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  • Molisani a Roma dimezzati negli ultimi 20 anni: è il sintomo dello spopolamento dell’Alto Molise

    Se il numero dei residenti nel Molise continua a calare – presto potrebbe scendere sotto la soglia psicologica delle 300mila unità e molti di loro, in realtà già vivono al di fuori della regione, conservando la residenza soprattutto per ragioni fiscali – a Roma, tradizionale approdo per molti molisani, il calo è ancora più sostenuto. Motivo? I più sono arrivati nella Capitale negli anni Cinquanta e Sessanta come giovani lavoratori. Oggi di quella stagione ne restano pochi e molto anziani. Scomparsi questi ultimi testimoni, la comunità molisana a Roma si assottiglierà molto, includendo ormai solo le prime o le seconde generazioni con legami molto più blandi verso la terra d’origine.

    I numeri parlano chiaro: se alla fine degli anni Settanta, Roma accoglieva circa 30mila molisani, oggi ne sono rimasti poco più di 10mila.

    «E’ come un fiume senza più affluenti – spiegano dall’associazione “Forche Caudine”, lo storico circolo dei molisani a Roma – Un tempo dai paesi arrivavano studenti e lavoratori. Oggi ne arrivano pochissimi, sia perché molti di quei paesi hanno esaurito la popolazione sia perché gli studenti che non rimangono in Molise preferiscono gli atenei del Nord rispetto alle tradizionali mete di Roma e di Napoli».

    L’associazione porta un esempio significativo: «E’ emblematico quanto sta succedendo da qualche anno nei paesi dell’entroterra, lì dove sono avvenute le grandi partenze. In alcuni di quei piccoli borghi, soprattutto in provincia di Isernia, si sono moltiplicati i cartelli ‘vendesi’ per le abitazioni. Ci sono paesi dell’Alto Molise dove le case in vendita hanno superato quota cento. E ben pochi le acquistano. Le nuove generazioni sono orientate a liberarsi di immobili che costano molto in termini di tasse, manutenzione e servizi. Complice anche l’affievolirsi dei legami affettivi, che proprio per i costi non voluti fa percepire il paese molisano ormai come una zavorra».

    L’associazione denuncia, quindi, soprattutto un’attenuazione di quei legami emotivi che hanno alimentato a lungo “i rientri”.

    «Certo, da tempo ormai è cambiato anche il modo di vivere le ferie, distribuite nel corso dell’anno e non più concentrate nel periodo estivo, quando i ragazzini si mandavano dai nonni in paese già con la chiusura delle scuole – continuano da “Forche Caudine” con una certa malinconia – Ma, indubbiamente, è stato fatto poco per mantenere vivo un orgoglio per le origini che passasse da una generazione all’altra: il vulnus è soprattutto qui, è sempre più difficile giustificare un rientro in paesi dove gli affetti sono purtroppo scemati».

    Il rischio concreto è che la comunità molisana a Roma, un tempo particolarmente nutrita, si assottigli ancora di più. Una perdita anche culturale, viste le tante storie umane e imprenditoriali che hanno caratterizzato l’esodo dal Molise verso la Capitale.

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