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  • Sequestrati in casa da venti giorni in attesa del tampone, il sindaco Saia libera la famiglia agnonese

    C’è voluto l’intervento del sindaco Daniele Saia, locale autorità sanitaria e di pubblica sicurezza, per sbrogliare la situazione al limite del paradosso che ha visto coinvolte, loro malgrado, due famiglie agnonesi.

    La storia l’ha raccontata la diretta interessata, Liliana Porfilio. Il marito fa un tampone propedeutico ad un ricovero ospedaliero e risulta positivo al Covid19. Scatta l’isolamento domiciliare per lui e per la moglie, ma anche per la figlia con i suoi bambini in età scolare. Da quel momento l’Asrem sembra dimenticarsi delle due famiglie in quarantena. Passano i giorni, tre settimane, e nessuno dell’Usca o dell’Asrem si presenta al portone di casa delle due famiglie per ripetere il tampone e restituire alla libertà i reclusi che tra l’altro sono risultati negativi ad un primo tampone. Le due donne, mamma e figlia, lavorano, devono rientrare, i bambini devono andare a scuola, e il paziente positivo deve urgentemente essere ricoverato per altre e pregresse patologie. Tutti bloccati, «sequestrati in casa da più di venti giorni» dirà la signora Liliana, in attesa dei tamponi di conferma.

    Allora un primo appello sulla stampa, poi l’idea di scrivere al viceministro alla Sanità Pierpaolo Sileri, la telefonata ai Carabinieri e infine al sindaco Daniele Saia. Proprio il primo cittadino ha preso a cuore l’incredibile vicenda e ha preso contatto con i vertici dell’Asrem. E, come per magia, quella che sembrava una situazione di impasse si è improvvisamente sbloccata. «Nel pomeriggio di ieri siamo stati convocati a Campobasso per fare finalmente il benedetto tampone. – spiega infatti all’Eco la signora Liliana – C’è voluto l’intervento del sindaco Saia che ringrazio infinitamente a nome della mia famiglia».

    E così nel pomeriggio di ieri la donna con i famigliari più stretti è salita su un’auto, anzi su due per mantenere il distanziamento tra nuclei familiari, ed è partita alla volta di Campobasso, 65 chilometri all’andata e altrettanti al ritorno, per ottenere il diritto ad essere sottoposta ad un tampone di controllo. «Prima di partire, – confessa la donna – ho chiamato per scrupolo i Carabinieri dicendo loro che stavo per andare a Campobasso con un paziente positivo al Covid per fare il tampone». Tutto è andato liscio, assicura l’agnonese, anche abbastanza veloce la fila lì al punto di raccolta del tamponi. Ora le hanno assegnato una password con la quale, nelle prossime ore, potrà consultare l’esito del suo tampone e di quello dei suoi congiunti. La reclusione ai domiciliari di tre settimane, dunque, sta per terminare, anche se tutto dipende dall’esito di quel benedetto tampone.

    Francesco Bottone

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