Riconversione, è questa la parola d’ordine, la strada maestra, l’unica possibilità per non veder chiudere definitivamente l’ospedale cittadino e salvaguardare, come ha sottolineato il noto e stimato pediatra Italo Marinelli in sede di Consiglio comunale monotematico, anche i livelli occupazionali.

L’ex primario facente funzioni Paoletti si dice pronto, ragionevolmente, ad accettare la trasformazione in “Casa della salute“. Una conversione quasi obbligata che piace anche a Celeste Del Basso, giovane e brillante chirurga oncologica agnonese che ha lavorato anche all’estero in prestigiosi istituti. Nei giorni scorsi Paoletti e la dottoressa Del Basso avevano incrociato le spade della dialettica, su posizioni diametralmente opposte in merito all’impiego di specializzandi in ospedale; ora pare che tra le due correnti di pensiero ci sia convergenza, proprio sulla riscontrata necessità di accettare una riconversione del “Caracciolo” che non è più rinviabile. Anche perché l’alternativa è chiudere baracca e burattini e mandare tutti a casa.

«Continuare a chiamarlo “ospedale per acuti” è una presa in giro. – sottolinea la dottoressa Del Basso – Invece di chiudere si potrebbe pensare di riconvertire in “Ospedale di Comunità” con Pronto soccorso h24». Al di là della definizione, casa o ospedale di comunità, l’importante sarebbe la concretezza dei servizi erogati da quella struttura.

Servizi che la dottoressa Del Basso riassume così: «Garantire emergenze h24, almeno con pronto intervento su trauma, infarto, ictus, con protocolli rapidi di trasferimento in centri hub. Ambulanza medicalizzata sempre disponibile per i trasferimenti in centro hub. Ospedale di Comunità Post-acuzie: ricoverare i pazienti cronici, i posti letto non mancano, fragili, post-operatori o post-acuti che non necessitano di terapia intensiva. Creare un centro per la riabilitazione motoria, il recupero funzionale e la gestione delle patologie croniche. Questo, in una visione d’insieme, – aggiunge la chirurga – aiuta anche a ridurre i ricoveri impropri negli ospedali più grandi. Telemedicina: creare collegamenti tele-consulto con cardiologi, radiologi, chirurghi degli ospedali più grandi. Servizi territoriali integrati: creare una serie di ambulatori specialistici programmati di patologia per garantire la continuità assistenziale, anche come riferimento per i medici di base».

In questo modo il “Caracciolo” avrebbe anche un «ruolo sociale e politico», chiude Celeste Del Basso, e «ci si potrebbe proporre come progetto pilota per la sanità delle aree disagiate, intercettando fondi Pnrr o regionali».