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  • In Molise in scena la tragedia delle macerie mai rimosse

    di Umberto Berardo

    Martedì 16 marzo, in un Consiglio Regionale del Molise assediato all’esterno per l’ennesima volta dalla protesta di cittadini esasperati dalla mancanza di una programmazione capace di rispondere alle esigenze della popolazione, undici consiglieri firmano un documento per la richiesta di sfiducia al presidente della Giunta.

    Sui social si arriva a parlare di un vero blitz in grado di porre fine all’attuale amministrazione regionale.

    Pura illusione come sempre da parte di chi non riesce ancora ad analizzare i meccanismi della politica in Molise.

    In questa regione il voto di opinione, ossia quello libero, si può cercare ormai con il lanternino perché forse da sempre l’elezione dei consiglieri regionali avviene attraverso la costruzione di un consenso abilmente manovrato da forti poteri economici e sociali che in tale operazione si muovono tramite i giochi delle promesse e dei favori, ma anche con opportuni sistemi di comunicazione costruiti o sostenuti all’uopo.

    Nella stragrande maggioranza dei casi siamo di fronte alla negazione di qualsiasi forma di partecipazione del popolo nella scelta delle candidature calate invece dall’alto di un verticismo decisionale che si pone come uno dei fantasmi della democrazia.

    È del tutto evidente che, con le dovute eccezioni, consiglieri eletti con tali sistemi non possono che rispondere a chi li ha promossi e fatti eleggere nel ruolo da occupare.

    Di conseguenza le decisioni assunte sui principali problemi riguardanti la vita della regione seguono le indicazioni e gli interessi dei gruppi che sovraintendono al sistema elettorale.

    Accade talora che speranze di cambiamento si possano accendere anche in persone intellettualmente oneste ed allora si seguono tentativi trasformistici di composizione di nuove maggioranze, anch’esse costruite verticisticamente; altre volte ci si convince che qualche movimento innovativo possa finalmente ridare un minimo di rappresentanza ai bisogni ed alle necessità dei cittadini.

    Quando poi le attese diventano illusioni e si capisce che le istituzioni regionali a qualsiasi livello non riescono a risolvere in maniera decente non dico i problemi occupazionali, culturali, economici e sociali, ma neppure quelli di natura sanitaria, come sta avvenendo in questo periodo di pandemia, allora molti cittadini avveduti si accorgono di quale danno si sia prodotto intorno lasciando che poteri oligarchici si siano sostituiti al popolo nelle decisioni da assumere per l’organizzazione della vita sociale.

    L’ultimo sogno si è consumato in quelle che potevano apparire ad alcuni delle “idi di marzo” per una presa d’atto dello stallo operativo che regna ormai irrisolto volutamente da anni nella massima istituzione regionale.

    Purtroppo ci siamo dovuti in realtà rendere conto che le “idi di marzo” erano appese alle “calende greche” ovvero al significato metaforico del “mai”.

    Dopo il documento firmato da undici consiglieri per la richiesta di sfiducia a Toma è bastato poco per azzerare tutto come d’altronde è più volte successo in passato.

    La consigliera Calenda che già altre volte aveva manifestato la sua volontà di far saltare Toma, arrivando perfino platealmente ad incatenarsi, ritira la firma già apposta alla mozione di sfiducia perché nel frattempo con una decisione fulminea lo stesso presidente della giunta le affida un incarico di assessora.

    Un comportamento così contraddittorio posto in essere più volte nella massima assise regionale da più di un consigliere offende l’intelligenza e la dignità di un’intera cittadinanza con dichiarazioni di un’ipocrisia senza limiti che vanificano ogni credibilità.

    Evidentemente da più parti non si era capito che la coerenza non è di casa nel Consiglio Regionale del Molise e che neppure di fronte ai livelli essenziali di assistenza ormai quasi azzerati ed ai tanti morti determinati da una conduzione assai discutibile del servizio sanitario si è capaci di prendere atto del fallimento di una classe dirigente che al riguardo non è stata capace di porre in essere l’attuazione di provvedimenti pure votati come la nascita di un Centro Covid dedicato che ancora oggi non viene realizzato.

    Il commissario ad acta Giustini e quello all’emergenza Toma erano in tale situazione i soggetti deputati all’elaborazione ed alla predisposizione dei provvedimenti adeguati al caso.

    Ora per favore smettiamo anche di chiederci quali saranno le reazioni di Michele Marone e del suo gruppo politico di riferimento e  cosa succederà in Consiglio Regionale nella votazione della mozione di sfiducia a Toma.

    Dopo gli eventi registrati in quell’assise sarebbero domande davvero patetiche.

    Conseguente all’ennesimo episodio da parte della consigliera Calenda, che dimostra chiaramente i suoi riferimenti nelle decisioni assunte e subito revocate, la rabbia sui social è cresciuta, ma ancora una volta rischia di essere puro fumo negli occhi e di non riuscire ad affrontare la questione nei giusti termini.

    Qualcuno chiede la fine di questa regione ed il suo accorpamento all’Abruzzo dimenticando che il problema può essere anche in parte di ordine istituzionale e che in tale verso però va risolto nella direzione di una revisione globale dell’attuale assetto regionale italiano senza immaginare soluzioni parziali per il Molise che rischierebbero di vederlo ancora una volta come la periferia territoriale di una regione più grande senza le adeguate trasformazioni relative ai poteri decisionali ed amministrativi che non possono essere quelli attuali.

    Dunque non è almeno e solo su questa strada che passa il cambiamento per una possibile gestione della qualità della vita nella nostra realtà regionale.

    Abbiamo anzitutto la necessità di costruire un fronte comune di lotta a decisioni che stanno determinando tragedie umane come i tanti decessi per Covid-19, una vita culturale ed economica assai ridimensionata che sta riportando tanti sulla strada dell’emigrazione ed un deterioramento della qualità della vita non più accettabile.

    Tale fronte deve avere la capacità di non limitarsi alle manifestazioni di piazza, ma di elaborare un progetto politico, economico e sociale per il Molise, di studiare i mezzi legali, legittimi ma efficaci di disobbedienza civile per scardinare i giochi di potere ed anche le subdole mediazioni tra le forze politiche che siedono in Consiglio Regionale e che non dimostrano alcuna linearità nelle decisioni assunte.

    È una prima linea di azione che va allargata sempre più, coordinata razionalmente a livello di base e possibilmente non lasciata ad istintivismi e passioni momentanee di maniera perché ogni movimento dev’essere disgregatore di fronte ad errori e tradimenti del bene comune, ma anche capace d’individuare e lasciar intravvedere alla popolazione nuove vie di azione politica.

    Queste ultime per il Molise devono necessariamente passare per l’eliminazione di qualsiasi conflitto d’interessi nelle candidature e per una rideterminazione dei collegi e dei seggi elettorali che impediscano il controllo del suffragio.

    La libertà del voto poi si conquisterà essenzialmente attraverso due paradigmi fondamentali: un processo educativo alla cittadinanza libera ed attiva ed il ritorno a fare politica tra la gente invece di abbandonarla ai dibattiti pilotati dei talk show o ai social network.   

    L’altra necessità è quella di una volontà d’impegno concreto in quello che dev’essere un servizio politico alla cittadinanza da parte di quanti oggi rifuggono da incarichi amministrativi e politici lasciandoli nelle mani di soggetti lontani dalle esigenze della popolazione e legati invece agli interessi personali o di gruppo.

    Occorre infine sottolineare che tale lavoro non può assolutamente riguardare solo le settimane che precedono le elezioni, ma va intrapreso per tempo e mantenuto con volontà ed efficacia operativa.

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