ISERNIA – Ventisettemila esami di trichinella in Molise: solo dieci i cinghiali positivi, pari allo 0,04 per cento.
E’ quanto emerso nel corso del convegno organizzato dall’ordine dei veterinari di Isernia e dall’Istituto zooprofilattico.
La popolazione di cinghiali del Molise è in salute, o comunque non è parassitata da trichinella. Il caso positivo all’esame trichinoscopico dei giorni scorsi, di un cinghiale prelevato in agro di Bagnoli del Trigno, è statisticamente irrilevante, ma comunque è un dato da tenere in considerazione. Dal 2013 al 2018 sono stati poco meno di 27mila gli accertamenti svolti nei laboratori dell’Istituto zooprofilattico di Isernia su campioni di fauna selvatica, non solo cinghiali. I risultati confermano incontrovertibilmente che la popolazione di cinghiali in Molise è in buona salute: sono appena dieci, infatti i casi positivi, che in percentuale rappresentano un irrisorio 0,04 per cento. Percentuale di positività alla trichinella che invece sale, e di molto, nei carnivori: nel lupo è di circa il 30 per cento e nella volpe quasi del 7 per cento. Stesso discorso per i mustelidi, faina e tasso, mentre non si hanno dati sulle specie “spazzino” come la cornacchia grigia, la taccola, la gazza o la ghiandaia e neanche sui rapaci. In sintesi, la trichinella in Molise c’è, come era inevitabile che fosse, ma il cinghiale non è sicuramente il primo serbatoio biologico del parassita. Primato che spetta invece, anche se non ci sono riscontri scientifici diretti, ai ratti, ai roditori in genere. Dati incoraggianti, dunque, per il comparto venatorio molisano, ma che non devono assolutamente far abbassare la guardia, come più volte raccomandato ieri nel corso del convegno al quale ha preso parte, come relatore, anche il professor Pagnini dell’Università “Federico II” di Napoli. Proprio il docente universitario ha insistito sull’importanza del ruolo del cacciatore quale sentinella dell’ambiente e della fauna selvatica e come stretto collaboratore delle autorità sanitarie. La trichinella può essere trasmessa all’uomo, mediante il consumo di carni crude. Il problema si pone dunque esclusivamente per gli insaccati, ma basta fare l’esame trichinoscopico, che tra l’altro è obbligatorio e gratuito, per scongiurare spiacevoli trasmissioni all’uomo che posso avere anche esiti clinici gravi.La trichinella non è però l’unica zoonosi veicolata dalla fauna selvatica. Brucellosi, tubercolosi ed epatite E posso essere altrettanto trasmesse dagli animali all’uomo. In questi casi non ci sono protocolli sanitari che obbligano ad effettuare controlli, ma per evitare il contagio basta osservare le elementari norme igienico-sanitarie soprattutto nella fase della eviscerazione dei capi di selvaggina. Indossare sempre i guanti monouso ad esempio è un’utile pratica di prevenzione. L’Atc Isernia, rappresentato dal presidente Guerino Capaldi, ha messo a disposizione anche dei fondi per formare i cacciatori al prelievo di campioni da utilizzare per la ricerca dell’epatite E, ma manca al momento probabilmente una volontà politica di fare prevenzione su questa forma di zoonosi.
Francesco Bottone
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