• Editoriale
  • Tre incidenti mortali al giorno: la montagna uccide più della caccia, ma nessuno chiede di vietare il trekking

    I numeri sono impietosi, perché non lasciano troppo spazio alle interpretazioni: 83 decessi e 5 dispersi, che probabilmente verranno ritrovati cadavere, in appena un mese, praticamente quasi tre incidenti mortali al giorno. La montagna, dati alla mano, uccide più della caccia.

    Ne ha parlato, sul Corriere della Sera, il capo nazionale del Soccorso Alpino, Maurizio Dellantonio, che si è dichiarato preoccupato per il tasso di mortalità elevato che si registra in montagna in questo periodo. Lo stesso tasso di mortalità che viene invocato dai detrattori della caccia, ad esempio, per chiedere, proprio in ragione del numero di vittime, di vietare l’attività venatoria.

    Se il numero di morti e feriti fosse il dato discriminante per tollerare o meno, peggio ancora consentire piuttosto che vietare le attività cui si dedica l’uomo in assoluta libertà, beh allora oggi bisognerebbe chiedere alle autorità di vietare le montagne, le escursioni e le arrampicate perché spesso ci sono vittime. Follia.

    Chi vuole continui ad andare in montagna, sapendo che non ci si improvvisa, che bisogna essere prudenti, consapevoli del proprio stato di preparazione fisica e tecnica, bene equipaggiati, informati sulle condizioni meteo e in contatto con i soccorritori, esiste e funziona benissimo l’applicazione gratuita GeoResQ.

    Analogamente chi vuole deve poter continuare ad andare a caccia o in moto, in aereo o con il deltaplano, in biciletta persino, liberamente e senza costrizioni, nelle liberaldemocrazie dell’Occidente funziona così, se ne facciano una ragione i sinistri anticaccia, sempre con la massima prudenza e consapevolezza.

    Perché, per fortuna, siamo ancora liberi di scegliere come vivere e addirittura anche come morire, se proprio vogliamo dirla tutta.

    Francesco Bottone

    L’articolo sul Corriere QUI

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