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  • Pos 2025-2027, Saia scrive a Mattarella e chiede aiuto sulla situazione sanitaria del Molise. Il contenuto della missiva

    Ho inviato una lettera al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere aiuto sulla grave situazione che i nostri territori stanno vivendo, colpiti in particolar modo dal taglio dei servizi sanitari. La riconversione del ‘Caracciolo’ di Agnone in ospedale di comunità, l’ipotesi ridimensionamento dei servizi del ‘Veneziale’ di Isernia che resta nelle mani dei tecnici ministeriali e il riassetto delle guardie mediche rappresentano un colpo mortale per i Comuni della nostra provincia, che mette a rischio il diritto alla salute sancito dalla nostra Costituzione”.

    Così il Presidente della Provincia di Isernia e sindaco di Agnone, Daniele Saia, a seguito della diffusione del Programma Operativo Sanitario 2025-2027.

    Dopo un’interlocuzione avuta con diversi sindaci – ha aggiunto Saia – è maturata l’idea di organizzare un grande incontro pubblico per discutere in modo approfondito quanto determinato dal POS. La riunione si svolgerà sabato 15 novembre, alle ore 10:00 nella sala consiliare della Provincia di Isernia. Inviteremo a partecipare tutti i sindaci e parlamentari molisani, i Consiglieri regionali, il Presidente della Regione e le associazioni di categoria”.

    È il momento di una presa di posizione chiara e condivisa in difesa della dignità dei nostri cittadini – ha concluso il Presidente – non possiamo stare fermi a guardare”.

    Il contenuto della missiva inviata al presidente della Repubblica

    Pregiatissimo Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella,

    In qualità di Sindaco di Agnone e Presidente della Provincia di Isernia, territorio che comprende ben tre aree interne nelle quali ricade il 71% dei Comuni provinciali, mi pregio di porgerLe un saluto sentito e rispettoso, a nome delle comunità che rappresento. Un saluto che si leva forte dal Molise.

    Il mio è uno di quei tanti Comuni ubicati nelle aree interne d’Italia che, come gli altri, vivono quotidianamente tutti i disagi e le difficoltà di tali territori: depauperamento demografico, spopolamento, perdita di capitale umano, carenza di infrastrutture e servizi essenziali (come sanità, trasporti e istruzione), scarsità di opportunità lavorative, declino economico. I nostri cittadini sono vittime innocenti di un circolo vizioso di abbandono e marginalizzazione. Subiscono inerti le conseguenze infauste di una fredda e sterile logica dei numeri, che certo non trova fondamento nella nostra Costituzione.

    Chiudono i battenti delle scuole perché il numero di bambini è insufficiente per formare le classi. Si sprangano laboratori, reparti, interi ospedali: mancano i medici, pochi, inevitabilmente, i pazienti. L’Alto Molise ha visto negata la possibilità di ricostituire un proprio G.A.L.: il bacino demografico è troppo limitato. Gli Ambiti Sociali Territoriali si contraggono. Insufficienti sono i fondi stanziati sulla Strategia Nazionale delle Aree Interne: incapienti a sostenere una seria programmazione di sviluppo. In ogni caso, si tratta di meri calcoli numerici ed economici, utilitaristici.

    Non continuo in questa accorata presentazione, ben conscio del fatto che il quadro Le è ben chiaro, con tutte le sue dure implicanze. Il mio, piuttosto, vuole essere uno sfogo, il grido di rabbia di chi è esausto; la preghiera di chi avverte la gravità dell’impotenza. Mi rivolgo reverente alla più alta carica dello Stato, guardandoLa con gli stessi occhi supplichevoli e fiduciosi che tante volte ho notato sui volti dei miei concittadini e dei miei stessi figli. E lo faccio con uno stile asciutto, privo di ornamenti esteriori, di raffinerie formali, di parole “ampullose e magnifiche”. Se ne parla tanto di aree interne, nelle più diverse sedi, ma segnali concreti di inversione di rotta non sono ancora ben visibili.

    Ho lottato tanto e qui si continua a lottare. Ci si prova in tutti i modi. Con gli altri sindaci ci si incontra, ci confrontiamo, redigiamo documenti, promuoviamo atti deliberativi, dibattiti pubblici, incontri più ristretti. E ancora: cortei e proteste, le voci della gente si levano dalle sale consiliari, dagli uffici, dalle piazze, in televisione, sui giornali, sui social. Persino la candidatura della Città di Agnone a Capitale Italiana della Cultura 2026, appoggiata da tutti i Comuni molisani, voleva essere un tentativo di rinvigorire le membra, scuotere le menti, infervorare gli animi, riaccendere la speranza della nostra gente, per riportare “il margine al centro”. Ma tutto pare inutile.

    E mentre da amministratori ci sforziamo di salutare come una “svolta storica” il D.D.L. Montagna, che, finanziando servizi essenziali come la sanità e l’istruzione, nonché interventi indirizzati all’agricoltura, mobilità, infrastrutture digitali e turismo, dovrebbe costituire un passo decisivo per sostenere le comunità delle terre alte, renderle più attrattive e invertire le tendenze allo spopolamento, proprio in questi giorni, nel Molise altissimo, viviamo un fermento, antico, ma rinnovato, perché un ospedale, il “San Francesco Caracciolo” di Agnone, un ospedale di area disagiata (tale, invero, è stato solo sulla carta, perché nei fatti non lo è mai stato quanto a strumentazioni, personale sanitario e posti letto, a dispetto degli appelli ufficiali corali, sostenuti persino dai Sindaci del vicino Abruzzo, delle mobilitazioni popolari, delle azioni giudiziarie che hanno portato anche pronunce favorevoli) è a rischio imminente di declassificazione a ospedale di comunità, con enormi conseguenze negative, non solo sull’economia locale, ma soprattutto per la salute pubblica. Non solo. Anche l’ospedale del capoluogo, Isernia (ricordo che Isernia è tra le Province più piccole d’Italia e conta tre aree interne), rischia un ridimensionamento che ne precluderebbe l’efficiente operatività.

    Quali prospettive di crescita e di sviluppo sono concesse a un territorio che ha subito tagli così tanto drastici? Si continua a cancellare, sopprimere con impassibilità sconcertante, indifferenza inquietante, segnando irrimediabilmente il destino di tante donne e uomini, cittadini della Repubblica, al solo scopo di contenere una spesa che, ironia di una sorte capricciosa, a dispetto di tutto e tutti, incomprensibilmente, dopo ben quindici anni di commissariamento, continua a lievitare (sic!).

    Il mio mesto pensiero non può non correre all’art. 32 della Costituzione che tutela la salute non solo come “fondamentale diritto dell’individuo”, ma anche come “interesse della collettività”. E la mia riflessione va oltre.

    Art. 2 – La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
    Ecco il principio personalista, che colloca la persona umana, nella sua dimensione individuale, così come in quella sociale, al vertice dei valori riconosciuti dall’ordinamento giuridico. Un fatto grandioso: la persona è tutto. Con queste parole, che hanno addirittura anticipato di un anno la Carta dei Diritti dell’Uomo, le Madri e i Padri Costituenti hanno fatto assurgere a legge un sogno.

    Art. 3 – Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

    Questo articolo rappresenta uno dei cardini dell’intera Costituzione, perché offre la chiave di lettura di tutta la Carta. Questa chiave di lettura è il principio di uguaglianza. Finalmente, finiscono privilegi e distorsioni e ogni persona diventa sacra. E la Repubblica è chiamata a svolgere un ruolo politicamente attivo per promuovere un’uguaglianza anche sostanziale, creando le condizioni necessarie per consentire a tutti di sviluppare la propria personalità e di realizzare le proprie aspirazioni.

    Mi piace ricordare che questi due articoli sono tra quelli che disegnano il volto della Repubblica, che contengono i principi fondamentali, le norme dal valore precettivo e non meramente programmatico, che, con un linguaggio straordinariamente chiaro, semplice, che in taluni punti diventa una poesia, individuano i valori che la ispirano e che devono porsi a fondamento di ogni altro atto normativo gerarchicamente subordinato. Sono il punto più alto della nostra legislazione, che ha sanato le ferite del passato, ha precorso i tempi futuri e ha rappresentato un modello per molte altre legislazioni. Alcuni diritti sono propri dell’essere umano e, come tali, sono inviolabili. Ogni singola persona nasce con questi diritti e lo Stato si limita a “riconoscerli” e a “garantirli” (verbi mirabili: parole scolpite che incarnano esse stesse un programma di vita). Tal è il diritto alla salute e, in quanto tale, il diritto alla salute deve essere assicurato a tutti, tramite idonei interventi dello Stato, volti ad offrire pari opportunità anche ai soggetti più deboli. Come noi. Queste norme, che sono una preziosa eredità che ci rende orgogliosi, che sono state e sono punto di riferimento di molte altre legislazioni, purtroppo, non ci danno più fiducia né speranza, in questi tempi difficili.

    Cosa chiedo, a nome anche dei cittadini, dunque? Rivelare e valutare la “verità effettuale”; guardare sotto le apparenze, le motivazioni ufficiali, per cambiare rotta. Chiediamo aiuto, per mettere in luce il problema, richiamando, in nome della Costituzione, gli attori istituzionali, di ogni ordine e grado, ai loro doveri, sottolineando che l’accesso ai servizi sanitari nelle aree interne non è un sovrappiù, bensì un requisito di cittadinanza, l’espressione della dignità umana; invitando ad un impegno concreto su personale, infrastrutture, tecnologie, trasporti, coordinamento, strategie unitarie; sollecitando incentivi, benefit fiscali, borse di studio, alloggi per chi sceglie di lavorare nelle aree interne. E quant’altro.

    La Sua presenza, la Sua parola, la Sua autorità di garante della Costituzione costituirebbero senz’altro un forte e deciso segnale di solidarietà, di partecipazione; una voce altisonante per richiamare la giusta attenzione delle Istituzioni; una guida sicura e un sostegno a questo popolo che faticosamente, ma appassionatamente, cammina verso un futuro di dignità della persona umana ed equità sociale, di coesione e complicità, di accoglienza e inclusione, di creatività e innovazione, di prosperità e prospettive. Non mi rimane altro.

    Nella seduta di insediamento del Consiglio Comunale ho compiuto un atto altamente significativo di un fortissimo impegno verso i cittadini, con il solenne giuramento “di osservare la Costituzione italiana”. L’ho fatto, commosso, con il capo scoperto e chino e indossando la “fascia tricolore”. Questo munus nei confronti dello Stato e della comunità locale si rinnova ogni giorno della consiliatura e ogni volta che indosso la fascia non è una semplice cerimonia, ma la celebrazione dei valori della Costituzione. In questo contesto, tuttavia, mi sento inadeguato: se non riesco nemmeno a tutelare e garantire la salute dei miei cittadini in ugual misura rispetto alle italiane e agli italiani che vivono in zone più fortunate, forse sono venuto meno a quel giuramento e forse è arrivato il tempo di deporre la fascia. Ma non voglio farlo.

    Secondo Machiavelli, quello dell’uomo non è l’unico modo di agire; altri ce ne sono che consentono di evitare i “lacci” e vincere i “lupi”. Lo diceva pure Pico della Mirandola: “Non ti ho fatto né celeste né terreno, né immortale, né mortale, perché di te stesso, quasi libero e sovrano ti plasmassi e ti scolpissi nella forma che tu avessi prescelto. Tu potrai degenerare nelle cose inferiori che sono i bruti; tu potrai rigenerarti secondo il tuo volere, nelle cose superiori che sono divine”. Io scelgo consapevolmente e liberamente di essere uomo e di impegnarmi nel bene comune. Tuttavia, Le chiedo di darmi voce sicura per consegnare speranza ai giovani e consolare gli anziani; parole giuste per ricondurre la gente a quelle istituzioni di cui non riconosce più la funzione e nelle quali non ripone più fiducia; strumenti concreti affinché la storia, la tradizione, l’arte, i suoni, i saperi, la nostra cultura e identità millenaria che ancora erompono nel presente in tutta la loro forza travolgente, non vadano persi; ragioni per continuare a vivere.

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