A persone come me, che hanno dedicato la vita a diffondere i principi della nonviolenza, il messaggio di Papa Francesco, per la celebrazione della 50ma Giornata Mondiale della Pace (1° gennaio 2017), ha suscitato sorpresa e procurato gratificazione.
Il messaggio del Papa ha avuto come tema “La nonviolenza: stile di una politica per la pace”. La sorpresa era nel fatto che, nei circa cinquant’anni della mia militanza nonviolenta, era la prima volta che constatavo che la massima autorità della Chiesa Cattolica prendeva posizione, in modo del tutto ufficiale, in favore del metodo della nonviolenza attiva, come unica strada da percorrere per la riconciliazione pacifica dei conflitti.
La gratificazione invece era nella constatazione che tutto il mio impegno profuso per diffondere il messaggio della nonviolenza e della pace, culminato nella fondazione delle Edizioni dell’Amicizia (1977) e del Centro di Spiritualità Nonviolenta (2000) aveva, per così dire, un vero e proprio riconoscimento ed esso veniva dall’autorità che a me, credente in Gesù Cristo, stava più a cuore
Il messaggio è costituito da 7 punti.
Nel primo punto introduttivo viene ricordato che è stato il beato Papa Paolo VI, ideatore 50 anni fa della prima Giornata Mondiale della Pace, a mettere in guardia dal “pericolo di credere che le controversie internazionali non siano risolvibili per le vie della ragione, cioè delle trattative fondate sul diritto, la giustizia, l’equità, ma solo per quelle delle forze deterrenti e micidiali”.
E Papa Francesco poi afferma che nelle situazioni di conflitto, rispettando “la dignità più profonda” della persona umana, “facciamo della nonviolenza attiva il nostro stile di vita”. E aggiunge: ”chiedo a Dio di aiutare tutti noi ad attingere alla nonviolenza nelle profondità dei nostri sentimenti e valori personali. Che siano la carità e la nonviolenza a guidare il modo in cui ci trattiamo gli uni gli altri nei rapporti interpersonali, in quelli sociali e in quelli internazionali. Quando sanno resistere alla tentazione della vendetta, le vittime della violenza possono essere i protagonisti più credibili di processi nonviolenti di costruzione della pace. Dal livello locale e quotidiano fino a quello dell’ordine mondiale, possa la nonviolenza diventare lo stile caratteristico delle nostre decisioni, delle nostre relazioni, delle nostre azioni, della politica in tutte le sue forme”.
Nel secondo punto del messaggio (Un mondo frantumato) viene evidenziata come la violenza ha devastato con due guerre mondiali il secolo scorso, mentre oggi si può parlare di una violenza che si esercita “a pezzi”, come “guerre in diversi paesi e continenti, terrorismo, criminalità, attacchi armati imprevedibili, abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta, la devastazione dell’ambiente”.
Papa Francesco, in questo suo messaggio, sostiene che “la violenza non è la cura per il nostro mondo frantumato. Rispondere alla violenza con la violenza” significa creare immani sofferenze, sottrarre grandi risorse alle esigenze degli anziani, dei malati, dei più deboli. Non bisogna poi dimenticare che la violenza “nel peggiore dei casi, può portare alla morte, fisica e spirituale, di molti, se non addirittura di tutti”.
Nel terzo punto del messaggio (La Buona Notizia) Papa Francesco afferma che di fronte alla violenza la risposta di Gesù è positiva. Infatti “Egli predicò instancabilmente l’amore incondizionato di Dio che accoglie e perdona e insegnò ai suoi discepoli di amare i nemici e a porgere l’altra guancia.” Fu lui che disse a Pietro di rinfoderare la spada e che impedì di far lapidare l’adultera.“Gesù – dice Papa Francesco – tracciò la via della nonviolenza, che ha percorso fino alla fine, fino alla croce, mediante la quale ha realizzato la pace e distrutto l’inimicizia”. E poi aggiunge: “Essere veri discepoli di Gesù oggi significa aderire anche alla sua proposta di nonviolenza”.
In questa terza parte il messaggio riporta quanto aveva detto precedentemente già Benedetto XVI. Infatti egli – con parole veramente ispirate – affermò che la nonviolenza “è realistica, perché tiene conto che nel mondo c’è troppa violenza, troppa ingiustizia, e dunque non si può superare questa situazione se non contrapponendo un di più di amore, un di più di bontà. Questo di più viene da Dio”. E ha poi anche affermato con forza: “La nonviolenza per i cristiani non è un mero comportamento tattico, bensì un modo di essere della persona, l’atteggiamento di chi è così convinto dell’amore di Dio e della sua potenza, che non ha paura di affrontare il male con le sole armi dell’amore e della verità. L’amore del nemico costituisce il nucleo della rivoluzione cristiana”. Il messaggio papale poi afferma che “Giustamente il vangelo dell’ ‘amate i vostri nemici’ (Cfr Lc 6,27) viene considerato ”la magna charta” della nonviolenza cristiana”: esso non consiste “nell’arrendersi al male… ma nel rispondere al male con il bene (cfr Rm 12,17-21), spezzando in tal modo la catena dell’ingiustizia”.
Nel quarto punto del messaggio (Più potente della violenza) viene sottolineato che la nonviolenza non è passiva, ma attiva e viene messa in evidenza la grande azione d’ amore di Madre Teresa di Calcutta, che diceva: “Mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro, ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un’altra, un’altra, un’altra, danno la vita”.
Poi il messaggio riconosce che “la nonviolenza praticata con decisione e coerenza ha prodotto risultati impressionanti”. Non poteva non evidenziare i successi del Mahatma Gandhi, che ha fatto di essa un vero e proprio metodo politico, di Khan Abdul Ghaffar Khan, di Martin Luther King, di Leymah Gbowee. La nonviolenza quindi è stata praticata con notevoli risultati anche da persone non appartenenti alla fede cattolica.
Il messaggio poi evidenzia il contributo di promozione della pace che la Chiesa ha dato in molti paesi e viene ricordato in particolare quello di Giovanni Paolo II sugli avvenimenti del 1989, sostenuto dalla ferrea convinzione che il cambiamento a fin di bene è possibile ”mediante una lotta pacifica, che fa uso delle sole armi della verità e della giustizia”.
Nel quinto punto del messaggio (La radice domestica di una politica nonviolenta) si precisa anzitutto che, provenendo la violenza dal cuore degli uomini, bisogna seguire la nonviolenza anzitutto nell’ambito della famiglia, in modo che “coniugi, genitori e figli, fratelli e sorelle imparino a comunicare e a prendersi cura gli uni degli altri in modo disinteressato, e dove gli attriti o addirittura i conflitti devono essere superati non con la forza, ma con il dialogo, il rispetto, la ricerca del bene dell’altro, la misericordia e il perdono”.
Il messaggio presenta una visione integrale della nonviolenza, che partendo dall’interiorità dell’uomo, passando per la famiglia giunge a una politica nonviolenta, che dovrebbe innanzitutto favorire il disarmo e mettere al bando soprattutto le armi nucleari, le quali costituiscono una minaccia di distruzione totale dell’umanità.
Il Papa non poteva in questo messaggio non menzionare anche il Giubileo della Misericordia, da lui appassionatamente voluto, con una particolare attenzione per gli ultimi e le vittime della violenza. Ha ricordato anche santa Teresa di Gesù Bambino che invitava tutti “alla pratica della piccola via dell’amore, a non perdere l’opportunità di una parola gentile, di un sorriso, di qualsiasi piccolo gesto che semini pace e amicizia”.
Nel sesto punto del messaggio (Il mio invito) Papa Francesco afferma ancora una volta l’importanza della nonviolenza attiva per la costruzione della pace e sottolinea come il “Discorso della Montagna è un vero e proprio “manuale” di strategia nonviolenta.
L’invito del Papa è quello di applicare le Beatitudini, di cui parla il “Discorso della Montagna”, a tutti i livelli della società umana. Ogni attività deve essere permeata di solidarietà e di rispetto per gli altri.
Papa Francesco sostiene che “La nonviolenza attiva è un modo per mostrare che davvero l’unità è potente e più feconda del conflitto. Tutto nel mondo è intimamente connesso. Certo, può accadere che le differenze generino attriti: affrontiamoli in maniera costruttiva e nonviolenta, così che “le tensioni e gli opposti (possano) raggiungere una pluriforme unità che genera nuova vita’, conservando “le preziose potenzialità delle polarità in contrasto”.
Il Papa assicura che si mostrerà favorevole nei confronti di ogni tentativo teso a costruire la pace attraverso la nonviolenza attiva e creativa. Infatti a partire da 1° gennaio 2017 sarà creato il nuovo “Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale”, che avrà come fini la promozione dei “beni incommensurabili della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato”, nonché la disponibilità fraterna verso i bisognosi, i malati e gli emarginati. E tutto ciò perché si possa costruire un mondo libero dalla violenza.
Nel settimo e ultimo punto del messaggio il Papa affida il suddetto percorso nonviolento da fare alla Beata Vergine Maria, Regina della Pace.
Papa Francesco conclude il suo messaggio augurando che nel 2017 tutti ci impegniamo “a diventare persone che hanno bandito dal loro cuore, dalle loro parole e dai loro gesti la violenza, e a costruire comunità nonviolente, che si prendano cura della casa comune.”Niente è impossibile se ci rivolgiamo a Dio nella preghiera. Tutti possono essere artigiani di pace”.
Sono rimasto sorpreso dal fatto che sia stato il Papa in persona a parlare così appassionatamente dell’importanza della nonviolenza, da considerare come la strada decisiva da percorrere per costruire la pace. Sono colpito anche perché i principi affermati con tanta forza da Papa Francesco li avevo a mio modo già trattati nel libro “Il volto della nonviolenza. Valore e pratica dell’amore” (2004) o in qualche articolo, come quello intitolato “La nonviolenza evangelica”(2013).
Io sono sempre stato un fautore non solo della nonviolenza intesa come “satyagraha” gandhiano per risolvere pacificamente i conflitti sociali e politici, ma anche un sostenitore di una nonviolenza interiore, per recidere nell’animo umano la violenza, di una nonviolenza interpersonale (amicizia e famiglia) e di una nonviolenza verso gli animali e la natura che ci circonda.
Ho quindi sempre sottolineato la necessità di una nonviolenza integrale, cioè da attuare in ogni momento della nostra vita e che ha come fine la santificazione dell’uomo. Non posso che essere lieto nel constatare che la Chiesa Cattolica, di cui mi sento parte, abbia addirittura deciso di creare un Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale: il che significa che la nonviolenza integrale, di cui ho sempre parlato, ormai è accolta pienamente dal magistero della Chiesa.
E’ evidente che la nonviolenza, intesa come pratica dell’amore, proviene da Dio, cioè da Gesù, di cui la vita, la predicazione e il sacrificio ne sono un chiaro e inequivocabile esempio.
Remo De Ciocchis