofa, perché il bersaglio è più grande e dunque più facile da colpire e perché la carne a disposizione sarà molta di più».
Per queste stesse ragioni, dunque, il prelievo con metodi selettivi potrebbe funzionare, perché concentrandosi sulle classi 0 e 1 tende a ricomporre quella destrutturazione dei branchi di cui parlano i tecnici. Insomma, più che la caccia in generale è la braccata a finire nel mirino… forse i cacciatori dovrebbero prendere atto di questo e regolarsi di conseguenza, magari anche mostrando meno ostilità nei confronti delle tecniche di prelievo selettivo.
- alcune delle foto pubblicate sono state tratte dalla pagina facebook del Wwf Perugia