Si è svolto nei giorni scorsi, nel comune di Fagnano Alto, il convegno dal titolo “La gestione del cervo nella regione Abruzzo con particolare riferimento al parco naturale regionale Sirente Velino”. Organizzato dall’ente parco, evento fortemente voluto dal presidente Francesco D’Andrea e dal dDirettore Igino Chiuchiarelli per porre le basi di una corretta gestione del cervo presente nell’area protetta. Moderatore Franco Recchia, punto di riferimento per la gestione faunistica in Abruzzo.
«Sono più di vent’anni che nel parco viene affrontato il problema della gestione del cervo per limitare l’impatto che la specie ha sia sulla biodiversità che sulla forestazione e le colture agrarie» ha dichiarato il biologo e coordinatore scientifico del Parco nazionale dello Stelvio, Luca Pedrotti. Il Parco dello Stelvio è stato il primo tra i parchi nazionali ad affrontare il problema e l’unico a praticare le azioni di controllo mediante prelievo con carabina. Interessante è stato anche l’intervento di Gugiatti, responsabile del progetto cervo per le attività di campo, che si è soffermato sull’organizzazione dell’attività di controllo e la gestione dei cacciatori volontari che sono stati opportunamente formati dall’ente stesso. «Intervenire solo all’esterno del parco con la caccia di selezione amplificava il problema dei danni all’interno dell’area protetta in quanto i cervi, dopo i primi abbattimenti, si rifugiavano all’interno del Parco» hanno spiegato gli esperti. Anche Riga dell’ISPRA ha rimarcato lo stesso problema. La gestione del cervo deve essere attuata quindi sull’intero comprensorio dove la specie è presente, dentro e fuori le aree protette.
Interessante è stata la relazione di Lovari, ex membro dell’IUCN (Unione mondiale per la conservazione della natura) e presidente del gruppo che si occupa degli ungulati di montagna a livello mondiale, che ha sottolineato con l’evidenza dei dati scientifici, come la presenza del cervo possa essere considerata una concausa, insieme ai cambiamenti climatici, del decremento osservato in alcune popolazioni di camoscio appenninico. Lovari si è soffermato in particolare sull’effetto che le variazioni climatiche possono avere sulle popolazioni di camoscio appenninico. Con l’aumento della temperatura, la principale risorsa alimentare (Tripholium thalii) del camoscio tende a diminuire e se l’andamento delle temperature tende a crescere nei prossimi anni è possibile che tra un secolo la specie si estingua.
Ha concluso gli interventi Francesco Riga dell’ISPRA che ha redatto in collaborazione con Franco Recchia, ex dipendente regionale, il nuovo piano faunistico venatorio. Con l’approvazione di questo strumento, ha spiegato Riga, è oggi possibile iniziare il prelievo della specie nella regione Abruzzo, fuori dalle aree protette, in quanto rientra tra le specie cacciabili previste dalla L. 157/92.
Le conclusioni sono state affidate all’assessore regionale Emanuele Imprudente, che si è complimentato con gli organizzatori del convegno per il taglio che è stato dato, con interventi di alto spessore scientifico, ed ha invitato il parco ad andare avanti sulla strada intrapresa assicurando il pieno sostegno della Regione.