La zona “rossa” è stata cinturata e continuano senza sosta i controlli dei Carabinieri Forestali e dell’unità cinofila antiveleno di stanza a Frosolone. Indagini a tutto campo della specialità ambientale dei Carabinieri sul territorio comunale di San Pietro Avellana, dove nei giorni scorsi si è verificata una vera e propria strage di cani da tartufo.
Gli episodi, si parla di almeno venti cani morti in seguito all’ingestione di bocconi avvelenati, sono stati registrati in una vasta area boschiva compresa tra località Piana di Sangro e nel bosco Cantalupo. Si tratta di un’area molto estesa, particolarmente vocata alla produzione del prelibato e costoso frutto della terra, sulla quale è in atto una vera e propria guerra tra tartufai.
Il business è troppo grande per poter tollerare gli sconfinamenti dei cercatori di tartufo che vengono anche da fuori regione, in particolare dal confinante Abruzzo, magari ignorando le normative vigenti. Non è infatti una notizia che spesso i cavatori entrano in azione di notte, quando la raccolta è vietata, utilizzando anche diversi cani, per massimizzare il raccolto e soprattutto per bruciare la concorrenza. E’ una lotta senza esclusione di colpi: chi prima arriva cava e porta a casa il tartufo, una montagna di soldi; chi arriva dopo trova solo il territorio “zappato”, come si dice in gergo, che equivale a distruggere la tartufaia. Massimizzare il profitto nell’immediato, ma senza considerare che nel lungo periodo il territorio ne risentirà negativamente e la produzione di tartufo pregiato andrà calando in modo esponenziale.
Un giro di soldi di centinaia di migliaia di euro, la quasi totalità in nero, che spinge i concorrenti in campo, anzi nei boschi, a mettere in atto comportamenti scorretti se non addirittura criminali, come appunto raccontano le cronache dall’Alto Molise.
Dal giorno dei primi avvelenamenti i casi sono aumentati in maniera paurosa e preoccupante: si parla di almeno venti cani uccisi dalle polpette avvelenate disseminate da qualche sconsiderato e criminale che ha dimostrato di non avere scrupoli. Un regolamento di conti in stile mafioso, un avvertimento ai concorrenti di stare lontani dai boschi dell’Alto Molise. I Carabinieri Forestali stanno setacciando la zona interessata da giorni, senza sosta, grazie all’impiego di “Africa”, il pastore belga dell’unità cinofila di Frosolone addestrato alla ricerca delle esche avvelenate.
Una bonifica che va avanti su tutto il territorio interessato, una zona ampia e di confine con l’Abruzzo che crea anche problemi operativi legati alla competenza territoriale. In ausilio ad Africa è arrivata anche l’unità cinofila del Parco nazionale, ma data la vastità dei boschi è ipotizzabile che qualche esca avvelenata possa essere sfuggita all’eccezionale olfatto dei cani addestrati a tale scopo.
Ci sono poi da considerare le vittime collaterali della faida: la fauna selvatica, lupi e volpi, ma anche gli onnivori cinghiali, che hanno potuto ingerire le polpette avvelenate, anche se al momento non risultano rinvenimenti di carcasse, almeno in via ufficiale. Le indagini dei Carabinieri Forestali continuano a tutto campo, si stanno verificando anche acquisti recenti di sostanze usate per avvelenare i cani, ma l’operazione è particolarmente complessa perché tra quelle più utilizzate ci sono il banale antigelo per autovetture, rodenticida o stricnina, tutte di facile reperibilità e senza alcuna prescrizione.
Francesco Bottone