AGNONE – Nella vita avere opportunità di incontrare e parlare con un Santo è un privilegio unico. Giovanni Paolo II ha dato questa opportunità a molti. A me ha concesso due grandi emozioni. La prima legata ad un sentimento del tutto mio. Quando baciò mia figlia Francesca e la benedisse. Parliamo della storica visita del 19 marzo 1995, quando Karol Wojtyla venne anche ad Agnone. Nonostante il Pontefice barcollasse perché non in perfetta forma fisica, mentre stava scendendo le scale del palco eretto lungo il corso di Agnone (in quella che dovrebbe essere e purtroppo non è piazza Giovanni Paolo II°), appoggiato ad un bastone, si girò subito al mio richiamo. “Santità la benedica” gridai sollevando fino a dove l’estensione delle mie braccia lo consentissero, Chicca (Francesca) che allora non aveva ancora due anni. Il Papa immediatamente stava facendo ritorno sui propri passi quando un bodyguard mi strappò la piccola dalle mani e la portò al cospetto del Santo Padre. Wojtyla ripetette il gesto che aveva fatto precedentemente con Antonio Melom, il piccolo bimbo di colore e di una simpatia unica (lo è tutt’ora) della comunità di Lisetta D’Onofrio. Baciò e benedisse Chicca. Era quello di mia figlia, il periodo che scalciava con tutti gli estranei. Io con mia moglie Floriana tribolammo per il timore che la piccola rifilasse un calcio al Papa. Ma tutto andò, fortunatamente, liscio. Il secondo episodio, appartiene alla mia vita giornalistica. Grazie ad Enrico Marinelli, responsabile allora della sicurezza del Papa, come inviato di TVI (Teleisernia) con il cameraman, ci posizionammo nell’aula Nervi a pochi metri da Giovanni Paolo II°. Mi sentivo quasi ridicolo con la nostra piccola telecamera color arancione vicino ad attrezzature super professionali della Rai, della televisione Canadese, Francese e di altre parti del globo. Quando finì l’udienza del Santo Padre, i “colleghi” con i loro nuovi tecnologicamente radio-microfoni (quelli senza filo) si avvicinarono per le interviste di rito al Papa. Noi avevamo il microfono con il filo e per giunta corto. Arrivai ad un paio di metri dal Pontefice quando il filo teso al massimo non mi diede la possibilità neanche di fare un passo in più. Mi girai sconsolato verso il cameraman per comunicargli solo con lo sguardo la mia delusione di non poter registrare la voce di Wojtyla. Fu lo stesso Pontefice, che aveva seguito tutti i miei passi, a comprendere il mio disagio. Fu lui ad avvicinarsi e portare con sé tutti i giornalisti a seguito, dandomi l’opportunità di potergli avvicinare il microfono. Lo ringraziai con un sorriso. Lui mi rispose con un sorriso e con uno sguardo intenso che non dimenticherò mai. Wojtyla: il più grande comunicatore ed evangelista che la Chiesa cristiana ha avuto dopo Gesù.
Vittorio Labanca