Stepchild adoption. Letteralmente è l’adozione da parte di uno dei partner di una coppia omosessuale del figlio dell’altro.
Mi da spunto, per questa ennesima invenzione della nuova semantica renziana, l’inopinabile uso della frase di cui al titolo, che avrebbe potuto essere facilmente, e più logicamente, tradotta in italiano, per significare un certo fenomeno, che da tempo sussiste e, cioè, quello del desiderio delle coppie omosessuali di adottare l’uno il figlio dell’altro.
Il fatto mi induce a pensare che questa mania linguistica sia il prodotto della sopraffazione culturale della lingua inglese, che si estende dall’Inghilterra, agli Stati Uniti, al Canada, all’India e ad altri paesi asiatici ed africani, oltre che essere entrata di prepotenza nella vita di molti paesi come Israele e paesi arabi vari.
Non so se Luciano Anceschi o anche lo stesso Umberto Eco avrebbe gradito, il primo, o gradisca, il secondo, questa invasione a “testa di ariete” della lingua inglese nella nostra purissima lingua, alla integrità della cui struttura, pare non riescano a resistere, la stessa Accademia della Crusca e glottologi illustri italiani, tra i quali ricordo il glorioso Tristano Bolelli, accademico dei Lincei, già ordinario alla Normale di Pisa.
E non sono sorpreso del fatto che gli italiani, soprattutto nelle “baruffe chiozzotte” (melius chioggiotte e tutt’altro che amorose), di cui stanno dando spettacolo buona parte dei parlamentari di entrambe le Camere del Parlamento italiano, deputati e politici illustri, balbettino, si inciampino, nella pronuncia di questa astrusa parola inglese -americana, rasentando talvolta il ridicolo, per l’accento distorto.
E, così, sta a accadendo che, mentre Don Lisander, andava a sciacquare i suoi “panni in Arno”, il buon Matteo vada, invece, a sciacquare i suoi nel Tamigi!.
Orbene, entrando nel discorso della adozione da parte di uno dei partner del figlio naturale dell’altro, personalmente non riesco a trovare nulla di particolarmente pericoloso o innaturale, come alcuni strati dei politici italiani vorrebbero farci credere.
L’adottare, ovvero il prendere in cura un figlio o una figlia minore, che sempre si appartiene ad un altro, da un punto di vista genitoriale, non è un fatto giuridico ma è un fatto naturale, che risale a migliaia di anni .
Già tra il I e il II secolo avanti Cristo l’Imperatore Adriano (nato ad Italica il 24.01.76 a.c., morto a Baia il 10 luglio 138 a.c.) fu annoverato nella famiglia degli imperatori adottottivi essendo stato adottato da Traiano e dalla di lui moglie Plotina, e adottò a sua volta un giovane efebo, Antinoo, bellissimo, slanciato, dedicandogli una statua nella sua fastosa villa di Tivoli .
Adriano era una figura leggendaria e si disse di lui che amava la caccia, le armi e gli uomini e delle donne nessuna, anzi, qualche storico a lui contemporaneo, ricordava una sua espressione che tradotta nella odierna lingua italiana corrisponde a “le donne mi fanno schifo”.
Quindi, meravigliosa fu, nonostante la sola paternità di Adriano, omosessuale, e l’assenza della figura materna, l’ascesa leggendaria di Antinoo che accompagnò Adriano in tutte le sue campagne finendo, poi, tragicamente per mano assassina nel Nilo .
E lo stesso Giulio Cesare, benché fosse considerato bisessuale, non nascondeva la sua omosessualità, ed egli stesso adottò Augusto, che con lui convisse durante tutta la sua adolescenza ricevendone educazione e amore sublime.
Gli storici dell’epoca, tra cui Plutarco, Svetonio, e lo stesso Cicerone, seppure non annoverabile tra gli storici, non se ne stupirono e compresero perfettamente la complessità, ma anche la bellezza, della adozione di un figlio, anche se nato da un legame del proprio partner con altri.
Per quanto il paragone possa apparire controvertibile (me ne scuso con i lettori), tuttavia, quello che rimane fermo è il principio che non vi è assolutamente nulla di anormale o di innaturale nel fatto che una coppia, benchè omosessuale, femminile o maschile che sia, possa adottare l’uno il figlio dell’altro ed amarlo ed educarlo nello stesso modo in cui il figlio fosse nato e cresciuto nell’interno di una coppia eterosessuale.
La politica, oggi, è inconciliabilmente scissa tra chi, pur riconoscendo la esistenza di accadimenti di fatti della convivenza e dell’adozione di fatto (non legale) di un figlio, nega – fino al punto da minacciare una crisi di Governo – il diritto a riconoscere legalmente ovvero a dare riconoscimento legale, a situazioni di siffatto genere, e chi, invece, come nel caso della proposta di legge Cirinnà, intende dare effetto legale alle situazioni che già da anni o da decenni sono in atto nella società italiana, sostenendo, i secondi, che l’Italia è la sola tra le comunità europee a non riconoscere le unioni di fatto, e men che meno la adozione del figlio o dei figli, del partner omosessuale.
La polemica infuria, la Chiesa si è schierata, per voce del Cardinale Bagnasco, presidente della CEI, in favore del diniego del diritto al riconoscimento legale di esse; il partito di maggioranza, e, quindi, il Governo, è, invece, decisamente schierato in favore della proposta di Cirinnà, che a sua volta minaccia addirittura di dimettersi se la sua proposta dovesse essere bocciata.
Il tourbillon continua accesissimo, vedremo come andrà a finire.
di Franco Cianci