• In evidenza
  • Tartufi e minacce, la testimonianza: «Affiancati da un’auto e “invitati” ad andare via»

    Il rogo dell’autovettura a Belmonte del Sannio, come l’ennesima goccia nel vaso, fa tracimare il velo di omertà che ammanta il mondo dei cavatori di tartufo in Alto Molise. E spunta fuori un altro episodio di intimidazione a danno di un cercatore di tartufo hobbista considerato “forestiero”. Episodio che sarebbe avvenuto ai primi del mese e finito “semplicemente” con un esplicito invito ad andare via e a non tornare mai più in quel territorio.

    «Avevo prenotato una camera per la sera, c’era la festa dei fuochi rituali ad Agnone, – racconta alla nostra redazione un infermiere del Vastese, cercatore di tartufo per hobby – e insieme alla mia compagna, avevo deciso di portare anche i due cani con i quali ogni tanto vado a tartufo. Abbiamo fatto un giro in quella zona dove sapevo che c’è del tartufo. Appena arrivati siamo stati “avvistati” da una sorta di vedetta che controlla tutti gli accessi e i passaggi in quel bosco. Andiamo avanti e pochi minuti dopo vengo affiancato da un veicolo con a bordo tre individui sulla cinquantina che mi chiedono cosa stessi facendo in quel posto. Insieme con me c’era, a bordo dell’auto, la mia compagna. Dopo uno scambio di battute piuttosto acceso, vengo decisamente invitato a lasciare quel posto nel più breve tempo possibile. “Te ne devi andare da qua” mi hanno detto e “non tornare più“. Frasi e atteggiamenti minacciosi che hanno impaurito la mia compagna, scoppiata in lacrime. Per evitare ancor più spiacevoli epiloghi ho deciso di fare inversione e andare via. Sotto shock per quanto accaduto, abbiamo deciso di andare via dall’Alto Molise, disdicendo anche la prenotazione in albergo. Il territorio non ci fa una bella figura, sembra proprio che ci sia una rete che controlli la zona. Comprendo gli interessi economici che ruotano attorno a questo mondo, ma il tartufo deve essere una risorsa per l’intero territorio, non per qualche “banda” di cavatori che pensa di avere il controllo completo dell’area. Io per fortuna ho un lavoro, non devo cercare e vendere tartufo per campare, ma anche chi lo fa per mestiere non può pensare di essere padrone incontrastato di un intero territorio. Non funzionano così le cose, o meglio, non dovrebbero funzionare così».

    Insomma, una rete fitta e capillare che controlla e gestisce il territorio, sfruttando la “miniera” di tartufo che i boschi dell’Alto Molise celano; questa è l’istantanea piuttosto preoccupante che viene fuori dal racconto del cercatore hobbista del vicino Vastese. Un territorio controllato da una “banda”, un sodalizio che vuole mettere le mani, in via esclusiva, sul prezioso tartufo, e non si fa scrupolo di utilizzare metodi non propriamente democratici e leciti, dalle intimidazioni, ai danneggiamenti, fino all’incendio dei veicoli. «L’Alto Molise e Belmonte del Sannio in particolare non ci fanno una bella figura. – riprende il tartufaio hobbista del Chietino – Quella sera, mentre fuggivo dal bosco dopo l’invito ad andare via appena ricevuto, ho incrociato una pattuglia dei Carabinieri. Ho riferito loro quanto accaduto, ma i militari mi hanno detto che non avevo prove, era la mia parola contro quella degli altri. Mi rendo conto che è così, ma questi episodi vanno raccontati, in modo tale da sollevare e portare alla luce una situazione divenuta intollerabile. Si tratta di atteggiamenti mafiosi, questo è, non trovo altre parole. Ho scritto anche alla redazione delle Iene, segnalando l’accaduto».  

    Dal quotidiano Primo Piano Molise

    Sostieni la stampa libera, anche con 1 euro.

    Lascia un commento