«Una ricostruzione distorta e faziosa degli accadimenti» che portarono alla chiusura al traffico, nell’anno 2018, del viadotto Sente. La presa di posizione arriva dall’ex presidente della Provincia di Isernia, Lorenzo Coia, sotto il cui “comando” venne firmato l’atto di chiusura al traffico del viadotto tra Castiglione Messer Marino e Belmonte del Sannio.
Nella stizzita replica al nostro recente articolo, l’ex numero uno di Via Berta dichiara che «corre l’obbligo ancora di intervenire e far chiarezza al fine di smentire le menzogne di soggetti poco informati, in mala fede e sempre in cerca di visibilità». Probabile il riferimento al comitato civico guidato da Giorgio Iacapraro.
«Prima di tutto è opportuno osservare che se oggi, nel 2023, a cinque anni dalla chiusura del viadotto e a quattro anni dalla fine del mandato del sottoscritto, con un nuovo Presidente di Provincia, con nuovi “assessori illuminati”, e con un nuovo dirigente dell’ufficio tecnico (Ingegnere) e con l’opera ormai nelle mani di Anas, il viadotto è ancora chiuso, forse l’ipotesi che l’opera fosse effettivamente a rischio crollo non era poi così infondata. – sottolinea Coia mettendo i puntini sulle “i” – Il viadotto venne chiuso nel settembre 2018 e non a seguito del crollo del Morandi, bensì a seguito di alcune scosse di terremoto che colpirono il Molise, all’esito delle quali la Prefettura di Isernia invitò l’ente provincia a fare le verifiche sui viadotti, chiedendo a tal fine ad Anas di mettere a disposizione dell’ente di Via Berta uno specifico strumento in suo possesso, denominato BY BRIDGE, in grado di consentire di fare agevolmente ispezioni sotto gli impalcati dei viadotti».
«In tale occasione la Provincia di Isernia intese, a giusta ragione, di avvalersi di un Ingegnere strutturista in possesso di tutte le competenze del caso, necessariamente individuato all’esterno non essendo l’Ente in possesso di tali professionalità. – va avanti l’ex presidente Coia – Fu solo allora, la prima volta in cui i tecnici della provincia si recarono sotto gli impalcati, che fu possibile accertare la situazione esistente ed il grosso rischio cui era esposta l’utenza del viadotto, l’appoggio dell’impalcato sul pulvino (la sommità del pilone) della pila tre era infatti molto ridotto e sarebbe stata sufficiente una sollecitazione anche minima per causarne il crollo, tale anomalia era stata generata dalla rotazione della pila tre ed era ben nota all’Anas che nel 2002 aveva ceduto l’opera alla Provincia, sottacendone i difetti e le anomalie, tanto si è capito, in sede di ispezione solo nel 2018, dalla presenza di parapetti e botole richiuse in cemento, presenti solo sopra la pila tre e non sulle altre. A quel punto, la certezza del rischio impose all’ente Provincia di prendere immediati provvedimenti per salvaguardare la pubblica e privata incolumità, cosa che dovrebbe fare ogni amministratore minimamente avveduto».
«Successivamente, sulla scorta di una stima di massima per mettere in sicurezza il solo pilone tre il Governo stanziò circa 2 milioni di euro ed impose di far eseguire le opere ad Anas mediante una convenzione e di sottoporre il progetto al Provveditorato alle Opere Pubbliche della Campania, competente per territorio anche per il Molise ed è qui che iniziarono i problemi. Il citato Provveditorato, dopo aver esaminato il progetto, statuì che la messa in sicurezza della pila tre non sarebbe stata sufficiente e che per riaprire il viadotto al traffico sarebbe stato necessario, sempre secondo i tecnici del Provveditorato, mettere in sicurezza tutte le pile, non solo la tre, ovviamente con una lievitazione di costi di oltre dieci volte, tali ulteriori fondi ovviamente non sono mai stati stanziati».
«Nelle more delle analisi da parte del Provveditorato alle OOPP, diversamente da quanto falsamente affermato nell’articolo, veniva sottoscritta la convenzione Provincia di Isernia / Anas, sulla base della quale venivano erogati, proprio ad Anas, circa un milione e seicentomila euro dei due milioni stanziati dal governo, utilizzati per eseguire studi sull’intero viadotto. – insiste Coia – Da tali studi è emerso che la pila centrale del viadotto rappresenta un rischio ben più grave di quello rappresentato dalla pila tre in quanto presenta una resistenza inferiore di quella minima. Sarebbe emerso inoltre che ulteriori problematiche del viadotto sono frutto di errori in fase di realizzazione, sempre sottaciuti, anche alla Provincia di Isernia. All’esito di tali analisi, i funzionari Anas hanno anche elogiato l’operato dell’amministrazione provinciale e dell’ufficio tecnico che nel 2018 ordinò la chiusura al traffico del viadotto».
«Le differenze rispetto alla ricostruzione del viadotto di Genova, oltre alle problematiche appena sinteticamente esposte, risiedono anche nel fatto che a Genova venne immediatamente nominato un commissario con pieni poteri e con corsie preferenziali per superare velocemente ogni singolo ostacolo burocratico e non, per il viadotto molisano invece gli ostacoli invece di essere rimossi vennero frapposti e, a pesarci bene – con il senno di poi – forse nemmeno tanto casualmente, a Genova c’era di mezzo l’immagine del Governo, di Isernia invece, perlopiù sconosciuta anche agli stessi parlamentari molisani eletti in Molise, non interessava a nessuno, ma tant’è» argomenta Coia.
«Ultima considerazione, gli urlatori urlano, sempre e comunque, non si sa bene per quali ragioni, forse solo per bramosia di visibilità, ad Isernia criticano l’operato dell’amministrazione che ha messo in sicurezza la popolazione chiudendo un’opera pericolante che solo grazie a fortunate circostanze è ancora in piedi, a Genova, quelle stesse voci, criticano l’operato dell’amministrazione perché sapeva e non ha fatto nulla per evitare la tragedia e la morte di 43 persone. – chiude polemicamente Coia – Cosa avrebbero detto della Provincia di Isernia se il viadotto fosse crollato causando la morte degli utenti dello stesso? Purtroppo come dicevano gli antichi “le chiacchiere sono arte facile” a buon intenditor poche parole».