«L’accesso all’istruzione è condizione primaria per contrastare lo spopolamento». Ne è convinto Domenicangelo Litterio, portavoce del “Movimento per la difesa delle zone interne” che opera a cavallo delle due regioni Abruzzo e Molise. Un sodalizio che da anni propone e suggerisce alla politica cosa fare per tentare di contrastare lo spopolamento delle aree interne, dell’Alto Molise e Alto Vastese in particolare.
«Il diritto all’istruzione, sancito nella nostra costituzione, è un diritto “inviolabile”, come i diritti alla vita, alla salute, al lavoro. – spiega Litterio – La Costituzione obbliga lo Stato ad assicurare tali diritti, promuovendo tutte le iniziative che consentano a tutti i cittadini di godere di “pari dignità sociale ed uguaglianza di fronte alla legge, senza distinzione di condizioni personali e sociali”. Dunque, tornando alla scuola, chi abita in un paese dell’entroterra deve avere diritto all’istruzione come chi abita in una metropoli. Certo nessuna legge vieta l’accesso a scuola a chi abita in zone periferiche, ma è come se tale legge esistesse. Infatti vi sono criteri nell’organizzazione del servizio scolastico che concorrono a questo esito. Il primo criterio è quello di autorizzare il funzionamento delle classi in base al numero dei frequentanti. Ora è strano applicare il criterio del numero là dove si sa in partenza che questo numero non c’è. E’ come se si assicurasse un contributo a tutti i bambini là dove esistono solo adulti. Che senso ha? Questo è un criterio-alibi per tacitare la coscienza di quanti hanno responsabilità nell’applicare il dettato costituzionale, ma è anche una dimostrazione di incapacità a trovare alternative al “numero” per assicurare il diritto. – spiega in dettaglio Litterio, che è anche un docente e dirigente scolastico in pensione – Il secondo criterio che tradisce il dettato costituzionale è quello della “legge uguale per tutti” là dove non tutti sono uguali. L’applicazione del criterio “numero” può essere valido per alcune parti d’Italia, ma non per tutte, perché le condizioni oggettive rendono alcuni cittadini “non uguali” ad altri. La logica vuole che si abbandonino questi criteri “generali” e si condividano altri criteri più adeguati e sempre mirati ad assicurare le pari opportunità a tutti i cittadini italiani».
E dopo la critica, arriva la proposta: «La soluzione potrebbe essere a portata di mano perché la tecnologia e le nuove tecniche di comunicazione consentono l’adeguamento dell’accesso all’istruzione nella diversità dei luoghi e delle condizioni. – argomenta Litterio – Vi sono possibilità di creare spazi virtuali condivisi con il numero di alunni proporzionato alla didattica ed ai programmi che si vogliono attivare. Non parliamo, ovviamente, di didattica a distanza, ma di classi reali coordinate da un assistente, che interagiscono tutti con lo stesso insegnante. Non parliamo di didattica a distanza ma di classi interattive, c’è chi le chiama “immersive”. Che senso ha pensare ancora in termini spazio-temporali definiti, immodificabili? Alle aule delle materie di insegnamento, e non delle classi, devono poter accedere tutti quelli che ne hanno diritto, indipendentemente dal loro numero. C’è molto lavoro da fare, ma condividere una nuova organizzazione del servizio è già un buon inizio. Dicevano i nostri vecchi “solo quello che non si inizia non si finisce”. Dunque iniziamo ad attivare i finanziamenti necessari per istituire aule interattive multimediali organizzate a rete; vedrete che non avrà più senso chiedersi quanti studenti vi sono all’interno: il numero dei presenti corrisponderà sempre al numero complessivo degli studenti nelle aule collegate».