• Editoriale
  • Quel ti voglio bene, sorella mia, che non ti ho mai detto

    Compà, siamo appena rientrati passi per un caffè?” Mi apostrofavi così, quando insieme a Lello tornavi ad Agnone nella casa in via XI Febbraio, a cui tenevi tanto e curavi con gusto. Compà, un vezzeggiativo di cui vado fiero, perché essere uno dei tuoi migliori amici era, e sarà sempre un onore. Ma anche una grande responsabilità. Tu, precisa, impeccabile, solare, elegante, fuori dai canonici schemi, al tempo stesso severa con chi, come me, ha una dizione da montanaro che hai sempre cercato di correggere. Sorriso contagioso e quella voglia di vivere che mi hai, ci hai trasmesso ogni qualvolta ti si incontrava per le strade di Agnone o durante una scampagnata. “Il giornale come va? Facciamo una rubrica teatrale? Ci riprendiamo in gestione il teatro? E dai facciamo un festival, porto io le compagnie”. Vitalità da vendere, sempre qualcosa da fare, da progettare, da mettere in scena sul palcoscenico, il tuo più grande amore, al pari di Lello. Paola, vulcano di idee, sensibile, amorevole, passionale. Paola, sempre disponibile a darti una mano in qualsiasi momento, come quella volta che organizzai una serata di beneficenza per donare il ricavato alla casa per anziani di San Bernardino. Te la proposi, e tu, senza esitare un istante mi rispondesti: “Veniamo io e Lello, farai un figurone”. Io che ad inizio serata salii sul palco emozionatissimo, indeciso, impacciato e sempre tu, la signora della recitazione, con pacatezza mi rassicurasti davanti a centinaia di spettatori. Andò alla grande. Serata indimenticabile.

    Ricordi che si accavallano per quelle nottate passate davanti al camino di papà Gino ad arrotolare tabacco e parlare di politica, impegno sociale, giornalismo, musica, film, libri e anche sport. Perché con te si poteva parlare di tutto. Preparata su tutto, ossessionata dal volermi vedere fidanzato. “Të múovë ca të fé vìecchjë”, ti divertivi ad usare il nostro slang, tu abituata ad interagire con artisti di fama nazionale e salire su set cinematografici. Tu, che avevi il pallino della dizione. La sera prima di volare in cielo, a poche ore dalla tragica notizia, siamo stati seduti uno davanti all’altro in Piazza Plebiscito per seguire il concerto di Shanna Watersown. Al tuo fianco Lello. Come quando il destino vi ha travolto. Paolè, te ne sei andata su quell’arteria infame dove ci sono più croci che alberi. Non mi hai nemmeno salutato perché domenica saresti tornata ad Agnone. Sarà dura non sentire più quel telefonino squillare e ascoltare il quasi ordine: “Compà, passa per caffè”. Sarà durissima non solo per me, ma per Agnone tutta, per i tuoi tanti allievi a cui hai insegnato l’arte del teatro e la smisurata voglia di vivere. Quella che ci hai consegnato con il tuo infinito sorriso. Sarà dura come il coltello entrato nella carne viva di Lello, Domenico, Giovanna e Fausta, dei tuoi amati nipoti e amici che ti hanno conosciuto e apprezzato e continueranno a farlo. Una cosa ci rassicura: in Paradiso insegnerai agli angeli come stare su un palcoscenico, in maniera impeccabile e senza distrazioni, che tanto ti facevano arrabbiare. Sei e resterai la nostra maestra perfetta in tutto. Quante cose desidererei ancora scrivere per cercare di far capire il tuo essere donna, artista, compagna, amica, sorella. Non ci riesco, il cuore fa male. Un’ultima cosa, la più importante, voglio gridarla: non ti ho mai detto Ti voglio bene, sorella mia”. E non me la perdonerò mai. Ciao Paolè…oggi è il giorno del dolore, ma già immagino e auspico che l’Italo Argentino sia intitolato alla tua figura. Un riconoscimento doveroso perché Agnone perde una delle persone più belle e brillanti che abbia mai concepito.

    di Maurizio d’Ottavio

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