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  • Morto sul lavoro e dimenticato: la stele del ponte Sente trasformata in discarica

    E’ morto sul lavoro, proprio per consegnare alle future generazioni un’opera viaria di indubbia utilità; oggi la memoria dell’operaio Francesco Paolo Longo viene vilipesa dall’incuria e dal disinteresse delle istituzioni. Era stata inaugurata solennemente, proprio undici anni fa, nella mattinata del 2 maggio 2011, alla presenza dell’allora Presidente delle Provincia di Isernia, Luigi Mazzuto, dei sindaci Enrico Borrelli di Belmonte del Sannio e Massimo Mastrangelo del confinante comune abruzzese di Castiglione Messer Marino, del Vescovo di Trivento, Domenico Scotti e di altre autorità, come, ad esempio, gli assessori regionali Angiolina Fusco Perrella e Franco Giorgio Marinelli.

    E’ la stele, con targa iscritta, dedicata a Francesco Paolo Longo, al quale, su input dell’Università delle Generazioni, il ponte sul fiume Sente è stato intitolato. Era stata svelata dai due figli di Longo, Eva e Domenico. Adesso, da quasi quattro anni, dopo la chiusura precauzionale del ponte sul Sente nel 2018, a seguito del tragico crollo del “Morandi” di Genova, sono state dimenticate «nel più indegno degrado e nell’abbandono pure la stele, la targa e quell’area attorno che era divenuta una piccola aiuola-oasi sempre fiorita, costantemente curata dalla stessa famiglia Longo». La denuncia pubblica arriva da Domenico Lanciano, sociologo e responsabile dell’associazione culturale “Università delle Generazioni” di Agnone. «Il terreno attorno alla stele – racconta Lanciano – è adesso pieno di rovi ed è stato stravolto dal passaggio di ruspe e automezzi, mentre è divenuto pure una discarica di grossi tubi metallici da impalcatura ed altro materiale edile. Sembra un luogo sacro profanato ed oltraggiato, senza più il dovuto rispetto umano, sociale ed istituzionale». La perdurante chiusura del viadotto al traffico veicolare ha fatto saltare anche la normale cura che si deve ad un cippo intitolato ad una persona, un lavoratore, deceduta facendo il suo lavoro. Un particolare che è stato ignorato da tutti, ma non da Domenico Lanciano, sensibile a queste tematiche.

    «Il decoro del luogo e la sempre auspicata percorribilità, anche ridotta, del viadotto Longo sul fiume Sente, che unisce Molise e Abruzzo, si rendono necessari già in via ordinaria, ma ancora di più nell’imminenza dell’avvio della stagione estiva che prevede, come ogni anno, un maggiore afflusso, anche turistico, di automobilisti, pure provenienti dall’estero» riprende il sociologo, toccando temi di stringente attualità. Nei giorni scorsi i sindaci di zona, compreso Anita Di Primio di Belmonte del Sannio e Felice Magnacca di Castiglione Messer Marino, hanno preso parte ad un incontro in Provincia durante il quale il presidente Ricci è stato chiaro al di là di ogni ragionevole dubbio: il ponte riaprirà al traffico solo quando l’Anas lo metterà nero su bianco su un documento. In sostanza vuol dire che Ricci non intende assumersi alcuna responsabilità in merito alla riapertura del ponte: se e quando Anas dirà che, alla luce dei controlli tecnici effettuati, il viadotto non è pericolante né pericoloso, solo allora l’ente guidato da Ricci firmerà l’ordinanza di riapertura al traffico.

    Domenico Lanciano

    «L’Università delle Generazioni, – riprende in chiusura Lanciano – interpretando il desiderio della famiglia Longo e di tutti i cittadini sensibili, sollecita non soltanto l’indispensabile ed urgente apertura al traffico del ponte sul Sente, ma anche il ripristino dell’aiuola attorno alla stele di Francesco Paolo, il quale è stato l’unico lavoratore ad aver perso la vita nella costruzione di questa opera ciclopica, una delle più imponenti del genere in Italia e in Europa. Infatti, Francesco Paolo Longo, nato in Agnone il 25 gennaio 1917, è stato travolto mortalmente da una frana nei lavori di scavo di una fondazione il 4 maggio 1974. Lasciava moglie e due figli in tenera età. E’ stata una vita particolarmente sofferta la sua. Dal 1940 al 1947 è stato prima combattente nella seconda guerra mondiale e poi prigioniero nei campi di concentramento tedeschi. Successivamente ha lavorato nelle miniere del Belgio, dove ha avuto alcuni infortuni tra cui uno grave che gli ha causato la perdita di un polmone».  

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