È un grido che squarcia il silenzio di una politica afona, quello lanciato dal consigliere regionale Andrea Greco e dal sindaco di Capracotta, Candido Paglione. Parole nette, che non lasciano spazio a interpretazioni accomodanti. Il caso dell’ospedale di Agnone non è un’eccezione, ma il paradigma di un sistema malato, ingessato in logiche miopi e decisioni che hanno smarrito da tempo la rotta dell’interesse pubblico.

Il rientro in corsia di alcuni medici pensionati ha scatenato reazioni a catena, più o meno strumentali. Ma Greco e Paglione sono stati chiari: nessuna critica a chi ha indossato nuovamente il camice per puro senso del dovere. Anzi, il loro è stato un gesto di straordinario valore civico. Un ritorno in trincea che profuma di dignità, professionalità e coraggio. Un contributo che merita riconoscenza senza riserve.
Ma proprio questo gesto eroico mette a nudo la realtà più scomoda: la sanità pubblica, almeno in Molise, vive ormai di soluzioni-tampone, affidate al sacrificio individuale, mentre le responsabilità strutturali restano ben custodite dietro le scrivanie del potere. E questo è il cuore del messaggio lanciato da Greco e Paglione: l’eroismo dei singoli non può continuare a sopperire all’incapacità sistemica di chi dovrebbe programmare, gestire, garantire.

Il problema è molto più profondo e affonda le radici in una governance aziendale fallimentare e in una classe politica che continua a rincorrere l’emergenza senza mai affrontare la causa. È inaccettabile che la tenuta di un presidio sanitario – riconosciuto come struttura in area disagiata – dipenda ancora oggi da contratti precari, gettonisti e partite Iva, mentre i concorsi latitano e le collaborazioni con le università restano al palo.
Serve una visione. Servono scelte coraggiose, lungimiranti, sistemiche. Serve – e da tempo – un cambio di passo che non può più essere rimandato. Continuare a galleggiare nell’improvvisazione equivale a firmare la condanna a morte dei territori interni, già oggi abbandonati a se stessi.
Agnone, come tante altre realtà montane, non può più essere l’ultima ruota del carro. Non può più essere il simbolo del compromesso al ribasso.

E allora sì, onore ai medici che tornano in corsia. Ma la domanda che Greco e Paglione pongono con forza è: per quanto ancora dovranno essere loro a colmare i vuoti lasciati da un sistema che ha scelto di non funzionare?
La risposta dovrebbe scuotere ogni cittadino, ogni amministratore, ogni burocrate. Perché quando il diritto alla salute diventa un lusso, non è solo la sanità a essere malata. È la democrazia stessa a essere in coma.
Maurizio d’Ottavio