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  • Emergenza cinghiali: le alternative agli abbattimenti

    Ospitiamo l’intervento di Augusto De Sanctis, membro dal 2004 al 2013 della Consulta venatoria regionale e presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese, noto ambientalista, in merito all’emergenza cinghiali. 


    Alcuni milioni di lire. Tanto costarono, nella testimonianza diretta di Fernando Di Fabrizio, ora direttore della Riserva di Penne, i famigerati ripopolamenti, cinghiali compresi, alla fine degli anni ’70. Approvati dalla Consulta venatoria abruzzese a maggioranza con il voto contrario degli ambientalisti. Oggi, il problema viene affrontato più o meno allo stesso modo. Ad un approccio informato alcuni preferiscono il grido pavloviano “sparare sparare sparare”. In realtà le aspettative del mondo venatorio non coincidono con quelle degli agricoltori, perché “tanti cinghiali=cacciatori contenti=agricoltori scornati”. Nell’ultima nevicata eccezionale, un fattore selettivo efficientissimo nel ridurre il numero di cinghiali, i cacciatori si vantarono di aver dato da mangiare ai selvatici; le riserve non lo fecero. Purtroppo in Consulta venatoria troppo spesso i rappresentanti delle associazioni agricole hanno pedissequamente seguito l’onda venatoria. Il Cinghiale viene cacciato da decenni, con migliaia di animali uccisi durante la stagione di caccia ordinaria. Da circa 15 anni la provincia di Pescara aggiunge prelievi straordinari con la caccia selettiva, seguita da quelle di Teramo e di L’Aquila. Qual è il bilancio di tutto ciò? Aumenta la rabbia degli agricoltori e non è stata neanche condotta una seria analisi dei dati. Aggiungiamo che il Parco del Gran Sasso ha soppresso migliaia di individui in pochi anni. Sarà forse che abbattere in maniera sostanziale la popolazione di una specie che ha tassi annui di incremento del 80-120% è un fatto piuttosto complicato?
    Il caso limite della schizofrenia risale al 1999 quando, a furor di danni da cinghiale, il Parco del Sirente fu tagliato di 9.000 ettari nella Subequana per consentire la salvifica caccia. Risultati, oltre al Parco mutilato? I danni all’agricoltura sono aumentati. Nello stesso anno l’ARSIA Toscana – l’equivalente dell’ex ARSA- pubblicava online un manuale sull’efficacia dei recinti elettrificati e altri sistemi dissuasori, e quantificava una riduzione dei danni del 93%.
    Poche aree protette in Abruzzo hanno iniziato a lavorare sodo sulla strada della prevenzione e dell’educazione, anche per conoscere e non temere una specie dalla struttura sociale complessa. Alla riserva delle Gole del Sagittario il primo recinto elettrificato fu concesso in comodato gratuito 6 anni or sono. Io stesso avrò consegnato decine di recinti agli agricoltori dell’aquilano. Negli anni i danni si ripetono sugli stessi campi e l’80/90% delle perdite si concentra su poche aree con colture di pregio. Servono decine di migliaia di recinti? Un elettrificatore può coprire 20 km; in alcuni casi, come la Conca di Ofena, si potrebbe perimetrare il lungo bordo tra bosco e piana con pochissimi mezzi, come accade per l’intera Val di Non in Trentino – quello della Melinda per capirci. Con modelli matematici predittivi, di cui iniziai a parlare nel 1998, si possono anche individuare i campi più vulnerabili per concentrare le azioni di prevenzione. La Regione due anni fa predispose un bando da 2,5 milioni di euro per sostenere all’80% l’acquisto di recinti fissi o elettrificati. Quasi 1,2 milioni di euro non sono stati spesi perché tantissimi agricoltori non conoscevano il bando. Le associazioni agricole che ora protestano cosa hanno fatto per pubblicizzarlo?
    E’ chiaro che non tutte le situazioni sono risolvibili ma abbattere i danni del 50-70% sarebbe un gran risultato, no? Il resto dei danni potrebbe essere pagato dagli Ambiti Territoriali di Caccia come accade in altre regioni, visto che i cacciatori sono corresponsabili delle introduzioni. In questo modo sarebbero anche responsabilizzati a gestire il prelievo senza assecondare esclusivamente l’obiettivo di avere il massimo numero di capi.
    Gli incidenti stradali sono un secondo problema. In Canada ci sono problemi con le alci, alte due metri al garrese. Un sito governativo, dal 2006, offre tante opzioni: si va dalle opere strutturali, come sottopassi e sovrappassi specificatamente progettati – in diversi paesi europei i ministeri dei lavori pubblici hanno l’ufficio sulla biopermeabilità – ai rallentatori, che ho visto posizionati a Zanzibar sulla principale strada dell’isola per bloccare le auto e salvare una scimmia rarissima. Dagli autovelox alle reti di protezione in punti specifici, anche per indirizzare gli animali verso sottopassi già esistenti, fino ai sensori che “avvertono” l’arrivo degli animali e fanno scattare sistemi di alert. Gran parte degli incidenti avviene sugli stessi tratti stradali, come alla Camosciara sulla S.S.83 Sangro. Andrebbero mappati, come hanno fatto i piccoli comuni di Anversa e quello di Pettorano che con le loro riserve si sono dotati della mappa della biopermeabilità del territorio identificando i punti critici e attivando, con pochissime risorse, le prime misure su strade peraltro non di loro competenza. In Africa i guardiaparco hanno i GPS con cui geolocalizzare ogni evento. In Abruzzo, domanda retorica, i cantonieri saranno dotati di questa strumentazione? L’ANAS e le province progettano o manutengono le strade tenendo conto del problema? A giudicare dalle modalità di intervento sulla SS17 a Navelli e a Popoli, non direi, nonostante i nostri appelli. In Tanzania con i recinti elettrificati difendono con successo i campi dagli…elefanti, riuscirà l’Abruzzo almeno a copiare? 

    Augusto De Sanctis, membro dal 2004 al 2013 della Consulta venatoria regionale e presidente della Stazione Ornitologica Abruzzese

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