Sedici chiese, due Santi, un Servo di Dio, cinque conventi, tre musei, due biblioteche, tre mostre permanenti e un monte delle apparizioni (vero o finzione poco importa). E’ il patrimonio storico-religioso posseduto da Agnone. Un capitale inestimabile che molti centri sparsi per la Penisola ci invidiano. Peccato che queste ricchezze non siano valorizzate come dovrebbero. Ad oggi nell’Atene del Sannio manca un circuito ufficiale da poter “vendere” a quanti desiderano recarsi in città per ammirare e conoscere le decine di opere d’arte o la vita di personaggi illustri che hanno lasciato un segno indelebile nella storia del Paese. Non ce ne vogliate ma fare business usando la parola turismo religioso, creare qualche posto di lavoro e al contempo ottimizzare quanto ereditato, rientra in ottica già sviluppata in altre regioni d’Italia. Basterebbe saper copiare modelli come l’Umbria o la Toscana, tanto per citare due esempi. Per riuscirci, rivolgersi al mondo della politica o a pseudo amministratori, crediamo sia fiato sprecato. E allora il pensiero va spedito nella direzione di singoli privati, che con coraggio, abnegazione e spirito imprenditoriale, hanno deciso di metterci la faccia e investire in una delle aree più depresse del Mezzogiorno. Meglio sarebbe se a prendere iniziativa ci fossero i giovani. Ecco, appunto, i giovani. Come rimarcato nell’intervista (rilasciata a L’Eco) dall’assessore comunale, Daniele Saia le domande sorgono spontanee: dove sono? Cosa fanno? Come la pensano? Davvero sono ancora invasati dall’illusione del posto fisso? O pur di rischiare, mettersi in discussione, preferiscono campare alle spalle dei loro genitori? Friedrich von Schiller diceva: “Chi non osa, non merita nulla”. Siamo dello stesso avviso, convinti più che mai delle potenzialità storico-religiose che Agnone possiede. Vedere arrivare in città, quattrocento fedeli da angoli sperduti dello stivale per assistere ad un documentario che parla della vita di Padre Matteo, è solo la riprova di quanto ammesso. Il futuro di Agnone passa anche, se non soprattutto, per il turismo religioso. Serve solo osare e rimboccarsi le maniche.
di Maurizio d’Ottavio