Donne anziane che vanno a riempire l’acqua potabile con recipienti di fortuna. Scene da dopoguerra o, meglio, da terzo mondo, che si rivedono in queste ore a Guardiabruna.
Il piccolo borgo montano dell’Alto Vastese è alle prese con una crisi idrica senza precedenti. Da quasi un mese si va avanti con poche ore di acqua corrente al giorno. «Dalle poche ore si è passati a mezz’ora d’acqua al giorno, al mattino. E’ una situazione vergognosa e inaccettabile nel 2020, considerando che siamo meno di centocinquanta residenti» commentano amareggiati i cittadini. Come in carcere, un’ora d’aria; a Guardiabruna invece hanno l’ora d’acqua, anzi, mezz’ora stando ai racconti dei residenti. Inutile chiedere spiegazioni alla Sasi, il presunto e sedicente gestore del servizio idrico integrato. Calo fisiologico della portata delle sorgenti, è il ritornello che balbettano dalla società di Lanciano. Si parla, tuttavia, di appena un trenta per cento di acqua che arriva nei rubinetti delle case rispetto a quella prodotta dalla sorgenti. Si perde per strada, è evidente, a causa delle condutture colabrodo.
E la Sasi, che di mestiere pare faccia il gestore del servizio idrico integrato, non si premura affatto di sostituire la rete colabrodo, ma si limita a chiudere e razionare la poca acqua rimanente, quella che non va persa. Prima qualche ora, ora mezz’ora al giorno, peggio che nel terzo mondo. E nella mattinata di oggi, per tentare di dare un minimo di servizio ai cittadini, in paese è arrivata un’autobotte di acqua potabile. E le anziane del paese hanno sfilato con boccali e catini per rifornirsi di acqua potabile. Probabilmente lo facevano già da bambine, subito dopo la guerra… anche se allora, per fortuna, non c’era la Sasi.