Abbiamo chiesto al direttore didattico Nicola Iacobone, classe 1931, colto e appassionato decano di Maiella, dove è nato ed ha vissuto tutta la vita, alcune notizie sulla storia di Piazza del Popolo: ne è scaturito un emozionante fiume di ricordi, di aneddoti, di narrazioni che hanno visto intrecciarsi la storia quotidiana con i grandi eventi del secolo scorso. Per comprendere la storia di questa piazza – ci dice il direttore- bisogna partire da una lapide, posta nei pressi dell’incrocio con via Preside Gamberale, che recita “Il Municipio con unanime plauso della cittadinanza consacrando il novello principio educativo nelle scuole Primarie e nella regia scuola tecnica oggi 29 aprile MDCCCC auspice il ministro Baccelli celebra la prima festa degli alberi e inaugura Villa del Popolo”.
Venne apposta nel 1900 quando l’Amministrazione Comunale donò alla città di Agnone uno spazio verde di notevoli dimensioni nella zona di espansione dell’area urbana. Tutto lo spazio che va dall’attuale Piazza del Popolo all’edificio scolastico era una enorme piazza di forma allungata, occupata da tre ville recintate. Quella centrale, la più grande, era provvista di un casotto usato come rimessa per gli attrezzi dal giardiniere Michele di Pasquo, collaboratore del comune addetto a tale attività, grande cultore di fiori e soprannominato “il villaiuolo”. Le altre due ville, unite da una strada, si trovavano una a ovest, verso la Chiesa, l’altra a est. Tra la prima e la seconda villa c’era una fontana.
Che svolgeva più di una importante funzione.
“Era la fonte di approvvigionamento dell’acqua per le necessità domestiche quotidiane. Le ragazze vi si recavano ad attingere l’acqua con la tina di rame sulla testa protette da un rotolo di stoffa, un cercine detto in dialetto spara, gareggiando nell’ abilità di tenerla in equilibrio senza usare le mani. Era anche il modo per mettersi in vista ed incontrare i ragazzi coetanei e scambiare qualche piccolo approccio: un sorriso, un timido saluto, raramente, per i più audaci, una stretta di mano. L’ora di punta era il tardo pomeriggio, ma per tutto il giorno le ville favorivano i rapporti umani e la socializzazione. La fontana assolveva anche al compito di dissetare i numerosi stormi di bambini che giocavano rincorrendosi nel loro regno”.
Com’era il patrimonio botanico?
“Di estrema ricchezza. Si trattava di un vivaio con una grande varietà di fiori e alberi, unica in tutto in Molise, selezionata in modo che mentre una specie appassiva l’altra sbocciava, in una perenne fioritura. I fiori venivano utilizzati dal giardiniere anche per realizzare corone o addobbi da usare in eventi civili o religiosi. Le ville erano arricchite da numerosi alberi, soprattutto abeti; un grande cedro, unico nella regione, è stato perso 20 anni fa per l’inopportuno deposito di sacchi di sale alla sua base. L’area delle ville era densa di profumi balsamici che la rendevano sempre più frequentata. Gli alberi, che ombreggiavano tutto il perimetro della piazza, davano rifugio ad una quantità di uccelli- cardellini, fringuelli, merli- che nidificavano e vivacizzavano il meraviglioso ambiente con il loro canto. A dire il vero c’erano anche altri animali, come i rospi, che comunque erano apprezzati per la credenza che ammazzandone uno venissero cancellati sette peccati. Non era raro lo spettacolo raccapricciante di una serie di rospi impiccati ad un’asta di legno dalla punta aguzza da qualche cacciatore di indulgenze”.
C’erano coltivazioni di ortaggi?
“Assolutamente no. C’erano delle fragole e alcuni ragazzi coraggiosamente scavalcavano la rete per gustarle cercando di eludere l’occhiuta vigilanza del villaiuolo”.
Tra le abitazioni che delimitano la piazza, disposte a schiera e quasi tutte di tipologia agricola a due piani, spicca il palazzo a carattere signorile in cui lei è nato e vissuto.
“Si tratta di una costruzione del 1885, opera del mastro Marinelli. La casa è stata una delle prime costruzioni realizzate in quell’area su un terreno acquistato a caro prezzo dalla famiglia Sabelli. Fu progettata con idee innovative, a cominciare dalla una particolare attenzione alla comodità della scalinata ed all’autonomia dei piani e delle stanze, costituendo negli anni successivi un modello per le abitazioni signorili agnonesi. A piano terra c’erano i laboratori artigianali dove, in una grande stanza, si svolgeva l’attività di calzolaio. Si trattava di una piccola bottega che accoglieva giovani volenterosi desiderosi di apprendere il mestiere. Il mastro era Francesco Iacobone, che come segnale di autorità sui circa quindici apprendisti che collaboravano con lui portava in testa come simbolo di rispetto ed autorità una caratteristica papalina”.
Il direttore ci mostra un elenco di nomi di lavoranti, con storici cognomi agnonesi: Tavarozzi, Miscischia, Di Pietro, Verdone, Bagnoli ed un misterioso “Berlino”. Il più giovane allievo fu Vincenzo De Simone, padre di Pasquale (già vicesindaco di Agnone) e nonno dell’artista Hen-Zo. Erano come le maestranze di una piccola impresa.
“I più giovani cominciavano col raddrizzare i chiodi, detti simiggi; le donne, alla luce di lampade a petrolio, preparavano lo spago con la stoppa e successivamente rifiniti con la cera; il lavoro più delicato era il disegno della scarpa sul cuoio, che veniva tagliato e successivamente assemblato alle suole”.
Sulla piazza affacciavano altre attività produttive?
“C’erano due o tre botteghe di falegnami, una di fabbro e diverse sarte ma l’attività più caratteristica era quella di Antonino Colato che costruiva i carretti, che erano mezzi di trasporto paragonabili agli attuali autoveicoli. Il momento più delicato, che ricordo nitidamente ancora oggi, era quando sulla grossa ruota di legno si doveva inserire il cerchio dilatato di ferro rovente realizzato con estrema precisione e maestria”.
In Piazza del Popolo coesistevano le attività produttive, la socializzazione e la bellezza della natura. Non a caso si parla ancor oggi della ‘Repubblica di Maiella’. Come è finito questo piccolo Eden?
“L’evento causale va cercato nelle vicende belliche della seconda guerra mondiale. Dopo l’8 settembre 1943 i tedeschi da alleati diventarono truppe occupanti. Durante la processione di San Deodato arrivò in Agnone un contingente capeggiato da un sidecar che mise in fuga i fedeli che a stento riuscirono a riportare in chiesa la statua del Santo. I tedeschi requisirono diverse case del quartiere ed anche parte della mia abitazione. Ricordo la decisione con cui vinsero la ferma resistenza di mia madre. “Non ci fate sgolare. Domani mattina le stanze devono essere libere!”. I tedeschi mantennero un grande rispetto per l’abitazione. Erano severi, ma corretti. Con l’avanzamento della linea del fronte, ritiratisi i tedeschi sulla linea Gustav, la casa fu occupata dalle truppe inglesi, genieri che si occupavano della ricostruzione dei ponti. La stagione era molto fredda ed i soldati, per scaldarsi, non esitarono ad abbattere molti alberi che poi venivano fatti a pezzi in casa senza alcun riguardo causando gravi danni alla pavimentazione ed alle volte in pietra. Dopo gli inglesi la casa fu requisita dai polacchi che infransero le reti della piazza per occultare i carri armati sotto gli alberi. Partendo nel tardo pomeriggio partecipavano alla battaglia di Montecassino. Terminata la guerra il parco era semidistrutto e, lasciato come fu all’abbandono, divenne mercato di animali”.
Poi fu realizzato l’edificio delle scuole elementari.
“Fu un grande sbaglio poiché Agnone fu privata di un polmone verde cancellando la lungimiranza dei nostri antenati”.
All’edificio scolastico in pietra venne successivamente aggiunta negli anni ’70 una propaggine con funzioni di alula magna e palestra. Nel 2018 fu realizzato il polo scolastico con una ulteriore ristrutturazione; forse trasferire il polo in un’altra sede, come molti proponevano, sarebbe stata l’occasione per far tornare Piazza del Popolo all’antico splendore. Attualmente dell’antica Piazza del Popolo sono rimasti due larghi, uno verso la chiesa di Maiella e l’altro, molto più esteso, in parte occupato da un parco per bambini alla cui manutenzione provvede un gruppo di residenti organizzati nella cosiddetta Repubblica di Maiella, una vivace associazione che promuove attività sociali ed il mantenimento di tradizioni come i giochi popolari in occasione della Madonna della Libera.
La strada su cui affaccia la sua abitazione è stata intitolata al Carabiniere Salvo D’Acquisto.
“E’ stata una scelta condivisa dalla scuola con l’amministrazione comunale quella di fornire alle giovani generazioni l’esempio ineguagliabile di altruismo e dedizione del vicebrigadiere dei Carabinieri che si è sacrificato per salvare un gruppo di civili da un rastrellamento delle truppe tedesche durante la seconda guerra mondiale. In tale occasione la scuola indisse un concorso per la scelta dei migliori elaborati – composizioni scritte, poesie, disegni- in ricordo dell’atto di eroismo”.
La sorte ha voluto che lei diventasse direttore delle scuole elementari costruite in quella che fu la Villa del Popolo che dimostra ancora oggi di amare così tanto. Lei resta “il Direttore” e ricordo perfettamente la sua figura che ci incuteva grande ammirazione, ma soprattutto la sua illuminata visione pedagogica ispirata ai diritti dei bambini. In qualità di allievo non posso che esprimere la mia gratitudine per quello che ha saputo realizzare nel mondo della scuola.
“Posso affermare che, durante i miei 42 anni di servizio, ho sempre considerato la scuola quale comunità educante e organo propulsore di una migliore vita sociale. In un clima di collaborazione, di solidarietà e di aiuto reciproco con gli insegnanti e le famiglie mi sono adoperato per promuovere un sano, armonico, integrale sviluppo della personalità degli alunni”. (foto storiche concesse dal fotografo Antonio Castagnelli)
Italo Marinelli