AGNONE. “Al Molise serve il coraggio di riunificarsi con l’Abruzzo”. Lo ha detto al Corriere della Sera l’ex ministro e pm di Mani pulite, Antonio Di Pietro all’indomani della notizia del New York Times che tra le 52 mete da visitare nel 2020 inserisce proprio la XX regione italiana. Di Pietro, tuttavia, è convinto che il Molise per sopravvivere ha bisogno di ricongiungersi con i cugini abruzzesi dai quali ci si è separati il 27 dicembre del 1963. Un tema, quello della riunificazione con l’Abruzzo, più volte affrontato dall’ex manager (Ansaldo, Enea e Alfa Romeo, ndr) agnonese, Enzo Carmine Delli Quadri, che in tempi non sospetti ha sempre sponsorizzato un referendum popolare affinché almeno i comuni dell’alto Molise possano tornare con Maiella Madre. L’Eco lo ha incontrato.
Delli Quadri, trent’anni fa predicava la riaggregazione dell’Alto Molise all’Abruzzo. Un tema tornato fortemente di attualità. Perché?
“Mi interessai alla Regione Molise nel 1990 e notai diversi aspetti che, senza essere veggenti ma solo semplici osservatori delle vicende meridionali, davano un quadro piuttosto negativo, avverso e sfavorevole della situazione geo-politica ed economica della mia regione. In particolare: Il Prodotto interno lordo della regione era frutto, in massima parte, dei trasferimenti dello Stato per sanità, stipendi e pensioni, come dire, che la Regione viveva di Finanza Pubblica; la solidarietà verso le regioni meridionali si stava esaurendo grazie alla nascita di movimenti politici, quali la lega, che iniziarono la battaglia perché imposte e redditi prodotti al Nord, restassero al Nord; Lo Stato era impegnato nella costruzione dell’Europa dove stavano per entrare i paese dell’Est ex-comunisti, bisognosi di aiuti europei più di quanto ne avesse bisogno il Mezzogiorno di Italia. In definitiva, le maglie della Finanza Pubblica si sarebbero ristrette e per il Molise sarebbe stato, come abbiamo verificato, sempre più dura, non avendo provveduto, a tempo debito, a creare una rete produttiva che desse un minimo di autonomia alla regione”.
Cosa ci guadagnerebbe l’Alto Molise nel tornare con i cugini, dopotutto i territori limitrofi – ci riferiamo in particolare al Vastese – non se la passano un granché bene.
“L’attuale bacino economico, sociale, politico o, più terra terra, commerciale dell’Alto Molise, escludendo quelli che oramai gravitano costantemente su Isernia, conta circa 8.000 residenti tra Agnone, Belmonte, Poggio Sannita, Pescopennataro, Capracotta, Castelverrino, Vastogirardi. Un bacino comprendente anche Castiglione M.M., Fraine, Schiavi d’Abruzzo, Torrebruna, Rosello, Borrello, Roio del Sangro, Quadri, tutti sotto la Provincia di Chieti, potrebbe contare su 13.000 residenti. I comuni suddetti sono legati tra loro da vincoli storici secolari, non ancora totalmente distrutti con la disgregazione della Regione Abruzzo-e-Molise. È più facile ottenere un ospedale di area disagiata per 13.000 abitanti che non per 8.000 abitanti. La viabilità oggi gestita da due province, Isernia e Chieti, entrerebbe sotto il controllo di un’unica provincia, quella di Chieti e, sicuramente le strade di collegamento con la valle del Sangro, dove c’è una parvenza di lavoro, sarebbero più agevoli da percorrere. Il ponte Sente non sarebbe oggetto di contenziosi continui. Una o due Gallerie che colleghino l’Alto Molise con Bomba o con Ateleta, e quindi con Pescara e Chieti, non sarebbero una utopia. L’Alto Molise verrebbe agganciato alla dorsale adriatica che, con Chieti e Pescara, è nettamente più produttiva rispetto a quella tirrenica di Isernia e Venafro. I trasporti pubblici verso Chieti e Pescara sarebbero garantiti rispetto a quelli oramai cancellati verso Roma o Napoli. Verrebbe ricostituita una comunità che politici distratti, creando regioni e province fasulle. stanno disintegrando”.
A far riaccendere la miccia del referendum popolare la nuova bozza del Pos che per il Caracciolo prevede l’ennesimo ridimensionamento. Cosa significa questo atto per un territorio già impoverito da spopolamento e mancanza di lavoro?
“Rispondo come già detto da moltissimi: è come se Torino perdesse la Fiat”.
Meglio “morire” in Abruzzo che in una terra matrigna come il Molise. E’ sempre dello stesso avviso?
“Restando in Molise continuerebbe l’agonia. Niente è stata capace di fare la Regione per questo nostro territorio; in Abruzzo forse si morirebbe lo stesso; dico forse ma, come minimo, con un pizzico di dignità e qualche servizio in più (ospedale e viabilità)”.
Perché gli amministratori locali continuano a boicottare la sua idea di riaggregazione con l’Abruzzo?
“Lascia sconcertati la fedeltà alla Regione da parte di molte autorità locali. A voler essere buoni, si immagina che vogliano difendere l’identità molisana (non mi risulta che i romagnoli hanno perso la loro identità restando uniti agli emiliani). A voler essere malpensanti, si direbbe che troppe catene di Sant’Antonio legano l’istituzione Regione alle Comunità locali, passando per le Province. Ma io non sono malpensante”
Sembra di vivere in un contesto rassegnato. Non percepisce la sensazione che la gente sia anestetizzata e non abbia più voglia di lottare? Perché?
“L’hanno scritto molto bene i giornalista de l’Eco online. Il territorio dell’Alto Molise sta vivendo la situazione della Rana che, inserita in una caldaia di acqua tiepida, si crogiola al calore e non si accorge del lento aumento della temperatura dell’acqua che la sfinirà e ne farà una rana bollita”.
Se si cancellasse il Consiglio regionale del Molise, i lauti stipendi destinati ai consiglieri potrebbero servire a finanziare più servizi sul territorio. E’ un concetto assai complicato da far passare?
“Non ho rivisto il bilancio della Regione degli ultimi anni, ma non credo che i dati si discostino molto da quelli di 5 anni fa: La Regione destina alla Sanità il 65% del suo Bilancio, un altro 20% va per l’istituzione Regione e per tutto quello che le ruota intorno e solo il restante 15% va alle attività produttive, al turismo, alle foreste e montagna, alla formazione, all’edilizia scolastica, ai trasporti, alla pesca non amatoriale, all’assistenza sociale. Una riaggregazione all’Abruzzo renderebbe disponibili molte decine di milioni per le attività produttive. Meno poltrone e più prodotti e servizi”.
Delli Quadri, dopo una vita vissuta nella Capitale perché ha deciso di tornare a vivere ad Agnone?
“Perché, rimasto solo, posso dedicarmi solo a me stesso e io adoro vivere in Agnone, nonostante molte incomprensioni. Con questo spirito sono stato lieto di rivitalizzare il Circolo di Conversazione San Pio di cui sono stato nominato Presidente, anche se sto operando perché la Presidenza vada a persone giovani onde sfatare il luogo comune che il Circolo sarebbe idoneo solo per anziani. Il Circolo, oggi, dopo un lavoro di rinnovamento, è dotato di ogni mezzo per soddisfare giovani e anziani, donne e uomini”.