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  • Sylvaticus: il valore ecologico e gastronomico della selvaggina, la chef stellata Di Pasquo propone un menù a base di wild food

    C’è una enorme ricchezza, in Alto Molise, che non viene affatto sfruttata e valorizzata per creare ricchezza, posti di lavoro e anche attrazione turistica. Si tratta della selvaggina. I boschi di abeti soprani del circondario sono la “casa” di cervi, caprioli, cinghiali, lepri e altri animali selvatici. Al di là di come la pensi sull’attività venatoria, si tratta di un “giacimento” di cibo di altissima qualità, che tra l’altro si auto-produce senza alcuna necessità di essere allevato.

    La selvaggina è incontrovertibilmente una scelta infinitamente più etica e salubre della carne di allevamenti intensivi, per diversi motivi, tra i quali i più evidenti sono: non subisce trattamenti farmacologici a differenza del bestiame allevato, garantisce una riduzione della produzione di CO2 e del consumo di terreno e di acqua, inoltre limita l’impatto ambientale dovuto alle produzioni zootecniche. La selvaggina cacciata proviene da animali nati e vissuti in libertà, senza alimentazione forzata e senza antibiotici preventivi. C’è anche l’aspetto salutistico da tenere in debita considerazione: la carne di selvaggina cacciata presenta meno grassi rispetto ad altre carni e ha un alto contenuto di acidi grassi Omega-3 dalle note proprietà antinfiammatorie, oltre ad essere una buona fonte di proteine e sali minerali come ferro e zinco.

    Dopo un’intera vita vissuta libera nell’ambiente naturale, gli animali vengono prelevati con la massima professionalità, attraverso un’attività venatoria corretta e rispettosa, da cacciatori formati, garanzia del benessere animale e dell’ambiente. In questo modo le carni di selvaggina offrono caratteristiche organolettiche migliori e ottimo sapore, non risentendo dei fattori di stress tipici degli animali cresciuti in allevamenti intensivi e macellati in catena. Gli animali vengono prelevati sulla base del numero degli esemplari stimati di ogni specie in accordo con i piani di abbattimento stabiliti dalle Regioni.

    Negli ultimi anni in Italia si è riscontrato un incremento nei consumi di carne di selvaggina. La crescita esponenziale degli ungulati selvatici ha reso infatti necessario lo sviluppo di strategie di gestione delle popolazioni. Gestendole, in base a piani di prelievo scientifici, si rendono disponibili enormi quantità di carni prelibate e super-biologiche.

    Finalmente in Alto Molise ci si è accorti di questa enorme opportunità. Infatti l’associazione universitaria degli Studenti Forestali del Molise (AUSF Molise), in collaborazione con il Comune di Agnone e il ristorante stellato “Locanda Mammì“, presenta “Sylvaticus“, un’iniziativa che mira a promuove la «valorizzazione ecologica degli animali selvatici e l’utilizzo sostenibile delle loro carni» in cucina. «Il nostro obiettivo è quello di porre le basi per creare una filiera responsabile che rispetti l’ambiente, generi valore per le comunità locali e contribuisca alla conservazione del territorio e delle tradizioni culturali» spiegano gli organizzatori dell’associazione degli studenti forestali molisani. “Sylvaticus” si pone quindi come un «modello innovativo per integrare conservazione della biodiversità e sviluppo sostenibile».

    A tal proposito il 31 gennaio, alle ore 9 presso, la sala consiliare di Agnone, si terrà il seminario sul tema e saranno previsti la visita al museo della fauna selvatica ed un pranzo a base di carne di animali selvatici presso “Locanda Mammì”, ristorante recentemente premiato con una stella Michelin. E il fatto che una chef stellata come Stefania Di Pasquo decida di puntare sulla selvaggina cacciata è un segnale assolutamente positivo. Il pranzo che seguirà il convegno prevede: tartare di cervo e maionese agli agrumi; ravioli di lepre con fondo vegetale e cicoria; brasato di cinghiale alla tintilia e purè di patate; tortino mais e fava tonka. «Sylvaticus è il modello innovativo che integra biodiversità e sviluppo sostenibile» chiudono dall’associazione universitaria degli Studenti Forestali del Molise.

    a cura di Francesco Bottone

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