Una pagina di storia quasi cancellata di cui restano frammenti di memoria non scritta, ma tramandata grazie a testimonianze verbali di chi quel periodo lo visse in maniera diretta. Personaggi ormai scomparsi che tuttavia hanno assicurato la ricostruzione di fatti avvenuti durante la Seconda guerra mondiale, quando a cavallo tra Molise e Abruzzo, sulla famigerata linea Gustav, i tedeschi in ritarata fecero terra bruciata di ciò che trovavano per non concedere vantaggi alle truppe alleate. In questa ottica nel novembre del 1943, i soldati del Fuhrer decisero di far saltare la linea ferroviaria che collegava Agnone a Pescolanciano, opera ingegneristica strategica che permetteva il trasporto di merci e persone da un polo ad un altro. A 80 anni da quell’episodio, tramite l’appassionato di storia locale, Mauro Salzano e il blog altosannio.it, l’Eco online ha inteso riportare a galla una vicenda che in pochi, probabilmente, conoscono.
“Ad oggi malgrado le tante ricerche portate avanti negli archivi dell’epoca – afferma Salzano – posso asserire che di quella pagina, la quale vide la distruzione della più grande opera realizzata dagli agnonesi ad inizio del ‘900, esiste ben poco. Dalle mie fonti sono riuscito comunque ad appurare che nel novembre del ’43, i tedeschi con il genio guastatori fecero di tutto per rallentare l’avanzata delle truppe alleate, in particolare dell’Ottava armata britannica e della Quinta americana. L’ondata di saccheggi e distruzione interesserò soprattutto la ferrovia ‘Agnone-Pescolanciano’ minata su ogni palo della linea elettrica. Così dopo aver annientato motrici, carrozze e la stazione di Agnone, i tedeschi concentrarono le loro attenzioni sulla stazione termica in località Pietra del Melo”.
L’ultimo viaggio della Colomba Bianca, come fu ribattezzata la carrozza-motrice che percorreva la tratta – scrive sul blog altosannio.it il compianto professor Domenico Di Nucci –, venne effettuato il 13 novembre del 1943. Dopodiché proprio in quei giorni fu fatta saltare in aria. Si salvò parte della centrale termica per un episodio che sia Salzano che Di Nucci descrivono analogamente: “Un ufficiale tedesco impietosito davanti il gestore della struttura, Franco Di Ciocco, in un italiano stentato gli indicò la finestra sul retro che avrebbe lasciato aperta ma anche la miccia da tranciare non appena la colonna si sarebbe allontanata. Così, nascosto tra i pini, Di Ciocco, non appena vide i tedeschi andare via, scavalcò letteralmente la finestra e tagliò la miccia. Un gesto che salvò parzialmente l’immobile, ma non la sala macchine dov’erano la turbina a vapore e gli accumulatori. Le mine fatte brillare su ogni palo della linea fecero il resto. Fu così che la Colomba Bianca dipinta di verde, non fischiò più: la furia nazista aveva cancellato un sogno lungo 75 chilometri di binari”. (foto concesse da Mauro Salzano)