“Italia Minore“, è questo il titolo scelto dal mensile “Jesus“, nota rivista di cultura e attualità religiosa edita da Periodici San Paolo, che approda in edicola in questi giorni di gennaio, per l’inchiesta di Igor Traboni sulle aree interne. Zone «in bilico tra l’amore per la propria terra e la fatica di restare per la carenza di lavoro, scuola, sanità e trasporti», si legge nell’occhiello. E una delle aree interne di questa Italia minore è proprio l’Alto Molise, forse emblema della rarefazione dei servizi basilari che ha alimentato lo spopolamento. Infatti a pagina 33 del mensile l’attenzione dell’inchiesta si focalizza proprio sui territori di confine tra Abruzzo e Molise, quelli ricadenti sotto l’egida dell’antichissima diocesi di Trivento, le «terre alte» come ama definirle il senatore Luciano D’Alfonso, che orbitano attorno alla “capitale” Agnone.
Il giornalista di Jesus ha incontrato, ovviamente, don Alberto Conti, direttore della Caritas diocesana di Trivento, esempio vivente di caparbietà, «coccia tosta» si direbbe nella sua Capracotta, e di lotta concreta, non solo a chiacchiere, contro la povertà e lo spopolamento. «È addirittura dal 1992 che denunciamo lo spopolamento del territorio, – spiega don Alberto – però denunciare è semplice, ma poi bisogna anche fare proposte concrete. Noi ogni 3 anni conduciamo un’indagine per vedere se è successo qualcosa e ci accorgiamo che non è accaduto nulla, anzi la situazione è sempre più grave, mentre la politica è cieca e sorda e non riesce a capire che, abbandonando le zone interne, è a rischio anche la salvaguardia ambientale, con il territorio che va in rovina tra frane, disastri e paesi isolati». Certe problematiche, sottolinea don Alberto, vanno di pari passo con l’aumento della povertà: «Prima distribuivamo sì e no venti pacchi alimentari. Adesso siamo ad oltre duecento, compresi tanti giovani».
Giovani che intanto vanno via «e allora io posso anche creare dei posti di lavoro», rimarca il sacerdote, «ma poi questi lavori chi li fa se non c’è più nessuno? E quelli che restano hanno una paura: soprattutto e prima di tutto, la solitudine, perché i nostri paesi non sono più quelli dove si viveva la solidarietà, che oggi è occasionale, come in occasione di un lutto, poi ognuno si rinchiude in casa». E la Caritas di occasioni di lavoro ne ha create diverse nel corso degli anni. A Castelguidone, ad esempio, è pronto, davvero chiavi in mano, un ristorante attrezzato con delle casette in legno per l’accoglienza. La struttura è già in grado di essere operativa, con tanto di cucina perfettamente funzionante, tutto a norma. La Caritas, da anni ormai, non riesce a trovare un gestore, una famiglia che voglia gestire quelle strutture per fare turismo lento, turismo religioso, turismo rurale. Accanto al ristorante, inoltre, c’è attivo un apiario solidale, sempre della Caritas. Il progetto formativo, teorico-pratico, per aspiranti apicoltori sta ripartendo, per il terzo anno consecutivo, ma anche in questo campo è difficile trovare iscritti. Perché forse si ritiene più conveniente un lavoro in fabbrica, alla Sevel tanto per dire, che sporcarsi le mani e prendere punture facendo l’apicoltore sul proprio territorio, mettendosi in gioco facendo autoimprenditorialità. Si fa l’operaio pendolare per qualche anno, poi ci si trasferisce con la famiglia e si chiude un’altra porta, alimentando lo spopolamento e l’impoverimento del proprio territorio.
Tornando all’inchiesta di Jesus, il giornalista chiede infatti cosa fa o abbia fatto la chiesa triventina rispetto al problema spopolamento. La risposta è affidata sempre a don Alberto Conti. «La Chiesa fa quello che può – annota il sacerdote, che non può diventare vescovo perché non ha tempo da sottrarre ai poveri – ma di sicuro deve prestare più attenzione alle zone interne. In tanti paesi dove non c’è più il farmacista, o il medico o il maresciallo dei Carabinieri e anche il sindaco spesso è part-time, la presenza del parroco diventa indispensabile. Come Chiesa dobbiamo essere delle sentinelle e anche stimolare il mondo della politica. Se anche la Chiesa fa il discorso dei numeri, allora non ci siamo. Capisco che la vita dei parroci così da soli non è facile, però la nostra è anche una difesa della vita, dal concepimento alla fine, e dunque anche nel corso della vita stessa. Contro lo spopolamento non possiamo fare altro, non abbiamo forze neanche economiche, ma sentinelle sì, possiamo esserlo».
«A Castelguidone, nella provincia di Chieti di quell’Abruzzo che si incunea nel Molise, – commenta il giornalista – i 350 abitanti rimasti non hanno neanche questo taxi per le decine di chilometri da compiere ogni qualvolta hanno bisogno del dottore, anche per una semplice ricetta: il medico condotto, infatti, non c’è più e allora bisogna sobbarcarsi fino a tre ore, tra viaggio e attesa nella sala di un dottore, in un altro paese».
Francesco Bottone