Vita da pendolare per amore del paese natio. E’ la storia di centinaia di giovani metalmeccanici che quotidianamente lasciano l’alto Molise per recarsi sul lavoro nelle aziende della Val di Sangro. Un viaggio non facile visto il tragitto tortuoso e turni spesso massacranti. Lontano il periodo in cui “la classe operaia andava in paradiso” raccontata nella celeberrima pellicola di Elio Petri con un magistrale Gian Maria Volonté, ma le difficoltà sicuramente resistono.
A raccontarle a l’Eco online, Germano Masciotra, decano delle tute blu agnonesi che da 29 anni si reca nel più grande stabilimento produttivo nella piana di Atessa: la Sevel. Classe ’70, sposato con due figlie, perito elettrotecnico, Masciotra è il primo operaio di Agnone assunto (1 giugno 1994) dall’azienda che produce furgoni dagli anni ’80, quando, sotto la spinta del ministro Remo Gasperi, la fabbrica atterrò in Abruzzo.
“Pensavo si rilevasse un impiego ‘ponte’, è diventata l’occupazione definitiva”, sottolinea Masciotra che descrive la giornata tipo del turno mattutino. “Sveglia alle 3,30, il tempo per un caffè, poi alle 4,20 il pullman in piazza Unità d’Italia”. Prima del 2005, anno in cui fu istituita la corsa pubblica su gomme, si viaggiava su auto private con tutti i rischi a cui si andava incontro – dopo il lavoro – durante il tragitto, senza calcolare l’usura del veicolo e i costi per il carburante.
“Adesso con un abbonamento mensile di 56 euro, si ha la possibilità di riposare sul mezzo che ci trasporta in Val di Sangro” rimarca la tuta blu. L’arrivo in Sevel, oggi Fca Italy, previsto alle 6,20, cambio d’abito veloce, altro caffè e via con la produzione. Otto ore intense ripetendo meccanicamente sempre le stesse operazioni intervallate dalla pausa mensa. Fine turno alle 13,45, di nuovo cambio veloce e via sul pullman per far rientro alle 15,20 sui monti orfani di occupazione. Dal lunedì al venerdì la litania è sempre la stessa: mattina, pomeriggio o notte. Sul pullman poca voglia di parlare, la stanchezza si fa sentire e si intensifica a causa del viaggio. E qui veniamo al punto. Circa tre ore tra andata e ritorno, che sommate alle otto sulla catena di montaggio, fanno undici in totale.
“Il viaggio è uno stress pazzesco soprattutto per un tragitto da anteguerra” afferma Masciotra che in passato è stato amministratore del Comune di Agnone. Un sali e scendi con tornanti da gran premio della montagna, che da Agnone conducono a Villa Santa Maria prima di imboccare la fondovalle Sangro a scorrimento veloce. In inverno il tratto di strada più volte risulta impercorribile complice neve e formazione ghiaccio. Non solo, perché capita anche di fare i conti con guasti ai pullman che allungano il rientro o l’arrivo sul posto di lavoro con tutte le conseguenze che il caso comporta.
La viabilità andrebbe migliorata, il parco mezzi sostituito, ma appelli, petizioni e denunce dei pendolari vengono puntualmente disattese da parte delle istituzioni. Il sogno ‘proibito’ resta la realizzazione del terzo lotto della fondovalle Verrino che consentirebbe l’accesso veloce sulla SS 652, ma oggi i 4,5 milioni del Cis per la progettazione non vengono ancora assegnati.
“Chi ce lo fa fare? E’ vero – replica Masciotra – la cosa migliore sarebbe stata trasferirsi, ma l’amore che nutro, o meglio nutriamo, verso la nostra terra è così viscerale che ci fa dimenticare tutte le avversità quotidiane. A costo di fatica e sacrifici” conclude. Oggi sono circa 150 i pendolari che dai centri dell’alto Molise si recano abitualmente nella Val di Sangro e non abbandonato definitivamente il territorio. Il tutto al netto di 1300-1400 euro mensili. E’ allora è proprio vero: la classe operaia va (ancora) in paradiso. Aveva ragione il regista Petri….