Si discuterà al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, verosimilmente il prossimo 14 dicembre, la fase cautelare d’urgenza di un nutrito gruppo di ricorsi presentati da alcuni Comuni italiani avverso le esclusioni disposte dall’Ufficio Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri nell’ambito del bando “Sport&Periferie”. Tra i ricorrenti anche Torrebruna, Guilmi, Tufillo, Palmoli, Roccaspinalveti, Lentella, Liscia, Furci.
Tutti i Comuni ricorrenti, tra i quali molti del Vastese, uniti in quella che è una sorta di class-action di diritto amministrativo con pochi precedenti in Italia (curata dallo studio legale del prof. avv. Andrea Filippini), lamentano l’illegittimità dell’esclusione della propria proposta di finanziamento dall’accesso ai fondi ministeriali. La motivazione per tutti addotta dall’Ufficio Sport risiede nella asserita mancanza di un verbale – quello di verifica e validazione – che rappresenta il momento conclusivo della progettazione di un intervento di lavori pubblici.
«La circostanza alla base della disposta esclusione, e cioè la mancanza del predetto verbale, semplicemente non corrisponde al vero: il verbale, per ognuno degli interventi, c’è, eccome. Ed ecco perché, essendo palesemente sbagliata la motivazione dell’esclusione, si può guardare non senza fiducia all’udienza cautelare del prossimo 14 dicembre. – si legge in una nota stampa dei Comuni interessati – Possibile, allora, che l’Ufficio Sport della Presidenza del Consiglio non si sia accorto, e per giunta in così tanti casi (ben 13 i Comuni ricorrenti, da Abruzzo, Marche e Molise), che il verbale in realtà c’era ed era stato diligentemente prodotto dai Comuni ricorrenti?
La questione, che certamente meriterà un approfondimento di merito da parte del TAR laziale, è in realtà ben più complessa: si tratta di capire se quel verbale, che in effetti c’è, è da considerarsi valido allorquando sia stato firmato dal medesimo Responsabile dell’Ufficio Tecnico comunale che ha curato la progettazione. Tale possibilità è pacificamente ammessa dal “vecchio” Regolamento dei lavori pubblici, mentre potrebbe non essere così certa nell’ambito del “nuovo” Codice degli appalti licenziato nel 2016. Il problema – come spesso accade – si presenta come giuridico, ma ha ricadute politico-amministrative ben più evidenti.
Se il TAR, in sede di merito, dovesse ritenere che il divieto di affidare la verifica e la validazione a chi ha svolto la progettazione ha carattere assoluto e non derogabile nemmeno per interventi, come quelli a bando, sotto il milione di euro, ciò significherebbe di fatto condannare i piccoli Comuni – sprovvisti di risorse e di ulteriore personale (spesso gli Uffici Tecnici sono costituiti dal solo Responsabile) – ad essere sistematicamente esclusi da questo tipo di bandi, a meno di non affidare all’esterno la progettazione, ovvero la verifica e validazione, con costi non sopportabili da bilanci comunali spesso già al lumicino e specie, in ogni caso, nell’incertezza assoluta che i soldi spesi possano eventualmente rientrare.
Ecco, allora, la vera posta in gioco in questi importanti giudizi amministrativi: la parità di chances nell’accesso al finanziamento anche per i piccoli Comuni che, se costretti a dover pagare progettisti o incaricati di verifiche esterni prima ancora di poter solo presentare la propria domanda di accesso a finanziamento, sarebbero – ancora una volta, e come troppo spesso accade – penalizzati già in partenza».