Il 23 febbraio 2015 nella sala consiliare di Agnone si è tenuto un consiglio monotematico circa la sopravvivenza dell’ospedale San Francesco Caracciolo di Agnone, dove oltre al consiglio comunale di Agnone sono stati invitati ed hanno partecipato tutti i sindaci dell’Alto Molise, l’Alto Vastese, l’Alto e Medio Trigno, l’area di Trivento. In pratica tutti i Comuni che formano il bacino di utenze dell’ospedale altomolisano. Come spettatore, ho visto con piacere il fatto che all’unanimità hanno sottoscritto un documento che mostra l’effettivo disagio per il diritto alla salute in queste aree qualora si dovesse chiudere il citato ospedale. Documento da sottoporre alla politica regionale e nazionale per invocare la salvezza del Caracciolo. Sono rimasto però sconfortato quando nel dibattito è emerso che la sanità molisana si è indebitata, con i governi regionali precedenti, di 400 milioni di euro e con il governo in carica di altri 50 milioni di euro, quando tutti i molisani si aspettavano che con il cambio di governo i debiti incominciassero a scendere. Come semplice cittadino e della mia entità, non so se posso permettermi di dire quello che penso in merito, ma con tutta sincerità e franchezza, non posso astenermi dal commentare quello che ho sentito rafforzandomi dalla libertà di espressione sancita dalla Costituzione. Dal dibattito, ho avuto l’impressione che il sistema istituzionale, nel suo insieme Comuni, Province, Regione e governo centrale, intendono spendere più soldi per calcolare e ricalcolare le distanze, i minuti, i secondi, i posti letto, gli orari di apertura, il tempo dell’esercizio; sembra quasi che vorrebbero persino stabilire a che ora ci possiamo ammalare, possiamo fare incidente, a che ora può accadere un infortunio, o addirittura quando si può partorire. Mettono insieme tutte queste voci per comporre dei parametri ed imporli ai cittadini. Sono convinto che fare tutte queste operazioni costa molto di più che mantenere gli ospedali nella loro efficienza che avevano precedentemente. Discorso che accetterei solo se tutti questi calcolatori ci dicessero, con la stessa precisione, a che ora nevica, si alza la bufera, si è resa la strada trafficabile, quando fa la frana, quando si tappano le buche per la strada, eccetera. Tutti quelli che operano per calcolare quanto sopra elencato, è ovvio che non hanno sentito quanto detto dai sindaci presenti. Ne dico una detta dal sindaco di Capracotta e mi auguro che valga per tutte: ha detto che gli è capitato che per andare da Capracotta ad Isernia ha impiegato cinque ore causa bufera, ed io mi associo perché a me è capitato più volte da Agnone. Per fare tutti questi calcoli e ricalcoli costa certamente una cifra che comunque va ad innalzare i debiti. Allora comincio a pormi domande: come fa una regionella come il Molise che conta una popolazione di un quartiere di Napoli o Roma ad indebitarsi così alla grande? Una regionella che potrebbe e dovrebbe essere la “villa d’Italia” data la sua posizione geografica e la sua densità di popolazione e invece si è indebitata al punto da non poter elargire ai cittadini i servizi essenziali dettati dalla Costituzione. Siamo sicuri che queste somme sono state spese davvero per la sanità o sono finite anche su altri capitoli? Per caso è mancata la supervisione dello Stato? L’articolo 124 della Costituzione dice: “Un commissario del Governo residente nel capoluogo della Regione sopraintende alle funzioni amministrative esercitate dallo Stato e le coordina con quelle esercitate dalla Regione”. Nella nostra Regione chi è stato ed è tale commissario del Governo e come ha svolto il suo ruolo e che spiegazioni ci sa dare? I consiglieri regionali operano a tutela dell’intera Regione, o strizzano l’occhio al paese nativo e dove hanno preso più voti? Il presidente, la Giunta Regionale e i parlamentari molisani come ci rappresentano allo Stato? Tutti insieme oppure ciascuno per il suo potere di partito? Sono convinto che le sofferenze che stiamo vivendo sono frutto di quel misterioso sistema politico che negli ultimi anni ha creato una sorta di separazione tra le forze politiche e la società civile e quando non c’è dialogo tra loro è come quando non c’è dialogo tra genitori e figli (più è lontano il dialogo e più è lontano il progresso). Credo che i politici, a prescindere dal colore dell’abito che indossano, debbano fermarsi un po’ a riflettere come hanno ridotto questa bellissima Regione e debbano rendersi conto che lo sconforto della società civile verso di loro è legittimo, non è solo per l’ospedale, che pur essendo la cosa più importante, non è l’unica che irrita il popolo. Lo si evince dall’accoglienza che trovano quando girano il territorio. Tempi fa, quando i politici visitavano il territorio, nei piccoli Comuni venivano accolti quasi come Santi, perché i cittadini si sentivano quasi protetti, aiutati a risolvere problemi, ad essere ascoltati; oggi invece si sentono presi in giro, perché non ascoltano le richieste dei cittadini, non risolvono alcun problema. È sotto gli occhi di tutti la sofferenza della sanità, giusto problema prioritario, ma non di poco conto quello dell’agricoltura, della disoccupazione, della sicurezza, del commercio, dei trasporti, delle scuole, della tutela del territorio e dei beni storici e culturali, dell’ambiente, della viabilità, dell’edilizia, del turismo, eccetera. A me pare che tra i politici, anche cattolici, non hanno mai letto quella frase: “chiedete e vi sarà dato”, perché vige proprio il contrario, quindi più chiediamo e più ci viene tolto. In effetti siamo la Regione che ha le tasse più alte d’Italia, il più alto tasso di disoccupazione, il più alto tasso di interesse bancario, il più difficile accesso alle banche; allora in base a quale criterio i cittadini possono ancora avere fiducia? Personalmente, stimo i politici in quanto uomini, con molti dei quali ho anche conoscenza diretta, ma non riesco ad avere la stessa stima per come esercitano la politica. Perché la politica è quella che determina la ricchezza e la povertà di una Regione, di una Nazione, di un qualsiasi Ente e persino di un Continente, a seconda di come viene esercitata. Ho sentito in televisione un politico regionale di alto livello che ha detto: “Stiamo tornando ad una sanità di quarant’anni fa”. Mi è venuta un’esclamazione spontanea: “Magari!”. Quarant’anni fa subii un intervento di normale appendicite e mi tennero ricoverato dieci giorni prima dell’intervento e dieci giorni dopo, e questo non valeva solo per me. L’ospedale era sempre strapieno e simpaticissimi i medici e infermieri lavoravano ventiquattro ore al giorno per assistere e curare tutti. Negli ultimi tempi i pazienti vengono dimessi spesso lo stesso giorno dell’intervento, quindi le spese si dovrebbero ridurre, invece i debiti aumentano sempre. Come mai allora diminuiscono di molto i servizi e i costi continuano a crescere? Come mai quelli che secondo loro governano e amministrano bene fanno più debiti di chi governava e amministrava male? Certamente c’è un errore da qualche parte. E allora mettiamoci al lavoro tutti per poterlo correggere; correggere significa riequilibrare, cioè: stessi servizi, stessi costi. Allora cominciamoci a chiedere quanto costava allora la dirigenza dell’ospedale, il personale medico ed infermieristico, la reperibilità, il trasporto in ambulanza, la mensa, le pulizie, la manutenzione, ed altre voci che magari io non conosco. Confrontiamole con il costo attuale e forse viene fuori qualche differenza. Non voglio aggiungere altro, faccio solo delle personali considerazioni; sono certo che tutte queste manovre che si fanno, questi duelli politici, queste divergenze tra partiti e spesso anche all’interno dei partiti, divergenze con forze sindacali e spesso anche tra il personale coinvolto, e allora tutto questo discorso, sempre più politichese che politico, mostra con estrema chiarezza che il fine è quello di far scomparire la sanità pubblica per affidare l’intero complesso sanitario ai privati. Dunque, io non so quanti molisani sono d’accordo con la mia tesi, perché io sostengo fino all’ultimo respiro, che la sanità pubblica deve essere non solo mantenuta, ma incentivata, custodita, supportata, resa efficiente ed eccellente al punto che da tutto il mezzogiorno d’Italia approdino nella nostra Regione, affinché la sanità molisana si trasformi in una ricchezza, come giusto che sia, per la Regione e non un problema, come ci vogliono far passare i nostri politici. Ai cittadini molisani faccio un esempio: quando è ricco il padre, vivono bene tutti i figli, ma se è ricco uno dei figli, dei fratelli si interessa poco, anche perché mentre il padre è tenuto ad aiutare i figli, il fratello non è tenuto, ma è facoltativo. Morale: lo Stato è tenuto ad assistere e curare tutti i cittadini, mentre il medico privato ti cura solo se lo paghi. E chi non ha soldi? … La sanità privata che io stimo e rispetto, si deve autofinanziare, non può operare con i fondi dello Stato, perché i soldi dello Stato sono di tutti i cittadini, non di uno solo. Ho sempre ritenuto, ritengo e riterrò fino all’ultimo respiro, che la privatizzazione all’italiana ci porterà alla più nera miseria della storia, allo sbaraglio totale. Ora, siccome i politici regionali a volte sostengono che ci sono decreti e leggi del ministero della finanza e della sanità che bisogna rispettare, rivolgo al loro, con molta stima e simpatia, una domanda ciascuno. Al Ministro della salute: “Quale reato abbiamo commesso noi dell’Alto Molise per essere trattati in maniera secondaria?”. Perché io trovo che l’unica colpa che abbiamo è quella di essere nati in queste zone ed essere fortemente innamorati della nostra terra al punto di resistere a tutte le intemperie. E al Ministro della finanza: “Oggi nel nostro Paese vige un metodo di tracciabilità che, se un cittadino dichiara un reddito di 10mila euro all’anno, se dopo quattro anni compra una macchina usata da 4mila euro, lo Stato vuole sapere come ha fatto a risparmiare detta cifra; allora un cittadino che ha la possibilità di costruirsi un ospedale da 50 – 60 milioni di euro, quale dichiarazione reddituale aveva negli anni precedenti? Il tipo di tracciabilità é uguale a quello che dichiara 10mila euro”. Ho voluto dire questo perché io prima ancora di essere un cittadino agnonese e molisano, sono un cittadino italiano, e sono orgoglioso di esserlo, ma non vorrei che la politica mal esercitata mi faccia vergognare di esserlo. Fatte tutte queste valutazioni e considerazioni, invito tutti i sindaci di queste bellissime aree a correggere gli errori del passato, che ne sono tanti, tra i tanti il più grave è quello che i politici regionali non sono stati mai capaci di bloccare il calo demografico di queste zone, da me invocato da oltre trent’anni. Hanno preferito spostare i lavoratori dove c’era lavoro, anziché portare lavoro in queste zone. È stata una povertà costruita, non caduta dal cielo. Oggi potremmo avere i numeri giusti per chiedere ogni sorta di cosa con più forza per ottenere. Comunque, rivendicare i diritti lo dice la Costituzione e quindi, anche se siamo una regionella, lo Stato deve dare a noi è quello che dà a tutti gli altri italiani. Se quando lo Stato manda le bollette di pagamenti, le cartelle esattoriali, i certificati elettorali, trova persino il più sperduto cittadino che abita dentro una vallata tra la fitta boscaglia, è giusto allora che lo trovi anche quando deve elargire diritti. Allora invito tutti i molisani e i sindaci dei Comuni più sofferenti a fare domanda di riaggregazione all’Abruzzo. Come esiste Emilia e Romagna può anche esistere Abruzzo e Molise, come già lo era. E, in questo modo eviteremo quella valanga di danaro che costa tutto l’apparato politico regionale. Tale somme possono dare respiro alla sanità, ma anche ad altre voci.
Ascenso Orlando