La scienza incede orgogliosa, superba, talora gioiosa, senza domandarsi, spesso, quali sono, o potrebbero essere, i risvolti etici, morali, sociali, religiosi, delle sue nuove frontiere.
Vorrei affrontare, dopo la pubblicazione della sentenza sulla incostituzionalità della legge 19 febbraio 2004 n.40, per la affermata violazione degli art.li 2,3,29,31,32 e 117 della Costituzione – già denunciata dai Radicali ed oggetto di un referendum dichiarato invalido (2005) per difetto di “quorum” – i problemi psicologici, spirituali di una “procreazione assistita”.
Si conoscono i viaggi, comunque infelici “della speranza”, sotto forma di “turismo procreativo”, di tante coppie italiane, in varie parti dell’Europa dalla Grecia all’Ucraina, dove i costi erano inferiori, alla Spagna e all’Olanda, dove i costi erano estremamente più elevati.
Era, questo, un danno che aveva le sue implicazioni anche nell’applicazione dell’art.3 della Costituzione.
Va precisato che il concettodi fecondazione assistita eterologa è diverso dalla procreazione assistita, anzi dalla procreazione, a mezzo di manovre non naturali, con tecniche “in vitro”, sugli ovuli femminili.
Un aspetto particolarmente delicato e complesso, concerne la sfera psicologica della coppia e in particolare del padre non naturale – anche quando non si confessi apertamente il disagio – durante il tempo della procreazione, e, ancor più, dopo la nascita della creatura.
Esso è profondo, non lenibile, se non dopo, verosimilmente, un certo sforzo di bilanciamento tra il desiderio di genitorialità e la sofferenza per una procreazione assistita.
Nonostante la accuratezza degli esami preventivi sugli embrioni e sui gameti, e ciò per la difesa eugenetica del nascituro,
sono avvenuti scambi di embrioni o di gameti (particolarmente scandaloso il caso della coppia, che, dopo la inoculazione di un gamete esterno, da parte di un donatore suppostamente bianco, vedeva nascere una coppia di bambini neri).
Un tradimento, questo, particolarmente doloroso, consumato all’insaputa della coppia, che rende ancor più insopportabile l’esito di un processo già pieno di dubbi, di rinvii, di ripensamenti.
Ma la scienza va avanti: non fa sconti assolutamente a problematiche di siffatto tenore.
L’essenziale è il risultato: brillante, nuovo, appagante, orgoglioso, vincente.
Pur nel terrificante momento, in cui l’uomo riuscì, nello scantinato di uno stadio americano, ad ottenere la scissione dell’atomo – la cui esplosione avrebbe sconvolto profondamente la storia dell’uomo – e, pur nel dubbio che in qualcuno comparve sulla possibilità che quel fenomeno, che lasciava stupiti ed atterriti gli scienziati del 45, potesse dar luogo a disastri estremi, come, poi, subito dopo, accadde a Hiroshima e Nagasaki, la scienza andò, e va, avanti, e superba incede, come detto, senza lasciarsi affatto tentare da implicazioni filosofiche, spirituali, psicologiche, che un risultato di una ricerca può produrre.
Uno dei più bei romanzi di D’Annunzio (in alcune prose il poeta, celebratissimo, inventore di tecniche sonore nell’accostamento di parole, che ha dell’incredibile, riuscì, molto meglio che nella stessa poesia), è l’Innocente in cui riuscì ad indagare la psiche umana, le abissali passioni dell’uomo, i dubbi, le segrete angosce.
La storia si basava sul dubbio di un padre che il bambino potesse non essere suo; il dubbio lo stordiva, lo angosciava.
Il tormento era penosissimo: non lo faceva dormire né di giorno né di notte; e, così, una mattina, silenziosamente, quasi in trance, e con una carica criminosa involontaria ma irresistibile, espose il bambino nudo, alla intemperie di una giornata di un inverno rigidissimo.
Il bambino morì.
Che cosa proverà un padre – che sapendo che la causa della sterilità dipende solo da lui e non dalla moglie, giacchè la stessa fecondazione dimostra la capacità procreativa della donna – nel pensare che un gamete esterno, di persona del tutto sconosciuta, di cui sono ignoti i genii, è stato artificialmente introdotto, con un espediente scientifico, nell’interno più remoto e più gelosamente custodito della propria donna?
Quale sarà il suo tormento per tutta la vita, durante la evoluzione dell’infante.?
Giorno dopo giorno, ora dopo ora spunteranno l’assillo e la lacerante sicurezza di una paternità non sua, ma di un donatore esterno ignoto.
Verosimilmente il tormento sarà incessante, e tuttavia inconfessabile, per tutta la vita; dentro, nell’intimità del suo essere, imprecherà contro la natura maligna, contro una paternità volontariamente tradita.
Quando guarderà il prodotto dell’artificio del tutto sconosciuto fino ad alcuni decenni orsono, della mescolanza in provetta di gameti e di embrioni, oggi legalmente ammessa dalla Corte Costituzionale, non è azzardato immaginare, quanto possa essere immenso, continuo il suo turbamento.
Naturalmente non è sempre così, c’è chi non ha e non si pone problemi siffatti, e continua a vivere nel coraggio del non dubbio e nella supremazia di una visione felice, conquistata magari con astuzia.
Mille problemi, mille domande, mille dubbi, mille sofferenze .
Franco Cianci