• In evidenza
  • Vocabolario delle aree interne, cento parole per l’uguaglianza dei territori e per i diritti di “paesanza”

    Utile, nuovo e critico. Sono i tre aggettivi utilizzati da Rossano Pazzagli, docente dell’Università del Molise e direttore della “Scuola dei piccoli Comuni“, per descrivere nell’immediato il “Vocabolario delle aree interne – 100 parole per l’uguaglianza dei territori“. Il volume fresco di stampa, per i tipi di “Radici Edizioni“, è stato presentato in anteprima nazionale, nei giorni scorsi, a Castiglione Messer Marino, proprio a margine dei lavori della “Scuola dei piccoli Comuni”.

    Oltre al professor Pazzagli, che tra l’altro ha steso la prefazione del volume, e alla sindaca Silvana Di Palma, anche il curatore dell’opera, Nicholas Tomeo, ricercatore dell’UniMol, che ha coordinato il lavoro di circa sessanta di studiosi sparsi in varie regioni d’Italia, in qualche misura esperti di questioni che attengono alle cosiddette aree interne. Tra i cento lemmi presenti nel vocabolario, anche un capitolo dedicato alle “Migrazioni interne“, curato dalla dottoranda dell’Unimol e geografa agnonese Giada Mastrostefano.

    Il tema centrale che viene analizzato attraverso le cento parole per l’uguaglianza dei territori è quello della «questione territoriale italiana», come ha spiegato lo stesso Pazzagli. «Le tante disparità territoriali della Penisola si trasformano in disuguaglianze nell’accesso ai diritti e alle opportunità: salute, trasporti, istruzione. – ha aggiunto il docente universitario – Mentre il Paese si sviluppava, una vasta parte di esso ha perso servizi. Quasi un paradosso. Oggi c’è la necessità di ri-generazione di queste aree interne, una necessità di riequilibrio che si pone in maniera ancor più forte perché è entrato in crisi il modello rappresentato dalle città. Ecco, queste cento parole per l’uguaglianza dei territori stanno in mezzo tra il declino e la rigenerazione. E’ un libro che guarda avanti, passando dall’analisi di ciò che si osserva. Si parte dalle parole, per arrivare poi alle pratiche. Uno degli obiettivi del vocabolario è sicuramente quello di de-costruire le narrazioni consuete sulle aree interne, il piccolo è bello o la visione da borgo del fine settimana. Lo spopolamento non è ineluttabile, – ha aggiunto Pazzagli – dipende da quello che facciamo».

    C’è modo di intervenire, dunque, arrestando se non addirittura innescando un’inversione del fenomeno dello spopolamento. Questo ha sottolineato più volte Rossano Pazzagli. «Queste parole servono a costruire una visione, che si trasformi poi in pratiche. – ha aggiunto – E’ una bussola per navigare tra i monti e i paesi d’Italia. E questa bussola serve per cambiare modello: capire il declino, le sue concause, per progettare la rinascita».

    E ha riesumato uno slogan ad effetto del ’68 francese, il professor Pazzagli, che suona così: «Parole, non fatti!», proprio a sottolineare l’importanza concettuale delle parole. «Perché dire le cose, usando le parole appunto, significa un po’ farle succedere». L’obiettivo ultimo di questo vocabolario delle aree interne è comunque quello di «produrre uguaglianza» tra i territori appunto, a prescindere che si stia parlando di Castelverrino, di Termoli, di Pescara o di Milano. L’uguaglianza dei cittadini, quella che è scritta anche nella costituzione, indipendentemente da dove si viva, in montagna o in pianura, nei paesi o nelle metropoli, in Alto Molise o sulla costa adriatica.

    «Questo libro nasce qui, nelle aree interne dell’Italia, scritto da studiosi, docenti o dottorandi delle università, ma anche da sindaci, giornalisti, attivisti che lavorano, studiano, sono attivi o addirittura vivono nelle aree interne. – ha spiegato il curatore dell’opera, Nicholas Tomeo, tra i fondatori della “Scuola dei piccoli Comuni” – E’ un libro ragionato, critico e scientifico, ma non troppo accademico, perché piuttosto divulgativo. L’idea è stata quella di ripartire dalle parole che definiscono in qualche modo le aree interne, quelle che la Snai identifica come località lontane dai servizi essenziali: sanità, istruzione, mobilità. Abbiamo cercato di dare delle letture critiche alle varie questioni, che vadano anche oltre l’antiretorica, cercando di fornire gli strumenti per delineare una visione che sia alla base della rigenerazione. Ai diritti di cittadinanza, di cui gode chi vive in città, rispondiamo rivendicando i diritti di paesanza, per coloro che vivono nei paesi. Perché se i diritti non sono garantiti ovunque e a prescindere, allora diventano privilegi e alimentano disuguaglianze».

    «La sensibilità dei ricercatori ha sempre vissuto come problematica la caratteristica dell’internità. – scrive nella postfazione Marco Giovagnoli, sociologo presso l’università di Camerino – Interno rispetto a chi, a che cosa?» chiede il professore, il quale poi cita altri aggettivi usati quasi come sinonimi delle aree interne: fragili, marginali, in ritardo di sviluppo, depressi. «Quella minorità riconosciuta dalla Snai chiama ad uno scatto di orgoglio territoriale» scrive Marco Giovagnoli. «Criticità profonde», certo, anche qui in Alto Molise e Vastese, ma anche «segnali resistenziali e di rilancio», Castel del Giudice docet, «le prime e i secondi coesistono al di là del catastrofismo da un lato e della retorica dei borghi più belli dell’altro».

    Francesco Bottone

    Sostieni la stampa libera, anche con 1 euro.

    Lascia un commento